SANTISSIMA TRINITÀ (ANNO A)
Giovanni 3,16-18
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: 16 «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
1) Dio ha tanto amato il mondo: il termine tanto si può intendere nel senso della quantità (un amore tanto grande da), oppure della modalità (così, traducendo il latino sic, che esprime il modo in cui Dio ha amato il mondo). Questa seconda interpretazione sembra una risposta più consona alla domanda di Nicodemo. E' la prima volta che nel Vangelo di Giovanni compare il verbo "amare", un verbo che diventerà sempre più importante (vedi, ad es., l’episodio di Lazzaro al cap 11 e tutto il cap 14 nel quale questo termine compare ben nove volte).
2) da dare suo Figlio Unigenito: è la consegna di Gesù alla passione che manifesta l'amore di Dio per il mondo degli uomini. Un mondo, però, che non lo ricambia; infatti nel Prologo dice: Dio era nel mondo, ed il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
3) perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna: solo credendo in Dio, nel suo amore senza limiti, si può avere la vita eterna. Se l'uomo ama solo se stesso, ha un orizzonte limitato e finirà quando finirà il suo corpo. Ma se l'uomo ama Dio e gli altri uomini, ha una vita senza confini nel tempo: la vita eterna.
4) Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui: non c'è giudizio, non c'è sentenza, non c'è condanna; Gesù è venuto solo per salvare.
5) Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio: il verbo condannare è lo stesso verbo che nel versetto precedente è tradotto con giudicare; e quindi si può tradurre: Chi crede in lui non è giudicato; ma chi non crede in lui è già stato giudicato. Non è però un giudizio dato da Gesù, che è venuto per salvare, ma è una scelta dell’uomo: Gesù non giudica, ma mette davanti ad una decisione che diventa giudizio.
Esodo 34,4-6.8-9
4 In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
5 Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. 6 Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà»
8 Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. 9 Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
1) Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano: il tema di Esodo 34 è il rinnovamento dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Nonostante le tavole spezzate (cfr. Es 32,19) e la condizione di peccato del popolo, vi è la possibilità che l’alleanza rinasca: le tavole possono essere scritte una seconda volta.
2) Allora il Signore scese dalla nube: alla salita di Mosè sul monte è accostata la discesa del Signore. L’incontro e la comunione tra Dio e l’uomo (si fermò là presso di lui), è frutto non tanto del tentativo di ascesa dell’uomo, ma del desiderio di Dio che, nella sua “misericordia”, scende a lui (cfr. Ef 4,9-10: ma che significa la parola ascese se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose).
3) Il Signore passò davanti a lui: il passaggio di Dio, già promesso nel capitolo precedente (Es 33,22 quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato), evoca la vicenda pasquale; lo stesso verbo è usato anche in Es 12,12: in quella notte io passerò per il paese d’Egitto e in Es 15,16: finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato.
4) Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà: nella prima teofania Dio si era rivelato fra tuoni, lampi, fumo e fuoco; ora, invece, si rende presente proclamando il Suo nome misericordioso, sul quale viene fondata una nuova alleanza (Dt 4,31 : poiché il Signore Dio tuo è un Dio misericordioso; non ti abbandonerà e non ti distruggerà, non dimenticherà l’alleanza che ha giurata ai tuoi padri).
5) Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore: il tema della grazia, insieme a quello del nome, è presente in Es 33,17 Hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome. Il Signore conosce il nome di Mosè, e a lui rivela il suo.
6) Il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità: il popolo di Dio è gratuitamente scelto e amato, nonostante il peccato e la durezza di cuore (cfr. Dt 7,7: Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli - , ma perché il Signore vi ama).
2Corinzi 13,11-13
11 Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
12 Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
13 La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
1) State lieti (Vulgata: gaudete): l’invito dell’apostolo alla gioia si collega al saluto dell’angelo a Maria (lett. Rallegrati, Maria Lc 1,27), e agli appelli profetici alla gioia (cfr. ad es. Is 66,10: rallegratevi con Gerusalemme… sfavillate di gioia con essa, voi tutti che avete partecipato al suo lutto); la gioia è dono del Cristo risorto (ricordare il vangelo di Pentecoste: I discepoli gioirono al vedere il Signore).
