Il Presepe di quest’anno prende spunto da un’idea dell’amica Carla M. venuta fuori in occasione di una riunione dei diaconi. Carla aveva suggerito un presepe “diffuso” e frazionato in tanti piccoli “riquadri” da sistemare sui banchi della chiesa negli spazi vuoti a causa del distanziamento. Ripensando questa idea è maturato il progetto che vediamo realizzato e che, secondo noi, meglio si adattava alla sistemazione della chiesa a causa della pandemia.

Abbiamo allestito un presepe stretto e lungo (larghezza 70÷80 cm, lunghezza 8 m circa) in appoggio e in mezzo alla serie di banchi centrali della chiesa. Il presepe occupa lo spazio centrale dei banchi che, causa covid, è interdetto alle persone. Si è creata una sorta di corsia stretta e lunga dove è sistemata la teoria di pastori, pecore, personaggi, casine e quant’altro che, partendo dall’ingresso della chiesa, si conclude di fronte al presbiterio dove è posta la scena della Natività.

L’allestimento si è prestato all’apporto di persone e famiglie che hanno potuto ciascuna portare o contribuire a una porzione di presepe. Il tutto con l’approvazione convinta del parroco don Francesco.

Per una documentazione visiva un po’ più estesa:
v. album in Google foto a questo link: https://photos.app.goo.gl/n1ShTmKGVkMhkLiU9
V. anche un breve filmato su you tube: https://youtu.be/VRkBPQNuE3s

Un presepe da vedere
(di Vincenzo Balzani)

(L’articolo di Vincenzo è stato pubblicato su “Bologna Sette” di domenica 10 gennaio 2021. V. link al file pdf)

Nella chiesa che frequento, Sammartini di Crevalcore, c’è un presepe non usuale, che vale la pena vedere. Il tutto è nato da un’idea di una nostra parrocchiana, Carla M.: “La pandemia ci separa, quest’anno dobbiamo fare un presepe che unisce”. Ecco allora che si costituisce un think tank di 6-7 parrocchiani, fra cui alcuni diaconi. Si siedono attorno a un grande tavolo per una discussione preliminare, distanziati come prescrive la legge e tutti rigorosamente con mascherina. Saltano fuori molte idee su come mettere in atto il suggerimento “un presepe che unisce”. Poi il gruppo entra in chiesa per cercare di capire, nella realtà, come fare.

La chiesa di Sammartini non è molto grande: ha quattro cappelle laterali e una navata centrale. Il presepe si è sempre fatto nella prima cappella laterale, a sinistra. Qualcuno suggerisce di mantenere quella localizzazione, cambiando però lo schema usuale: non più la capanna della natività in un angolo della scena, ma in mezzo, come punto di convergenza per i pastori che accorrono da varie direzioni. Buona idea; ma, qualcuno obietta: il presepe di quest’anno deve unire noi, oggi, deve parlare di noi. Un altro, allora, propone di spostare il presepe dalla prima alla seconda cappella, in modo che sia più vicino all’altare, un po’ più al centro della chiesa. Per essere al centro, osserva un altro componente del gruppo, andrebbe fatto nella navata; che però è occupata da 18 banchi, ciascuno con sedile e inginocchiatoio, ordinati su tre file.

In tempi normali, su ciascun banco potevano sedere 4 persone. Ora però, a causa del necessario distanziamento, ce ne possono stare solo due. Infatti, i due posti centrali sono sbarrati da vistosi nastri di plastica. Guardando quei posti che devono in ogni caso rimanere vuoti, qualcuno suggerisce: facciamo un piccolo presepe sui due posti centrali, vuoti, del primo banco. Altri commentano: avrebbe un grande significato, ma sarebbe un presepe troppo piccolo. Ecco allora che nasce un’altra idea: facciamo un presepe “diffuso”, frazionato in tanti piccoli riquadri, su ogni spazio tenuto vuoto per distanziare le persone. Un presepe fra la gente, che tenga unita la gente. Ma un presepe così “diffuso”, qualcuno nota, unirebbe, tramite ciascun riquadro, solo le due persone che lo affiancano nello stesso banco. Bisogna fare di più. Bisogna che il presepe sia unico e che unisca tutti. Ecco allora che salta fuori l’idea geniale: facciamo un presepio diffuso ma lungo, che unisca le persone non solo dello stesso banco, ma anche di tutti i banchi, almeno quelli della fila centrale. Si giunge così al progetto definitivo: un presepe stretto quanto la distanza che separa le due persone dello stesso banco (poco più di un metro), ma lungo come tutta la fila dei banchi centrali (circa otto metri), appoggiato sui banchi stessi. Una corsia centrale, una specie di lungo ponte che collega la porta di ingresso all’altare e che tiene unite le persone che si trovano nella parte sinistra e nella parte destra della navata.

Quest’ultima idea piace a tutti e tutti si mettono al lavoro: bisogna trovare assi di legno per fare la strada-ponte sopra i banchi, poi i materiali per riprodurre  i paesaggi del presepe: la sabbia del deserto, i pozzi d’acqua delle oasi, le tende, le casupole da collocare fra le strade ghiaiose; poi i personaggi classici del presepe: i mercanti con i loro cammelli, pecore e pastori vicino a ciuffi d’erba, gli artigiani che spuntano dai loro luoghi di lavoro, le donne che vanno ad attingere acqua. E le statuine debbono essere di diverse dimensioni, per dare un’idea della prospettiva. Tutti i personaggi, poi, debbono essere protesi o addirittura incamminati verso la capanna con tetto di paglia posta là, in fondo, vicino all’altare: la capanna dove è nato Gesù, circondato dall’affetto di Maria e Giuseppe e tenuto al caldo dal respiro del bue e dell’asinello. Infine, si passa alla cura dei dettagli: come mettere le luci nella stalla della natività e delle casupole lungo la via, come collocare, davanti alla stalla, le statuine di persone che si interrogano, con facce stupite, su ciò che quella notte è accaduto.

Si è fatto, così, un bel presepe. Da un lato molto tradizionale, dall’altro capace di esprimere bene il significato di questo Natale: tenere assieme la gente, indirizzarla verso il Salvatore che è sceso sulla Terra per immergersi nelle vicissitudini e nelle difficoltà della storia, delle nostre singole vicende; il Salvatore, che ci incoraggia a custodire la nostra casa comune, il pianeta che ci è stato affidato; che ci chiede di costruire ponti: non barriere di filo spinato per impedire le migrazioni dei poveri verso le nazioni ricche, o muri di cemento per separare popoli che non si amano, come oggi accade nella Terra dove Gesù è nato, oppure barriere economiche e commerciali per rapinare i beni dei paesi in via di sviluppo e proteggere gli interessi dei nostri paesi ricchi.

Il presepe di Sammartini è una strada-ponte molto popolata che incominciando sulla porta della chiesa e terminando sull’altare vuole significare che basta entrare e subito si trova una via già tracciata che tutti (fratelli tutti, come dice papa Francesco) possono percorrere per (ri-trovare la fede in un Dio che ci ama e che per salvarci ha mandato suo Figlio Gesù a morire sulla croce.

Vincenzo Balzani