19 Dicembre 2004

IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

 

 

Matteo 1,18-24

18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi”. 24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

1) Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo (lett.: la generazione di Gesù Cristo era così): Gesù non “giunge” nel mondo secondo modalità straordinarie, ma tramite la carne, assumendo quella più piccola, di un bimbo.

2) Prima che andassero a vivere insieme: l’arrivo di Gesù stravolge non solo la vita di questa coppia, ma anche la storia dell’umanità.

3) Sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe: sembra che questo fidanzamento fosse già stato preparato nella storia e che riguardi tanto Maria e Giuseppe quanto Maria, Dio e il genere umano. Le nozze promesse vengono portate a pieno compimento da Dio.

4) Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla (lett.: e non voleva esporla), decise di licenziarla in segreto: vi è una contraddizione tra l’essere giusto di Giuseppe e la sua decisione di non seguire la legge. Giuseppe era giusto secondo Dio ma non secondo la legge? Giuseppe compie una obiezione di coscienza rispetto alla legge.

5) Decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore: Giuseppe ha deciso, ma il suo animo è in preda al rovello sull’azione da intraprendere. Viene in mente Abramo con il coltello in mano pronto ad uccidere Isacco. Anche in quel caso l’intervento di un angelo fa prendere alla storia un corso differente.

6) Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati: vi è già qui il legame tra il mistero della nascita di Gesù e il mistero della salvezza per mezzo della sua morte. Il popolo è “suo”.

7) Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: risalta la piccolezza e la fragilità della via di salvezza che Dio sceglie per gli uomini. Tutto è messo nelle mani di due persone che vedono sconvolta la loro vita “normale”. Gesù si abbandona nelle loro mani.

8) Destatosi dal sonno: si potrebbe tradurre risorto dal sonno. La “nuova” decisione che Giuseppe ha preso lo rialza dal torpore mentale in cui era sprofondato.

 

 

Isaia 7,10-14

10 In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz dicendo: 11 «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto».

12 Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».

13 Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? 14 Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele: Dio con noi».

 

1) Il Signore parlò ancora ad Acaz: Acaz era re di Giuda quando il re di Aram e il re di Israele minacciarono di occupare la capitale del suo regno, Gerusalemme. Allora il Signore parlò ad Acaz per bocca del profeta Isaia per confortarlo nel suo turbamento e per promettergli il suo aiuto contro gli avversari (cfr. Is 7,1-9). Nei versetti che meditiamo oggi Isaia viene mandato dal re Acaz una seconda volta per profetizzare la salvezza del suo popolo.

2)Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto”: il segno che Acaz è invitato a chiedere non è necessariamente un miracolo o un prodigio, ma un fatto concreto che dovrebbe aiutarlo a capire quali saranno gli eventi e le sorti del suo popolo.

3) Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”: Acaz si rifiuta di chiedere un segno divino come se ciò significasse mettere alla prova il Signore e sfidarlo, pretendendo un suo intervento in un momento particolarmente delicato e difficile. Non chiedendo un segno, Acaz ostenta di sottomettersi alla volontà di Dio.

4) Allora Isaia disse: Ascoltate, casa di Davide! …Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele: il segno che Acaz ha rifiutato di chiedere gli è però dato da Dio. Isaia annuncia e profetizza la nascita di un figlio il cui nome è il vero segno profetico: Emmanuele, significa “Dio con noi”, e svela la volontà del Signore di mettersi dalla parte del suo popolo, di stare con il suo popolo per proteggerlo e per salvarlo.

 

 

Romani 1,1-7

1 Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, 2 che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, 3 riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, 4 costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore.

5 Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; 6 e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo.

7 A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

 

1) Questi primi sette vv. sono il saluto, l’inizio della Lettera. Si tratta di un’unica frase -anche se la traduzione italiana la suddivide- in cui Paolo è il soggetto scrivente, quelli che sono a Roma  sono i destinatari e i vv.2-6 costituiscono l’oggetto, il motivo della Lettera. E’ un breve e denso riassunto teologico, in cui ogni parola è importante.

2) Al v.1 Paolo si definisce lett. “schiavo di Cristo Gesù, chiamato inviato , essendo stato separato per la buona notizia di Dio”. A questo proposito cfr. Gal 1,15: Quando Colui che mi scelse (stesso verbo di separato) fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio; At 13,12: lo Spirito Santo disse: Riservate per me (ancora lo stesso verbo) Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”; At 9,15: …egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli di Israele.

