27 Febbraio 2005

III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

 

Giovanni 4,5-42

5 In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6 qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. 7 Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». 8 I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. 9 Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. 10 Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11 Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? 12 Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?» 13 Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14 ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». 15 «Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16 Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». 17 Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; 18 infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19 Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21 Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». 25 Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». 26 Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».

27 In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». 28 La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: 29 «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». 30 Uscirono allora dalla città e andavano da lui.

31 Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32 Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33 E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». 34 Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35 Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36 E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. 37 Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. 38 Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro».

39 Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40 E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. 41 Molti di più credettero per la sua parola 42 e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

1) L’episodio di Gesù e i Samaritani si apre con l'arrivo del Signore in una città della Samaria chiamata Sicar, vicino al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. I discendenti degli Israeliti, che abitavano la Samaria, riconoscevano i primi cinque libri della Bibbia e consideravano il monte Garizim come il vero luogo di culto, ma mescolavano alle loro credenze elementi provenienti da altre religioni; il passaggio di Gesù attraverso questa terra per raggiungere la Galilea sembra quindi rivestito di una riconciliazione simbolica tra i due popoli.

2) Gesù, stanco per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. La stanchezza del Signore suggerisce, nell’interpretazione di Agostino, la sua incarnazione, attraverso la quale lui si rende debole per gli uomini: "Egli con la sua forza ci ha creati e con la sua debolezza è venuto a cercarci".

3) Sedeva presso il pozzo… arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua: ambientando il dialogo vicino a un pozzo, l’evangelista si pone in continuità con la storia dei patriarchi, che vede questo come un luogo privilegiato per l’incontro sponsale (cfr. Gn 24,10. 29,1 Es 2,15). Qui il Messia-Sposo viene per unire a nozze un popolo costituito non più dal solo Israele, ma anche da stranieri.

4) Le disse Gesù: “Dammi da bere”: il Signore manifesta la sua sete, ma la Samaritana oppone la separazione delle due comunità (come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?); Gesù supera la divisione con l'umiltà della sua richiesta di aiuto.

5) Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva: l’acqua viva, che nel giudaismo è simbolo della Torah, viene promessa da Gesù alla Samaritana come segno dell'avvento dello Spirito Santo (chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna).

6) Va a chiamare tuo marito e poi ritorna qui: sembra che sia un cambio di argomento, ma in realtà il dialogo si fa più profondo; infatti nei Profeti Dio è lo sposo d’Israele e l’infedeltà religiosa del popolo è descritta nei termini di infedeltà coniugale. Gesù si presenta alla donna, dopo i cinque mariti, come vero Sposo, che la donna riconoscerà quando vedrà in lui il Messia.

7) Signore, vedo che sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare: anche qui, solo apparentemente cambia l'argomento, perché il dialogo continua sulla vera adorazione, che non dipende da fatti esteriori come luoghi di culto, ma dalla relazione interiore, sponsale, che unisce Israele al suo Dio.

8) Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: i Giudei conoscono la paternità di Dio, attestata in tutte le Scritture, mentre i Samaritani, avendo solo il Pentateuco, ne hanno una conoscenza parziale; Gesù porta a pienezza la rivelazione della paternità di Dio.

9) So che deve venire il Messia.… Le disse Gesù: “Sono io che ti parlo”: la Samaritana intravede in Gesù il Messia e abbandona la brocca che le serviva per attingere dal pozzo di Giacobbe, entrando così simbolicamente nella "nuova economia" e divenendo la prima annunciatrice del vangelo alla sua gente (Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia? Uscirono allora dalla città e andavano da lui).

 

 

Esodo 17,3-7

3 In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». 4 Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». 5 Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! 6 Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d’Israele. 7 Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

 

1) In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua: l’acqua è al centro del racconto ed è l’elemento a cui Dio ha legato la salvezza dell’uomo (pensare al Battesimo). Questo racconto riguarda una delle tappe del viaggio del popolo nel deserto. Il deserto è un luogo impervio, ostile alla vita, nel quale il cammino è pericoloso e duro; il deserto diventa il luogo delle proteste, delle tentazioni, dello smarrimento.

2) Il popolo mormorò contro Mosè e disse: “Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?”: l’uomo prova la sete, cioè la mancanza di ciò che gli è necessario per vivere, ed è portato a dubitare della provvidenza di Dio. Questo provoca in lui prima la consapevolezza della propria povertà, poi la ribellione ed infine la preghiera.

3) Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore, dicendo: “ Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!”: Mosè ascolta, si fa carico delle necessità del suo popolo fino a subirne la violenza e la durezza e nello stesso tempo invoca l’aiuto di Dio; in questo modo si pone come mediatore tra Dio e gli uomini.

