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14 Gennaio 2007 II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

nozze di cana manoscritto antico

Giovanni 2,1-12

1 In quel tempo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3 Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". 4 E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". 5 La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà". 6 Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. 7 E Gesù disse loro: "Riempite d’acqua le giare"; e le riempirono fino all’orlo. 8 Disse loro di nuovo: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". Ed essi gliene portarono. 9 E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo 10 e gli disse: "Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono". 11 Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12 Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono là solo pochi giorni.

1) In quel tempo vi fu uno sposalizio: il testo specifica: "nel terzo giorno", richiamando in questo modo il giorno della resurrezione e conferendo così alle nozze un valore escatologico: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello (Ap 19,9). Il matrimonio è immagine dell’unione tra Dio e il suo popolo alla fine dei tempi. Le nozze umane sono il segno più pieno della fedeltà di Dio, che ha scelto Israele per amarlo e custodirlo per sempre: Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore ,ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore (Os 2,21-22). Giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia (Ez 16, 8).

2) E c’era la madre di Gesù: all’interno del popolo amato, la presenza di Maria è fonte di benedizione e di grazia: l’umile serva del Signore prepara la via a Gesù con la sua fede. Essa è l’icona della materna mediazione della Chiesa, che vigila sulle necessità e sulle mancanze dei suoi figli per rivestirle di misericordia e presentarle a Gesù nella preghiera.

3) Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino": il venir meno del vino è fonte di afflizione e dell’inaridirsi della gioia: infatti il prodotto della vigna di Dio (cfr. Is 27,2-5) è ciò che rallegra il cuore dell’uomo (cfr. Sal 104,15); è preparato dalla Sapienza stessa (cfr. Pro 9,2) per essere segno della letizia dello Spirito e della dolcezza della vita divina donata dal Signore ai suoi figli.

4) E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? (lett. che cosa a te e a me, donna?) Non è ancora giunta la mia ora!": anche alla madre Gesù chiede la pienezza della fede e dell’abbandono alla volontà del Padre, che attraverso l’obbedienza ha preparato per il suo Figlio l’ora della glorificazione e della manifestazione della divina potenza (cfr. Gv 17,1). Solo la supplica rivolta con fede anticipa quell’ora, come avviene anche nell’episodio della guarigione della figlia della Cananea (Mt 15,24-28).

5) La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà" (lett. qualunque cosa vi dica, voi fatela). Maria chiede anche ai servi l’obbedienza fiduciosa, che supera ogni ragionamento e ogni evidenza (cfr. Eb 11,1-2).

6) Vi erano là sei giare di pietra…: l’acqua nelle sei giare riporta alla legge mosaica. Anch’essa dono di Dio, tuttavia deve essere portata a compimento e trasformata nel vino nuovo della carità, che opera per mezzo del Cristo: La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo (Gv 1,17). Termine della legge è Cristo (Rom 10,4).

7) Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea: quello di Cana è il primo dei segni attraverso i quali Gesù rende manifesta quella gloria che sarà pienamente rivelata nell’ora della croce e dell’effusione dello Spirito Santo. Lo Spirito è donato a quanti vivono con fede il mistero e si lasciano introdurre nella novità di vita, che è la comunione con il Padre celeste, offerta dal Signore a tutti gli invitati al divino banchetto.  

Isaia 62,1-5 1

Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, | per amore di Gerusalemme non mi darò pace, | finché non sorga come stella la sua giustizia | e la sua salvezza non risplenda come lampada. 2 Allora i popoli vedranno la tua giustizia, | tutti i re la tua gloria; | ti si chiamerà con un nome nuovo | che la bocca del Signore indicherà. | 3 Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, | un diadema regale nella palma del tuo Dio. | 4 Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, | né la tua terra sarà più detta Devastata, | ma tu sarai chiamata Mio compiacimento | e la tua terra, Sposata, | perché il Signore si compiacerà di te | e la tua terra avrà uno sposo. 5 Sì, come un giovane sposa una vergine, | così ti sposerà il tuo architetto; | come gioisce lo sposo per la sposa, | così il tuo Dio gioirà per te.

