1Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, 2nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, 3e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, 4a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.
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E’ una parola molto bella quella che oggi apre il nostro cammino nella Lettera di Paolo a Tito, ma di non facile resa in italiano. In questo “indirizzo” si vogliono delineare le grandi linee del dono e della comunicazione della Parola di Dio.
Paolo si definisce servo (anzi, “schiavo”) di Dio: non è una condizione servile, anzi è la vera piena libertà da ogni idolo, ma è anche la dedizione totale della vita. E questo non è solo del ministero apostolico, ma lo è di ogni esistenza chiamata alla salvezza. E si qualifica come “apostolo di Gesù Cristo”, cioè come mandato ad annunciarlo, dove questo “annuncio” coinvolge e avvolge tutta l’esistenza. Pur essendo compito affidato a tutti, l’apostolo si trova nella condizione eccezionale di essere testimone diretto di quello che ha visto e udito del Signore e dal Signore, ed egli considera il suo incontro con Gesù sulla via di Damasco come la fondamentale esperienza che ne ha fatto l’apostolo.
Ed è apostolo in relazione alla fede degli “eletti di Dio” (la traduzione italiana li definisce come “quelli che Dio ha scelto”), e alla “conoscenza della verità” (così, alla lettera). Una verità che è “in relazione alla pietà”: significa non una verità astratta, filosofia e teologica, ma un’esperienza-conoscenza del mistero di Dio, che fa nuova l’esistenza di chi la riceve. Esistenza che è tutta orientata alla “speranza della vita eterna”, che non è solo e non è tanto una “quantità” del tempo, ma la sua “qualità”, perché la vita eterna è la vita stessa di Dio in noi.
Questa “vita” è stata promessa da Dio stesso fin dal principio e consegnata storicamente alla grande “profezia” ebraica, e da Lui “manifestata al tempo stabilito”, cioè nella pienezza dei tempi, nel tempo della salvezza. Gesù è questa pienezza e questa salvezza! E Gesù viene “predicato”, cioè annunciato, svelato e donato attraverso il ministero apostolico, qui il ministero di Paolo: “la predicazione a me affidata” egli dice al ver.3. Affidata a lui “per ordine di Dio, nostro salvatore”.
Il ver.4 annuncia Tito come il destinatario privilegiato di una lettera che peraltro è destinata ad essere conosciuta da molti, da molte chiese. Tito è “vero figlio” di Paolo. Cioè autentico, fidato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Piccoli particolari: “schiavo di Dio”! E tali siamo tutti noi, ma Dio ha preferito un rapporto padre-figli, e figli in effetti noi siamo chiamati e realmente siamo. – La verità-pietà che vogliamo sperimentare e far sperimentare: non la verità dottrinale, quel dogma, quella ortodossia, che ci ha assillati in passato, ma la verità su Dio e sull’uomo, manifestataci da Gesù, in cui la nostra vita si immerge. – “Dio non mente”, si dice al v.2: sappiamo che Egli non si smentisce mai, perché così ha voluto; Egli è verace o, come dicono spesso le Scritture, è un Dio fedele. – “La predicazione a me affidata – dice Paolo – per ordine di Dio”: come ci piacerebbe aver chiaro cosa Egli ordina a noi…, in modo che le sue aspettative non siano deluse e non gli venga a mancare quel piccolo contributo che noi possiamo dare. –