1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Sull’ottava. Salmo. Di Davide.
2 Signore, non punirmi nella tua ira,
non castigarmi nel tuo furore.
3 Pietà di me, Signore, sono sfinito;
guariscimi, Signore: tremano le mie ossa.
4 Trema tutta l’anima mia.
Ma tu, Signore, fino a quando?
5 Ritorna, Signore, libera la mia vita,
salvami per la tua misericordia.
6 Nessuno tra i morti ti ricorda.
Chi negli inferi canta le tue lodi?
7 Sono stremato dai miei lamenti,
ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio,
bagno di lacrime il mio letto.
8 I miei occhi nel dolore si consumano,
invecchiano fra tante mie afflizioni.
9 Via da me, voi tutti che fate il male:
il Signore ascolta la voce del mio pianto.
10 Il Signore ascolta la mia supplica,
il Signore accoglie la mia preghiera.
11 Si vergognino e tremino molto tutti i miei nemici,
tornino indietro e si vergognino all’istante.
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E’ una preghiera che parte da uno stato di estrema estenuazione quella del Salmo 6. Il segreto della sua forza sta proprio nella debolezza assoluta dell’orante. Non si negano le ragioni di questa punizione divina – perchè tale pare essere il motivo – ma si grida a Dio che in simile condizione nulla è possibile, se non appunto questa supplica. La condizione nella quale si trova chi prega è segnata da una specie di solitudine totale da Dio. Dio è assente e non agisce. “Ma tu Signore, fino a quando?”(ver.4). Sembra si voglia far notare a Dio che da parte nostra nulla è possibile mettere in atto.
Ed ecco allora la richiesta del ver.5: “Ritorna, Signore, libera la mia vita, salvami per la tua misericordia”. Dunque ci sono le colpe e ci sono i nemici, ma l’attenzione fondamentale del Salmo è rivolta alla relazione-non relazione con Dio. Ma la non-relazione con Dio è morte! Ecco tutta la forza drammatica del ver.6: “Nessuno tra i morti ti ricorda. Chi negli inferi canta le tue lodi”. Dunque fa parte dell’esperienza del credente la collocazione nella morte. La solitudine è morte. L’assenza di Dio è morte. Se Dio ci lascia in questa “morte”, chi canta le sue lodi? La provocazione è assoluta! Anche Dio resta solo, se nessuno lo invoca?
I vers.7-8 sono la descrizione drammatica di una vita immersa nel pianto e di occhi consumati, invecchiati nel dolore.
Ai vers.9 e 11 compaiono i “nemici” che forse qui non sono come abbiamo visto nei salmi precedenti le potenze che aggrediscono e imprigionano nel male. Forse qui i nemici sono quelli che vogliono convincere il credente della sua solitudine rispetto a Dio. Che vogliono quindi spegnere la preghiera, e con essa la speranza. Infatti il ver.10 sembra un grido che a questa ipotesi si ribella: “Il Signore ascolta la mia supplica, il Signore accoglie la mia preghiera”. E’ dunque una situazione, ed è una preghiera, che sembra alludere all’angoscia del Getsemani, come esperienza anticipata della morte. E come angosciata connessione tra la morte e l’eventualità che Dio ci abbia abbandonati.
Così, possiamo accogliere con attenta gratitudine quello che Gesù rivela e attua pienamente, e cioè l’evento pasquale come esperienza fondamentale del credente. Ogni azione divina è liberazione dalla solitudine e dalla morte. E’ principio di vita nuova dove il male e la morte sono vinti. Quando il credente si volge indietro nella memoria della sua vita, coglie come “morte” la sua condizione di vita prima dell’evento di salvezza che dalla signorìa del male e della morte lo ha strappato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il povero orante di oggi sembra essere una persona malata. Una traduzione rende più evidente lo stato in cui egli si trova: ha svenimenti (trad. CEI: “sono sfinito”), ha le ossa slogate (CEI: “tremano le mie ossa”), e le ossa sono il sostegno di tutto il corpo; ha l’affanno e gli manca il respiro (CEI: “trema tutta l’anima mia”), e il respiro è la nostra vita! C’è il pianto della notte, c’è la solitudine e si affaccia l’idea della morte… Ci sono anche le colpe commesse, come sembra di capire dai primi versetti. Cosa può chiedere a Dio il povero orante? “Via da me” tutti questi nemici: malattia, dolore, depressione, solitudine, colpe commesse, gente che mi critica e mi osteggia… Signore, salva la mia vita…! –
“Il Signore ha esaudito la mia supplica, / il Signore ha accolto la mia preghiera”(v.10).
“Il Signore ascolta la voce del mio pianto”. Avevamo visto nel salmo precedente la fede dell’orante che il Signore ascolta la sua preghiera. Ora la voce della preghiera diventa la voce del pianto, pianto grande, che è come una inondazione (v.7), e che il Signore ascolta. Abbiamo ricordato alcuni passi in ci il pianto è ascoltato: il re Ezechia, dopo che Isaia gli annuncia la sua morte prossima; la vedova e più in generale i miseri in Sir. 35: non trascura la supplica dell’orfano né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare?..La preghiera dell’umile penetra le nubi, finchè non sia arrivata non si contenta…(vedi anche la preghiera continua della vedova in Lk 18); fino ad arrivare a Giovanni nell’Apocalisse che piange perché non c’è nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo.
Fin dai tempi dell’Egitto la Scrittura ci mostra come Dio non può rimanere insensibile al grido di dolore, alla voce del pianto del suo popolo; e questo è principio di liberazione, come anche oggi il salmista percepisce: via da me voi tutti che fate il male: il Signore ascolta la voce del mio pianto
Oggi nel Vangelo Gesù è riconosciuto come il Cristo di Dio; ma il Cristo di Dio è il figlio dell’uomo che partecipa fino in fondo nella nostra condizione umana, nella sua contraddizione, fino alla morte. Partecipa e raccoglie dunque il dolore e il pianto grande dell’umanità, e in questo modo ne è anche la risposta da parte di Dio. La festa di domani del Battesimo del Signore ne è segno eloquente.
Un carissimo saluto a Giovanni, Gabriele, Govanni Paolo, e alla Maria che festeggia in cielo.