19 Novembre 2006

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

Marco 13,24-32

Disse Gesù ai suoi discepoli: " 24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore 25 e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. 26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.28 Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; 29 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre".

1) In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà...: Nei versetti precedenti questa pericope, Gesù, parlando ai suoi discepoli, predice la distruzione del Tempio, le persecuzioni che questi avrebbero subito ed il sorgere di falsi profeti negli ultimi tempi. La "tribolazione" di cui parla il Vangelo, si riferisce a tali eventi. Il sole, la luna e gli astri, oscurandosi, indicano la loro transitorietà e partecipazione al travaglio della storia, segnando nel loro tramontare il passaggio dalla vecchia creazione alla nuova creazione, inaugurata da Gesù con la sua Pasqua.

2) Vedranno il Figlio dell’Uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria…ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti: si intrecciano nel discorso di Gesù due annunzi: quello della Sua resurrezione, per cui il Suo corpo risorto diviene il nuovo tempio, e quello del Suo ritorno glorioso alla fine dei tempi, in un mondo nuovo, in cui gli eletti, amati dal Signore, sono raccolti attorno a Lui dagli angeli e sottratti alla loro precedente dispersione.

3) Dal fico imparate questa parabola: il fico, mettendo le foglie, prelude all’estate e ai frutti (questo fico non è più sterile come il fico di cui il Signore cerca i frutti subito dopo l’ingresso in Gerusalemme. Cfr. Mc 11). Il segreto della fecondità della storia (pur fra queste ultime tribolazioni) è costituito dal fatto che Gesù è sempre presente: possiamo essere spaventati dagli eventi più difficili e straordinari o possiamo essere affaticati dalla pesantezza della vita quotidiana, ma Gesù è vicino: né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore (Cfr. Rom 8,38-39).

4) Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno: il cielo e la terra pur essendo stati creati dalla parola di Dio sono destinati alla fine; in Gesù, invece, la parola si è fatta carne dando a tutti gli uomini la possibilità di condividere una relazione d’amore per la vita eterna e di ricevere in eredità un regno incrollabile (Cfr. Eb 12,28 ). La carità non avrà mai fine (1 Cor.13,8).

5) Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce: nemmeno Gesù nella sua totale obbedienza al Padre conosce il momento del suo ritorno. Per questo, nei versetti seguenti questa pericope, il Signore invita alla vigilanza, che non è solo un atteggiamento di semplice attesa del ritorno del Signore, ma è preparazione sapiente a questo evento (come fanno le vergini di cui parla Mt al cap25, che si procurano le lampade e le riempiono d’olio per attendere l’arrivo dello sposo).

 

Daniele 12,1-3

1 In quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.

Vi sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. 2 Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.

3 I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

1) Vi sarà un tempo di angoscia come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo: l’oppressione d’Israele da parte delle genti e la sua successiva liberazione dalla tribolazione ad opera del Signore, percorrono tutta la storia del popolo di Dio. La vicenda del passaggio dall’oppressione alla salvezza, che continuamente si è riprodotta nella storia d’Israele, rinnovando nel tempo la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, raggiunge il suo culmine con l’avvento del tempo finale, inaugurato dalla venuta del Messia. Allora si manifestano nella loro pienezza sia la tribolazione presente nella storia, sia l’opera della salvezza divina. La fiducia in questa salvezza finale sostiene Israele nell’oppressione, molto violenta anche al tempo della composizione del libro di Daniele. Grande è quel giorno, non ce n’è uno simile! Esso sarà un tempo di angoscia per Giacobbe, tuttavia egli ne uscirà salvato… Non saranno più schiavi di stranieri… Essi serviranno il Signore, loro Dio e Davide loro re, che io susciterò loro (Ger 30,7-9).

2) Chiunque si troverà scritto nel libro… Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla… vergogna eterna: si può pensare che il libro di cui qui si parla sia il libro della Scrittura, Parola sempre viva, che raccoglie, genera, visita e consola tutta la storia dell’umanità e la vicenda di ogni uomo. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti furono giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri (Ap 20,12).

3) I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento, coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come stelle per sempre: viene data qui una indicazione su come vivere la santità gradita a Dio, non cercando in modo solitario ciascuno la propria giustizia, ma operando perché tutti siano iscritti nel libro della vita e siano illuminati dalla giustizia di Dio. I sapienti e coloro che così amano il loro prossimo diventano collaboratori di Dio per una creazione rinnovata di cui questi giusti sono come il nuovo firmamento e le nuove stelle (Cfr. Gen 1,6.8.16). I giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre mio (Mt 13,43).

 

Ebrei 10,11-14.18

11 Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici, perché essi non possono mai eliminare i peccati. 12 Cristo al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, 13 aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. 14 Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. 18 Ora, dove c’è il perdono dei peccati, non c’è più bisogno di offerta per essi.

1) Ogni sacerdote si presenta (letteralmente: sta) ogni giorno a celebrare… e ad offrire molte volte, ogni giorno sacrifici che non possono mai eliminare i peccati: con il termine "sta" viene messa in evidenza una situazione statica e ripetitiva, caratterizzata dal continuo succedersi dei sacrifici (ogni giorno, molte volte) e dalla constatazione drammatica della loro inadeguatezza e impossibilità (non possono mai eliminare i peccati).