4) Il Signore disse a Mosè:“Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà”: Dio manifesta la sua misericordia per un popolo peccatore accordandogli una nuova grazia, l’acqua dalla roccia. Paolo riprenderà l’immagine aggiungendovi la notizia che la roccia si muoveva con il popolo: bevevano  da una roccia spirituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo  (1Cor 10,4).

 

 

Romani 5,1-2.5-8

1 Fratelli, giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; 2 per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio

5 La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

6 Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. 7 Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. 8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

 

1) Giustificati dunque per la fede: la giustificazione per fede e non per le opere della Legge è l'affermazione conclusiva dei quattro capitoli precedenti.

2) noi siamo in pace (lett. abbiamo pace) con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo: la pace verso Dio è la prima conseguenza della giustificazione, ottenuta per mezzo di Gesù Cristo (cfr. Ef 2,14: Egli (Cristo) è la nostra pace).

3) Per suo mezzo abbiamo ottenuto, mediante la fede, di accedere (lett. abbiamo l’accesso) a questa grazia: l’accesso alla grazia è la seconda conseguenza della giustificazione (cfr. Ef 2,18: per mezzo di lui possiamo presentarci (lett. abbiamo l’accesso) gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito.

4) grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio: precedentemente Paolo aveva detto: dove sta il vanto? E’ stato escluso (Rm 3,27), riferendosi al vantarsi delle opere della legge. Adesso invece dice che ci possiamo vantare solo dell’opera di Dio per noi.

5) La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito: l’amore di Dio è il fondamento della speranza e noi ne siamo divenuti partecipi attraverso il dono dello Spirito (cfr. Gal 4,6: che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre).

6) mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi: la morte gratuita di Cristo è il fatto che manifesta pienamente l’azione giustificante di Dio verso tutti gli uomini che sono peccatori ed empi. Siamo amati da Dio non perché degni di tale amore, ma perché prevenuti dall’amore di Cristo che ha dato la vita per noi.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Sento importante sottolineare due aspetti del nostro cammino quaresimale in queste Scritture. Il primo riguarda i tre straordinari personaggi che, uno per ogni domenica da oggi, ci vengono a trovare con la loro avventurosa e meravigliosa esperienza: la donna Samaritana oggi, il cieco nato domenica prossima e, infine, Lazzaro. Tre persone molto diverse tra loro, con storie molto diverse: questo è il fascino della loro visita alle comunità cristiane.

In realtà, infatti, percorrono tutti e tre la stessa vicenda, nel senso che identico è il senso e il frutto di quanto loro accade nell'incontro con Gesù di Nazaret. Per tutti e tre si tratta di un "passaggio", di una Pasqua dunque. Per la donna è il passare dalla solitudine alla comunione; per il cieco è il transito dalle tenebre alla luce; per Lazzaro è la risurrezione, l'emergere alla vita dalla morte. E il bello è che non si può dire che un prodigio è superiore all'altro, perché i tre si richiamano, si postulano l'un l'altro, solo l'incrocio delle tre storie dà pieno significato a ciascuna di esse. La donna veramente passa dalle tenebre di una solitudine prigioniera alla pienezza dell'incontro nuziale con il Figlio di Dio; così come il cieco rinasce alla vita ed esce dall'isolamento angosciante della sua cecità mendicante; e Lazzaro nasce ad una vita nuova che non è ripresa di quella vecchia, ma piena di una luce che lo fa testimone del Cristo e intimamente assimilato a Lui.

Non perdiamo di vista questo straordinario intreccio: così facendo, ognuno di noi potrà "aggiungere" a queste tre meravigliose vicende la sua piccola, eppure proprio per questa assimilazione, miracolosa esperienza della Pasqua del Signore così come in lui si è attuata. In particolare poi, oggi ci viene regalato, attraverso l'incontro tra il Signore e questa donna, il mistero della comunione nuziale, dono supremo della vita, elemento sostanziale della fede, cuore dell'esperienza sapienziale ebraico-cristiana.

La comunione è la nostra vera condizione di salvezza. La solitudine, per quanto riparata di mezzi e aggressiva per orgoglio, è miseria, è prossimità di morte. La stanchezza assetata del Cristo accanto al pozzo è l'assumersi da parte di Dio di quella sete che nell'Esodo grida la disperazione dell'umanità nel deserto della storia: questa sete lo accompagnerà sino all'"ho sete" della Croce, ma quella Croce sarà il principio di una fonte zampillante sino alla vita eterna, è quel "morire per noi" che Paolo ricorda nella sua lettera ai Romani per dire in che modo Gesù ci ha tratti dalla morte alla vita per un'esistenza nutrita per sempre dalla sua comunione d'amore con ciascuno e con tutti.