1) Per amore di Sion (lett. per Sion) non mi terrò in silenzio,… finché non sorga come stella (lett. esca come fulgore) la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda (lett. bruci) come lampada: già nel cap. 60 di Isaia veniva annunciato agli esiliati d’Israele l’avvento di una nuova Gerusalemme messianica, rivestita di luce, dalle porte sempre aperte, popolata di giusti. Ma il profeta insiste ancora nel rammentare al Signore le Sue promesse di salvezza perché attraverso la Parola, che Dio gli pone sulla bocca, ha termine in realtà il silenzio stesso di Dio (Is 42,14). Così la Parola di Dio, finalmente liberata, fa già risplendere la città santa di nuova luce, pur nella non ancora completata ricostruzione. La salvezza che così è donata da Dio è come lampada che segna il passaggio dalle tenebre alla luce, secondo quanto abbiamo contemplato nella notte del Natale: Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse (Cfr. Is 9,1).

2) Allora i popoli vedranno la tua giustizia,… ti si chiamerà con un nome nuovo: Sion rinnovata e benedetta da Dio indica la via della salvezza messianica, a cui tutte le genti sono chiamate. L’intervento di Dio è sempre una nuova creazione: come Abram dopo la sua vocazione diventa Abramo, padre di una moltitudine di popoli, così il nome nuovo che viene dato a Gerusalemme è il segno della novità messianica che la investe e la trasforma. Inciderò su di lui [il vincitore nella prova] il nome del mio Dio ed il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme, che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo (Ap 3,12).

3) Nessuno ti chiamerà più abbandonata… e la tua terra avrà uno sposo: il Signore stabilisce un rapporto nuziale col suo popolo, non c’è più la solitudine e la desolazione, ma un vincolo d’amore: Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore (Cfr. Os 2,21).

4) Come gioisce lo sposo per la sposa così il tuo Dio gioirà per te: il Signore non solo ricerca, fa nuovo e ama il suo popolo (la sposa), ma è Lui il primo a gioire per questo rinnovato patto d’amore. La gioia della sposa è generata in lei e proviene dalla gioia dello sposo: Il Signore… esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia (Cfr. Sof 3,17).  

1 Corinzi 12,4-11

Fratelli, 4 vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5 vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; 6 vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.7 E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: 8 a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; 9 a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell’unico Spirito; 10 a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l’interpretazione delle lingue. 11 Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.

1) Vi sono poi diversi carismi (lett. ripartizioni di doni), ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti: di fronte alle difficoltà incontrate dalla Chiesa di Corinto a vivere armonicamente la ricchezza dei doni spirituali ricevuti da Dio, l’apostolo Paolo mostra come invece proprio dalla diversità dei carismi nasca la bellezza e la solidità della comunione ecclesiale. Questo può avvenire in quanto tali carismi presenti nel cuore dei credenti, hanno come loro origine l’azione dell’unico Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Secondo Paolo l’azione delle tre persone divine, per quanto concorde, si realizza secondo caratteristiche peculiari a ciascuna di esse: i carismi, in quanto doni effusi gratuitamente nel cuore dei credenti, sono opera dello Spirito Santo; in quanto ministeri, cioè servizi,sono riconducibili al Figlio, venuto sulla terra per servire; in quanto "operazioni" provengono dall’attività creatrice del Padre. Tali doni sono dati a tutti e dunque nessuno ne è privo. La loro valorizzazione è affidata all’attenzione della carità reciproca. Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte… Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla (1Cor 13,2).

