15 Gennaio 2006
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Giovanni 1,35-42
35
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.38
Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?". 39 Disse loro: "Venite e vedrete".Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".1) Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù: il Battista continua a svolgere con determinazione il compito di condurre tutti i discepoli, innanzitutto i propri, a riconoscere in Gesù l’agnello di Dio. Il riferimento all’antica Parola del profeta Isaia (53,7) e al sacrificio pasquale è così potente ed efficace da indurre alla sequela immediata.
2) Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?". Disse loro: "Venite e vedrete": non passano inosservati i discepoli, anzi, si trovano a loro volta al centro delle attenzioni del Signore. Agli sguardi si aggiungono parole che rendono al contempo misterioso e seducente il cammino di fede di chi mostra una certa sollecitudine nella ricerca, fino all’incontro più intimo dell’abitare insieme: Beato chi abita la tua casa (Sal 83), le stanze, luogo delle tenerezze dello sposo (Ct 1,3).
3) Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio: la memoria di quel decisivo incontro ha voluto registrare perfino l’orario. Un’ora non delle più significative (come potevano essere la terza, la sesta, la nona), la decima ora indica i tempi imprevedibili di Dio.
4) Uno dei due, che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" e lo condusse da Gesù: incontrò e abbiamo trovato traducono lo stesso verbo usato per dire di quel mercante che, trovata una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per comprarla (Mt 13,46).
5) Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)": lo sguardo di Gesù entra nell’intimo della storia personale e ne apre orizzonti nuovi (ti chiamerai Cefa, cioè pietra, roccia: l’immagine evoca saldezza, perseveranza, soprattutto nell’amore, come dirà più avanti lo stesso evangelista (cfr. Gv 21,15ss).
1 Samuele 3,3-10.19
3
In quei giorni, Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.4
Allora il Signore chiamò: "Samuele!" e quegli rispose: "Eccomi", 5 poi corse da Eli e gli disse: "Mi hai chiamato, eccomi!". Egli rispose: "Non ti ho chiamato, torna a dormire!". Tornò e si mise a dormire.6
Ma il Signore chiamò di nuovo: "Samuele!" e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!". Ma quegli rispose di nuovo: "Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!".7
In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.8
Il Signore tornò a chiamare: "Samuele!" per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!".Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto.
9 Eli disse a Samuele: "Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". Samuele andò a coricarsi al suo posto.10
Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: "Samuele, Samuele!". Samuele rispose subito: "Parla, perché il tuo servo ti ascolta".19
Samuele acquistò autorità poiché il Signore era con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.1) Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio: Samuele era stato condotto là dalla madre Anna, un tempo sterile, dopo che il Signore aveva esaudito la preghiera di lei di avere un figlio; là egli serviva il Signore (vedi cap. 1 e 2).
2) Allora il Signore chiamò: è il Signore che prende l’iniziativa e chiama l’uomo.
3) Corse da Eli: Eli è l’anziano sacerdote i cui figli non agivano rettamente davanti al Signore e che il Signore aveva deciso di sostituire con un sacerdote fedele (v. cap. 2).
4) Non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era ancora stata rivelata la parola del Signore: al v. 1 (non compreso nel nostro testo) è descritta la difficile situazione in cui viveva il popolo di Dio: la parola del Signore era rara (lett. preziosa) in quei giorni, le visioni non erano frequenti (manifeste, dice S.Girolamo).
5) Si alzò ancora: la potenza della parola di Dio fa rialzare l’uomo.
6) Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto: anche se tardivamente, forse per la rarità dell’evento, è l’anziano sacerdote che comprende la chiamata del giovane Samuele da parte del Signore e che gli indica come deve comportarsi.
7) "Vattene a dormire…". Samuele andò a coricarsi al suo posto: Samuele viene rimandato alla semplicità e piccolezza della sua vita; è lì che il Signore lo chiama.
8) Dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta": il ti non c’è in realtà nel testo originale, ad indicare una disposizione generale di ascolto, come condizione per accogliere la parola del Signore.
9) Venne il Signore, stette: il Signore non solo chiama, ma viene e sta, si ferma con l’uomo.
10) "Samuele, Samuele!": il Signore chiama per nome, come già aveva fatto in altre occasioni, con Abramo (Gen 22,11) e con Mosè (Es 3,4).
11) Samuele acquistò autorità (lett. fu magnificato): la grandezza di Samuele sta nella custodia di ogni parola che Dio dice; infatti non lasciò andare a vuoto una sola della sue parole (LXX e Vulg.: non cadde dalle sue parole sopra la terra).
1 Corinzi 6,13-15.17-20
Fratelli, 13 il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. 14 Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
15
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?. 17 Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. 18 Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dá alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. 19 O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!1) Il corpo non è per l’impudicizia: il peccato genericamente definito "impudicizia" sembra essere al centro della preoccupazione di Paolo (cfr. 2Cor 12,21: che io abbia a piangere su molti che hanno peccato in passato e non si sono convertiti dall’impurità, dalla fornicazione e dalle dissolutezze che hanno commesso).