2) Tendete alla perfezione (lett.: rendetevi adatti): la docilità all’azione di Dio rende adatti ad accogliere il suo dono: il discepolo non è di più del maestro, ma ognuno ben preparato (è lo stesso termine) sarà come il suo maestro (Lc 6,40).
3) Fatevi coraggio a vicenda: lett. fatevi consolare. La consolazione è dono dello Spirito “Consolatore” e può essere, una volta accolta, donata ai fratelli.
4) Abbiate gli stessi sentimenti (lett.: pensate la stessa cosa): questo medesimo sentire non deriva da accordi umani, ma dall’attingere tutti la propria vita interiore alla medesima fonte, i pensieri e sentimenti di Gesù: il Dio della pace e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo ed una sola voce rendiate gloria a Dio (Rm 15,15).
5) Vivete in pace: la sorgente dell’unità e della pace è lo Spirito (Vi esorto… a comportarvi… con ogni umiltà, mansuetudine e sapienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,1-3).
6) Salutatevi a vicenda con il bacio santo: il bacio è segno di familiarità e amore. L’apostolo qui si riferisce al bacio usato nella liturgia della chiesa primitiva, che esprimeva la comunione fraterna dei discepoli nel Signore.
7) La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi: la lettera si conclude con questo saluto trinitario di origine liturgica, anche oggi usato all’inizio della liturgia eucaristica, avente lo scopo di confermare i fratelli nella grazia di Dio.
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
Desidero esprimermi molto francamente, con "il cuore in mano". Io non riesco più a pensare tranquillamente che Dio abbia fatto tutto quello che ha fatto per arrivare a una conclusione non molto diversa da quella che propongono i sistemi mondani, del tipo: se fai bene, sei premiato; se fai male sei punito. Mi sembra di vedere con sempre più evidenza che Egli è entrato nell'inferno del mondo - un inferno al quale ci siamo abbastanza abituati: è stupefacente la capacità di adattamento dell'uomo, e anche la sua invincibile capacità di illudersi! - per sollevare questa povera umanità e addirittura trarla a Sé. Un progetto audacissimo che per ora potrebbe sembrare piuttosto iniziale e di esito incerto. Mi sembra dunque importante rimanere alle sue Parole, essendo magari un po' più cauti nelle "dottrine", che potrebbero facilmente riflettere il fondo della nostra disperazione.
Se dunque si considera quello che ascoltiamo oggi dal Libro dell'Esodo, si deve prendere atto dell'estremo realismo con il quale Mosè accoglie il dono della Legge. Essa è il segno indiscutibile e l'esperienza concreta del cammino di Dio insieme al suo popolo. Senza illusioni Mosè gli dice "...che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità". Gli chiede insomma di aver pazienza nella sua infinita misericordia, senza che si prospettino eventualità migliori: Siamo fatti così; prendici come siamo! Anche l'ultimo versetto del testo di 2Corinti, che è poi il saluto iniziale della Liturgia, non è detto che debba esprimersi con quel "siano" che è augurale e quindi ipotetico; il verbo essere è sottinteso, e quindi potrebbe benissimo presentarsi in un forte indicativo presente: "sono", a dire che, detto tutto quello che si è detto prima nella lettera, e a conclusione delle parole che immediatamente precedono e che noi oggi ascoltiamo (dove anche quel "tendete alla perfezione", potrebbe essere un più modesto e affettuoso "mettetevi in ordine"), Paolo ci assicura che Padre, Figlio e Spirito Santo "sono con tutti" noi.
E poi ci sono questi celestiali versetti di Giovanni. Il Figlio è stato mandato per non giudicare e per salvare il mondo: possibile che non ce la faccia? Ed è evidente che chi non crede è già condannato (ma il nostro commento qui fa notare che forse si dovrebbe parlare di giudizio e non di condanna), perché chi non ha la grazia e la volontà di credere resta in quell'inferno da cui il buon Dio lo vuol togliere. D'altra parte mi vien da pensare che non sempre il "prodotto" è presentato con questa forza positiva. Più spesso mi sembra che si avvertano le persone che o si mettono a posto o non c'è niente da fare. Ma in questo modo verrebbe a mancare il primato travolgente della notizia di quello che Dio vuol fare per ciascuno e per tutti: la salvezza perché ci ama. Scusate lo sfogo!
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