3) il vangelo di Dio che egli aveva promesso (lett.: la buona notizia…che fu preannunciata) per mezzo dei suoi profeti nelle Sacre Scritture, riguardo al Figlio suo:  Paolo afferma che la buona notizia è Gesù, il Figlio di Dio. Tutte le Scritture annunciano e preannunciano Lui, lo ribadisce anche alla fine della Lettera (cfr. Rm 16, 25-27: …mistero taciuto per secoli eterni , ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche…).

4) nato dalla stirpe(lett.: discendenza) di Davide secondo la carne”: è l’altra affermazione centrale per questa domenica di Avvento: il Figlio di Dio ha preso la carne dell’uomo (cfr. Col 1,22: …egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto”; e anche Gv 1,14: il Verbo si fece carne).

4) costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la resurrezione dai morti, Gesù Cristo nostro Signore: tema centrale nella predicazione di Paolo, cfr. At 13,32-33: noi vi annunciamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, resuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio tu sei,oggi ti ho generato.

5) anche voi, chiamati da (lett.: di) Gesù Cristo… e santi per vocazione (lett.: chiamati santi…): Paolo ripete per i destinatari la stessa parola chiamato usata per sé al v.1.

6) È opportuno citare s. Francesco “che aveva per il Natale del Signore più devozione che per qualunque altra festività dell’anno. Invero benché il Signore abbia operato la nostra salvezza nelle altre solennità, diceva il Santo che fu dal giorno della sua nascita che Egli si impegnò a salvarci. E voleva che a Natale ogni cristiano esultasse nel Signore e per amore di Lui, il quale ha dato a noi tutto se stesso, fosse gioiosamente generoso non solo con i bisognosi, ma anche con gli animali e gli uccelli”(cfr. Fonti francescane, 1669).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

"Chiedere un segno" può essere un mettere alla prova Dio, e allora è negativo. Ma è positivo quando, come ascoltiamo oggi dalla Parola di Dio, chiedere un segno significa accettare di essere personalmente implicati nella Parola, accettare fino in fondo che quella Parola "divenga carne", storia in me, la mia storia.

Ci sono livelli diversi nel nostro rapporto con la Parola. Posso ascoltala per devozione o per adempiere un precetto religioso, e allora è una parola seminata sulla strada, che viene ascoltata per "non" essere realmente ricevuta. Posso tener conto della parola come una norma o un insieme di norme cui attenermi; e in questo caso costruisco la mia vita cercando di adeguarla alla parola stessa. Posso dispormi ad accettare che sia questa parola a costruire la mia vita, a plasmarla, a modificarla, a interromperla... secondo il mistero di un incontro tra questa parola e la mia persona; in tal caso io rinuncio ad avere il "controllo" della mia vita, anche a costo di entrare nel pieno della contraddizione; anzi, bisogna dire che la "contraddizione" è il segno tipico dell'incontro tra la parola e ogni singola esistenza. La Parola non è una pozione medicinale o magica per "vivere bene", ma è quel "turbamento" della vita che arriva a chiedermi che la mia vita assuma la fisionomia della morte.

Il sonno e il sogno di Giuseppe sono l'ikona di questa morte. Come era già stato per Abramo, anche per Giuseppe la Parola di Dio "muore", cioè nega se stessa sino alla morte. La fede è credere dunque nella "morte della Parola" in me, ed è il mio sì al mio "morire nella Parola". Da questo momento la mia vita diventa inconoscibile al mondo, anche al mondo che è in me, perché il mondo deve fermarsi davanti alla morte, e la mia vita nuziale con la Parola è al di là della morte, è nella risurrezione. L'Apostolo Paolo spiega questo dicendo che "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".

L'ipotesi che Giuseppe si faceva riguardava la possibilità o meno di adempiere la legge. Di fatto la legge può solo condurmi alla morte, come ancora Paolo dice: "Mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio". Il passaggio dalla morte alla vita operato dal Figlio di Dio, fa si che bisogna passare dalla Legge al Vangelo. Che non vuol dire entrare o accettare la trasgressione, ma, come ci mostra Giuseppe, entrare e accettare la morte, per "svegliarsi dal sonno della morte" e incamminarsi silenziosamente e mitemente nella via della risurrezione, cioè di una vita meravigliosa, che non ci appartiene, perché è la vita stessa di Dio in noi.

E con questo confuso messaggio - ma voi siete luminosi nella vostra cristiana trasparenza! - ci salutiamo con un affettuoso Buono e Santo Natale. Se Dio vorrà, il nostro foglietto della domenica farà ritorno dalle sue lunghe vacanze per la domenica 16 gennaio 2005.