2) il corpo… è per il Signore e il Signore è per il corpo: l’uomo non solo ha un corpo, ma è "un corpo", quello preparato per essere offerto, il corpo di Cristo, destinato alla morte e risurrezione. Tale è stata la certezza che ha sostenuto Abramo il quale offrì il suo unico figlio;… egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti (Ebr 11,17-19).
3) Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?: cfr. Gv 15,5: Io sono la vite e voi i tralci ed Ef 3,6: I gentili sono… chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità e a formare lo stesso corpo.
4) Ma chi si unisce al Signore forma con Lui un solo spirito: cfr. Gv 15,9: Come il Padre ha amato me così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Con il Signore si stringe una comunione d’amore nella quale l’uomo diviene "tempio di Dio".
5) Fuggite la fornicazione: nel termine greco è presente la radice del verbo "vendere": collegata alla prostituzione è Babilonia la grande meretrice (cfr. Ap 17), contrapposta alla Gerusalemme celeste, al regno di Dio dal quale sono esclusi i fornicatori.
6) Infatti siete stati comprati a caro prezzo: il prezzo del riscatto è il corpo e il sangue di Cristo (cfr. 1Pt 1,19 e Ap 1,5: A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue… a Lui la gloria e la potenza).
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
L’evento per cui altri ci chiama alla comunione con lui, non rappresenta soltanto la pienezza della vita, ma con più verità va colto come la vita stessa: veniamo infatti istante per istante "edificati" dalle nostre relazioni, soprattutto da quelle più preziose, mentre la "non relazione" è la morte. La "chiamata" è un atto di amore assoluto: ha cioè un valore in sé, anche al di là del suo essere accolta o meno da coloro cui è rivolta, in quanto ha la capacità di conferire ad ogni persona un valore senza misura, semplicemente perché è stata guardata con affetto e le è stata rivolta la parola. È un evento che ci precede perché ci previene ed apre una strada da noi prima ignorata, strappandoci inaspettatamente alla solitudine.
Il fanciullo Samuele, che si sente chiamare nel sonno mentre giace nel suo letto e poi viene istruito da Eli, è un’icona viva della fecondità e della bellezza di questo essere cercati, bellezza che va contemplata innanzitutto rivolgendo l’attenzione verso colui che chiama, per cogliere oltre che la parola anche il silenzio, il suo sapere stare vicino al giaciglio del ragazzo nella notte, il suo chiamarlo più volte per nome, come alla vita, senza chiedergli nulla, dicendogli semplicemente il suo volergli bene.
Il nome che viene pronunciato è sempre un nome nuovo, che esprime una rinascita, come avviene nell’incontro di Simone-Pietro con Gesù. Dall’incontro nasce infatti la storia, perché la vicenda umana solo così viene sottratta al suo altrimenti inevitabile ripetersi, chiusa in se stessa. La vita allora si dispiega non come semplice susseguirsi di esperienze, ma come assunzione progressiva di due volti fondamentali, quello di figlio e quello nuziale della sposa. È una chiamata ad essere figli, soprattutto nell’ascolto e nella custodia di ogni parola che ci viene affidata dall’"altro", da accogliersi con amore, perché con amore ci è stata rivolta, e da riceversi con timore, perché il suo manifestarsi è reso possibile dal farsi piccolo di chi ce ne fa dono.
È chiamata nuziale che conduce alla ricerca appassionata dell’altro, non come un vagare, ma come apertura a quel colloquio sempre nuovo, che è condizione per rimanere nell’ascolto stabile dell’amato, come desiderano fare i due discepoli quando chiedono a Gesù: "Rabbi, dove abiti?". Fa parte della preziosità straordinaria di questo incontro filiale e nuziale la possibilità per ciascuno di essere amato in modo preferenziale, essere cioè "l’amato", e tuttavia di esserlo in modo non esclusivo, ma dentro una fraternità senza confini.
L’unione nuziale fra uomo e donna, "l’essere i due una sola carne", è segno privilegiato della vocazione nuziale di tutta l’umanità e ne indica il luogo e la modalità della celebrazione, che non avviene nella sublimità del pensiero, ma nel dono della propria vita e del proprio corpo. È in questa ottica "non religiosa" e non "sacrale" che la fede ebraico-cristiana coglie la santità dei corpi, in quanto strumenti privilegiati dell’offerta di sé e dunque ambito decisivo dato a tutti gli uomini per vivere nell’amore, contro ogni fuga "spiritualista" (sempre nel rischio di rovesciarsi nel disprezzo del corpo), nella consapevolezza che tale santità è confermata, perché solo profanata ma non distrutta, anche da quanto le si oppone.
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