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3 Dicembre 2006 I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)

Luca 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. 28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. 34 State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35 come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo".

1) Vi saranno segni nel Sole, nella luna e nelle stelle: per i cristiani tutti questi segni vanno visti nella speranza, perché hanno come prospettiva la venuta di Cristo.

2) Gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra: gli uomini muoiono di paura davanti ai segni della "fine", ma i discepoli del Signore, pur partecipando al travaglio della storia, non sono dominati dalla paura della "fine", in quanto attendono la venuta del Signore e la sua salvezza. Paolo dice: Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme..., anche noi gemiamo aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati ( Rm 8,22).

3) Quando cominceranno ad accadere queste cose alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Con la prima venuta del Signore la Sua salvezza è già operante nella storia, per cui il tempo dell’attesa si è come accorciato, assumendo una nuova qualità, come dice anche la Lettera agli Ebrei (10,37): Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. Nei versetti dal 29 al 31 del nostro testo del vangelo (non compresi nella lettura della Messa domenicale), si ripetono i verbi preziosi del "guardare" e del "vedere": Gesù ci invita a volgere lo sguardo non solo ai segni più "grandi", quali sono il sole, la luna e le stelle o l’umanità intera, ma anche ai segni più piccoli come i germogli del fico, che possono qui rappresentare la vicenda apparentemente "minore" di ogni uomo. I Cristiani devono vedere bene nella storia, per cogliere Gesù anche nelle cose più piccole.

4) State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita: davanti ai segni della fine si può reagire con una vita dissipata, che tenta di dimenticare. Subito dopo Gesù infatti dice: Vegliate e pregate in ogni momento.

5) Vegliate e pregate in ogni momento perché abbiate la forza (vulgata: siate ritenuti degni) di sfuggire a tutto ciò che deve accadere.Il verbo vegliare indica un atteggiamento di continua attenzione ed è accompagnato dall'invito ad una preghiera incessante, che indica il modo con cui il discepolo del Signore può custodirsi in questa veglia.

6) e di comparire davanti al figlio dell'uomo: il verbo qui tradotto come "comparire" significa più esattamente stare fermi, resistere, davanti al Signore che viene. È Gesù che, col suo esempio e la sua grazia, dona ai cristiani un atteggiamento forte e sereno, per cui i cristiani, grazie alla vigilanza, alla preghiera ed alla speranza, possono far vedere agli uomini qualcosa del mistero del Signore. Anche l'Apostolo Pietro nella sua prima lettera dice: Adorate il Signore Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1 Pt 3,15). 

Geremia 33,14-16

14 Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda. 15 In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. 16 In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: "Signore- nostra- giustizia".

1) Realizzerò le promesse di bene che ho fatto (lett. farò sorgere la parola buona che ho detto) alla casa di Israele e alla casa di Giuda: Questo testo (assente per intero nella versione greca dei LXX), si ricollega ai capitoli 30 e 31 del libro di Geremia, che costituiscono quello che è chiamato il "libro della consolazione", in cui il profeta Geremia annuncia ad Israele la salvezza all’interno di una situazione storica drammatica. Infatti nel capitolo 33 (come nel capitolo 32) si parla dell’assedio di Gerusalemme, mentre Geremia, perseguitato, è rinchiuso nell’atrio della prigione. La parola buona, che Dio fa sorgere, si compie nella sua pienezza quando Dio farà sorgere il Suo Messia ed è rivolta sia ad Israele che a Giuda: è dunque parola di riconciliazione e di pace che supera le divisioni in seno al popolo.

2) Farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia: qui ritorna nel libro di Geremia la profezia (già espressa nei capitoli precedenti) del germoglio giusto, che Dio promette di suscitare a Davide (cfr. Ger. 23,5-6). Il termine "germoglio", come nome proprio per designare il Messia, viene usato anche in altri "luoghi" della Bibbia: ecco un uomo che si chiama Germoglio: spunterà da sé e ricostruirà il tempio del Signore (Zc 6,12).

3) Egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra: il diritto e la giustizia sono doni di Dio: Dio dà al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia (Sal 72,1). Questi doni devono concretizzarsi nella difesa dei deboli e dei miseri; solo così è possibile conoscere Dio: forse che tuo padre non mangiava e non beveva? Ma Egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene. Egli tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene; questo non significa infatti conoscermi? (cfr. Ger 22,15-16).

4) In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla (Nel testo ebraico abiterà): la venuta del Germoglio è l’inizio di una storia nuova di salvezza e di pace per Israele.

5) Così sarà chiamata: Signore nostra giustizia. In Geremia (23,6) "Signore nostra giustizia" è il nome del Germoglio, qui invece tale appellativo indica il nome nuovo che viene dato a Gerusalemme: non solo il Signore stesso consegna alla città un nome nuovo (ti si chiamerà con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Cfr. Is 62,2) ma le dà un nome che contiene il Suo stesso nome, segno di una appartenenza a Lui ormai totale.

1 Tessalonicesi 3,12-4,2

12 Fratelli, il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi, 13 per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. 41 Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. 2 Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

1) Il Signore vi faccia crescere... nell’amore vicendevole e verso tutti: è il Signore Gesù che ci dona la forza di amarci a vicenda come fratelli nella Chiesa e di amare tutti, poiché l’amore viene da Dio e non trae origine dalle energie dell’uomo. Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio (1Gv. 4, 7).