2) Egli, al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre (letteralmente: in perpetuo): Gesù è il sommo sacerdote che… non ha bisogno ogni giorno… di offrire sacrifici… perché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo sé stesso (Eb 7,26-27). Egli è sacerdote e vittima in quanto col proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario procurandoci una redenzione eterna. (Eb 9,11-12). Egli è l’Agnello di Dio... che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29), con un’azione la cui efficacia dura "in perpetuo".

3) Si è assiso alla destra di Dio: il Cristo resuscitato, per la sua obbedienza viene fatto sedere dal Padre alla Sua destra, da dove intercede per noi: [il Padre manifestò la straordinaria grandezza della sua potenza verso noi credenti… in Cristo], quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli (Ef. 1,20). Oracolo del Signore al mio Signore: "siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi" (Salmo 110,1). Dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i principati e le potenze (1Pt. 3,22)… intercede per noi (Rm. 8,34).

4) Aspettando…solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi: infatti bisogna che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte (1Co 15,25). Sant’Agostino così commenta: "Mentre tu siedi alla destra del Padre, si compiono i tempi delle genti e i tuoi nemici sono posti come sgabello ai tuoi piedi… Questo sta avvenendo, questo si verifica: anche se in forma lenta e graduale, si verifica incessantemente, perché niente può impedire che si adempia la parola ‘A te darò le genti come tua eredità, come tuo possesso i confini della terra’".

5) Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati: sono santificati perché scelti dal Signore e, benché peccatori, fatti perfetti e lavati dal Suo sangue. Egli ha dimenticato i peccati non in ragione di meriti nostri, ma perché "il suo cuore trabocca di amore per noi" (Bonhoeffer). L’azione "giustificante" del sacrificio di Cristo avviene e si prolunga in perpetuo per opera dello Spirito Santo che agisce incessantemente e in modi sempre nuovi: io porrò la mia legge nel loro animo… Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri… perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore, perché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato (Ger 31,33-34).

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Quando l’Anno liturgico sta per finire, la tradizione della Chiesa propone ai fedeli "letture" sulle "ultime realtà": ultime in senso temporale ma, anche, in senso più profondo, "essenziali".

Il brano dalla Lettera agli Ebrei indica la differenza radicale tra i sacrifici ripetuti ogni giorno nel Tempio senza mai eliminare i peccati e quell’unico sacrificio in cui i peccati sono stati cancellati dal perdono, per cui, dopo "quella vittima", non c’è più bisogno di offerta per il peccato. Ma è soprattutto il Vangelo di Marco che, dopo la predizione della rovina del Tempio e il preannuncio della desolazione della Giudea, ci parla del "ritorno del Figlio dell’uomo", giorno certissimo, in qualche modo anche prossimo, ma a tutti sconosciuto, con il grande ammonimento: "State attenti, vegliate perché non sapete quando sarà il momento preciso". "È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare".

Una casa con dei servi, e un padrone partito per un viaggio: nella comunità apostolica queste parole fanno pensare alla comunità ecclesiale, e le parole iniziali del nostro brano (con il sole e la luna che si oscurano, le nubi, i quattro venti, gli estremi della terra e del cielo assunti come "scena" del ritorno del Figlio dell’uomo) valgono per l’intero mondo. La vigilanza che ci è chiesta ("quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!") è una consapevolezza che, al di là dei pochi decenni che ci riguardano dalla nascita alla morte, si origina e si protende in un orizzonte ben più vasto, cosmico e storico, etico e conoscitivo: spirituale in senso forte, come di una relazione tra persone, sia pure di servi e portinai, con un misterioso "padrone" di casa, che al momento si può non incontrare, ma che tornerà. Vero padrone, ma a noi è stato fatto conoscere padre.

Chi di noi, tutto l’anno e non solo nelle domeniche conclusive del grande ciclo pedagogico-liturgico, ha il senso della "attesa", il gusto del suo significato (inquietante? gioioso?), e in questa consapevolezza alimenta e indirizza i propri progetti personali, i propri giudizi culturali e fini politici? Francamente, la tensione per l’attesa escatologica, nella nostra cultura, e quindi nella nostra società, è molto debole. Lo vediamo bene: è una eccezione, anche tra cristiani. Già la "memoria" (familiare, nazionale, sociale), tra persone che amano pensare, è incomparabilmente più coltivata della "attesa" religiosa di un glorioso ritorno di Gesù. Tra quanti pensano poco, poi, la memoria di eventi significativi è tanto più fragile e discontinua dei flussi dispersivi e banalizzanti che ci trascinano da mille parti senza portarci a vedere, conoscere, capire e amare granché. Anche dentro la comunità cristiana le questioni identitarie si giocano più sulle famose "radici" (storiche), che sull’ascolto (presente) di voci che - con il Vangelo - ci invitano a vigilare e vegliare "in attesa", per pura fede, nel compimento di ogni promessa e annuncio ricevuto dal Signore.

 

 

 

 

 

 

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