2) E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece per mezzo dello stesso Spirito il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito... Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera , distribuendole a ciascuno come vuole: a ciascuno di noi infatti è dato qualche dono particolare, utile ed importante per l’edificazione della comunità. L’armonico comporsi di tali doni deriva dalla loro provenienza, dallo Spirito di Dio, che esclude in modo rigoroso il loro scaturire dalle passioni dei singoli, come accade nei culti inventati dagli uomini. Non si tratta dunque di doni secondo il volere degli uomini, ma secondo la volontà di Dio. L’utilità che deriva dal loro esercizio non è quella del singolo, ma quella del popolo di Dio, così come Egli la dispone. È Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti… per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio (Ef 4,11-13).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Abbiamo alle spalle le grandi giornate del Natale e dell’Epifania, la normalità quotidiana e settimanale ci ha ripreso con le sue abitudini. Lavoro e studio feriali si svolgono per lo più fuori di casa (officina, ufficio, scuola); alla messa si va in chiesa la domenica mattina. Spetta alla casa, e ai suoi familiari abitanti, essere ogni giorno l’ambiente collante di tutto, sede degli affetti indiscutibili e di responsabilità tranquille, ma costanti e produttive. Ad aiutare a far andare bene questo "motore" di tutto, a illuminare, orientare, unificare le diverse attività quotidiane, le messe "ordinarie" domenicali sono in realtà straordinarie.

Nella seconda domenica di questo tempo, nuovo ma comune, le Letture ci informano con chiarezza e ci entusiasmano. Citiamo per prima l’epistola di Paolo, dato che sorregge ciascuno e riguarda tutti: "uno solo è Dio che opera tutto in tutti, e a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune". Anche il brano di Giovanni è incoraggiante, con quel "primo" miracolo ad una festa di nozze, cui era invitata la madre di Gesù (citata per prima, in qualche modo è vero anche ora), ma era invitato anche Gesù con i suoi discepoli (il nucleo fondativo della Chiesa!). Per ogni famiglia è consolante e incoraggiante che il primo miracolo di Gesù, nel teologico e sapiente vangelo di Giovanni, sia compiuto ad un matrimonio, festa ed inizio di una casa nuova, subito "visitata" con un dono buono e di gioia. La fede biblica, di Primo e Secondo Testamento, che è qui per aiutarci e istruirci nei pensieri e nelle consapevolezze, di fatto subito ci aiuta e ci avvolge. Siamo, al 14 gennaio del 2007, invitati a guardare lontano, ad ascoltare gli annunci meravigliosi di Isaia, gridati, per la prima volta, in Babilonia, forse più di cinque secoli prima di Cristo: "Sarai un diadema regale nella palma del tuo Dio, nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra Sposata. Sì , come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore, come gioisce lo sposo per la sposa così il tuo Dio gioirà per te". Sono parole nate nell’esilio in cui Israele ha raggiunto (e donato all’umanità) una profondità di sguardo e di sapienza affascinanti. Essa fa conoscere che poca cosa sia l’uomo (Domenica scorsa, ci ha detto quale fiore appassito sia la sua gloria), e quale sia, ora (dopo Natale ed Epifania, verso Pasqua), la nostra condizione. La "notizia" è questa e viene tutta e sola dal nostro Dio.

Ma secoli di fede, se pure concentrati in pochi minuti domenicali, non sono uno spreco, una fantasia, un inganno lussuoso, per sostenerci nel nostro tran tran? Si può dubitare di tutto, anche delle cose belle: la testa dell’uomo serve anche a questo. Ma l’immensità di ciò che esiste attorno a noi, e, ancor più, il valore che sentiamo vivente con noi e per noi, ci invita a fidarci, a credere che proprio questo "moltissimo", concentrato in misure parrocchiali e domestiche, è "per" noi. Anzi, è come, nel profondo, già siamo tutti. Appunto, un miscuglio di piccolo (la nostra piccolezza è ben reale), e di grande, che, sperato e intravisto, sopravviene, ci accoglie e ci stringe. Abitualmente lo fa di domenica, per sostenerci e guidarci nei giorni feriali. Non chiede (al momento) un grande sforzo, ma solo un ascolto, un’attenzione disponibile. Come Paolo spiegava a Tito, domenica scorsa, anche noi "possiamo vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo".

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