2) Come è il nostro amore verso di voi: i Tessalonicesi possono amare con lo stesso amore con cui sono stati amati da Dio, in quanto l’hanno conosciuto attraverso l’amore che l’apostolo ha manifestato verso di loro. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita (1Ts 2,8). Va’ e anche tu fa’ lo stesso.[Gesù comanda di fare come il buon samaritano] (Lc 10, 37).

3) Per rendere saldi… i vostri cuori al momento della venuta del Signore nostro Gesù: unicamentel’amore può rassicurare il nostro cuore davanti al Signore che viene: Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore (1 Gv 4,18).

4) Vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio (lett.. preghiamo voi… affinché come riceveste da noi come bisogna che voi camminiate…): non si tratta tanto di imparare un comportamento o adeguarsi ad una legge, sia pure per piacere al Signore, ma più radicalmente occorre camminare alla Sua sequela, avendo come modello l’apostolo, che per primo si è fatto discepolo. Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo (1Cor 11,1).

5) Cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più (lett. così anche camminate per abbondare di più): i cristiani sono chiamati non tanto a "distinguersi", quanto a vivere in pienezza e per grazia la comunione d’amore che il Signore ha loro donato. Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti (1Ts 3,12).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Nella Chiesa la celebrazione del Natale di Gesù, ovviamente antichissima e praticata in tutte le chiese di oriente e di occidente, solo lentamente si uniformò nelle date e nei riti e vide nascere un tempo specifico di preparazione (in occidente detto "adventus"), unito a pratiche di digiuno più o meno pesanti. Antichissime omelie ci mostrano che la spiritualità di questo "tempo di preparazione" ha individuato una "triplice venuta" di Gesù come oggetto dell’adorazione e riflessione dei fedeli: 1) la venuta di Gesù nella carne con la nascita da Maria, quale leggiamo nei vangeli, 2) la venuta del Signore nella nostra vita, con il battesimo e la fede che ci fa suoi discepoli, 3) il suo glorioso "ritorno" nell’ultimo giorno, del quale non sappiamo quando verrà ma per il quale dobbiamo vigilare ed essere pronti. La pluralità di forme e durate di questi riti (ancora oggi Milano in Italia ha sei domeniche d’Avvento e non quattro, come noi sull’esempio della Chiesa di Roma), dicono la varietà e libertà creativa delle nostre tradizioni, ma la solidità della interpretazione che ci viene proposta circa il contenuto del tempo di Avvento dovrebbe modellare i nostri pensieri e sentimenti con una crescita di consapevolezza e profondità benefiche in tantissime direzioni della nostra vita.

In primo luogo, consideriamo la nascita di Gesù, ebreo, a circa duemila anni da Abramo, compimento di una fede straordinaria di un popolo reso diverso da tutti gli altri in ragione di questa sua ricevuta rivelazione. È questa appartenenza che detta il nome di Cristo come complemento teologico e storico di quello di Gesù; questo ci spalanca un mondo tanto più grande e significativo di quello nel quale passiamo i decenni, con gli affetti, le opere, le relazioni della nostra piccola vita, familiare e sociale. Che però è l’unica che ci è dato passare su questa terra e quindi, pur piccola, povera e ben poco rilevante, conta moltissimo che sia come riempita dalla possibilità di pregare - come Gesù stesso ci ha insegnato - con "comandamenti" culturali, annunci e promesse che sempre sottovalutiamo: "sia santificato il tuo nome", "venga il tuo regno", "sia fatta la tua volontà". Contribuire alla santificazione del nome di Dio, vedere con fiducia e speranza l’arrivo del suo regno, e accettare la sua volontà ogni giorno di nostra vita, anzi cercare di farla con una obbedienza preveniente, è lo statuto della nostra vita di cristiani, reso possibile e reale dall’arrivo, o avvento, di quel bambino nato a Betlemme circa duemila anni fa, all’incirca distante da noi come lui lo era nel tempo rispetto al capostipite con cui questa fede misteriosa ebbe inizio. Nell’Avvento che oggi si inizia avremo modo di ascoltare e pregare, ricordare e sperare tante cose. Ma fermiamoci, come gli antichi omileti ci hanno mostrato utile e importante, su ciascuna delle tre venute, cominciando dalla prima, dedicando a ciascuna delle tre uno spazio di attenzione: non abbiamo allo scopo un "tempo" di Avvento? Nel mondo storico di Gesù, quello della sua prima venuta, il nome di Cristo non era una parola qualunque. Essa riassumeva ed esaltava una promessa, un patto, attuava una regalità, riscattava il popolo da una schiavitù, ne ristabiliva la libertà di dedicarsi ad obbedienze di indirizzi giusti e buoni di vita, all’onore di una preghiera ordinata e certa della presenza e amicizia di Dio stesso. I quattro quinti delle Sacre scritture che noi chiamiamo Bibbia, cioè la "biblioteca" che ora unisce i libri ebraici e vangeli e lettere dei cristiani, sono racconto e giustificazione di quel nome di Cristo ormai accompagnato a Gesù. Senza quel mondo di fede a lui preesistente, quel nome Cristo, che anche il più ignorante e distratto tra noi sa che completa e qualifica quello di Gesù, neppure potremmo sapere e capire che cosa esso significhi. La "vigilanza" di pensieri e di azioni, nell’uomo, si nutre di consapevolezze: il tempo di Avvento serva a nutrirle.

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