1 Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso.
2 Tu sei il Dio della mia difesa:
perché mi respingi?
Perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?
3 Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
4 Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
5 Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
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Questo Salmo viene considerato un prolungamento del precedente. Oggi sembra più affermata la relazione tipica e profonda tra Dio e i suoi figli: la salvezza da un nemico più forte che solo Dio può scacciare. Al ver.1 tale nemico viene qualificato come “gente spietata”, e si può riconoscere nelle grandi potenze che di tempo in tempo invadono e opprimono il piccolo Popolo del Signore. Ma può trattarsi anche di una cultura radicalmente avversa alla fede di Israele, o di una religione idolatrica cui il credente non vuole acconsentire. L’espressione “liberami dall’uomo perfido e perverso”, può essere inteso nello stesso senso, ma, senza cedere a intimismi, può anche significare quel “nemico” che ognuno trova nella sua stessa persona, pensiero o passione che lo domina e che gli impedisce la comunione con Dio libera e di pace. La preghiera diventa domanda provocatoria rivolta a Dio (ver.2), quando Egli sembra assente dalla lotta e dalla tribolazione del credente, che si trova “oppresso dal nemico”. Questo “Nemico” assume con Gesù la sua più profonda fisionomia. Non è più un nemico in carne e ossa – quello contro il quale si sono fatte e si vogliono fare le crociate! – ma è l’avversario della nostra comunione con i Signore e tra noi, è il “diavolo”, cioè colui che ci accusa davanti a Dio giorno e notte. È il “signore” del male e della morte che Gesù è venuto a scacciare dai nostri cuori. E’ quel “Male” che ognuno di noi conosce e sperimenta come più forte di noi, e da cui solo il Signore ci può liberare. E’ il nostro “Egitto” più profondo, quello di cui l’antica schiavitù dei padri in Egitto era immagine e profezia..
Ma Dio manda la sua luce e la sua verità: Gesù! E’ Lui che ci conduce alla “santa montagna” e alla “dimora” del Padre. Così, in Gesù, possiamo ascoltare il ver.3. Del ver.4 la versione “greca” ci dà una variante rispetto al testo ebraico che noi abbiamo nella traduzione italiana, e ci comunica una nota che non si prevedeva, e cioè la “giovinezza” di chi sta pregando il Signore. Dice: “Mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che rallegra la mia giovinezza”. Nel Salmo precedente si poteva pensare ad un anziano che, come abbiamo visto al ver.5, sembra ricordare un passato felice ormai lontano.
Il Salmo si chiude con una ripresa del dialogo tra l’orante e la sua anima, e con l’invito ad uscire dalla tristezza e ad entrare nella speranza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Siamo particolarmente affezionati a questi versetti: sono stati ripetuti per secoli (dal Concilio di Trento in poi, credo) dal sacerdote prima di salire all’altare per la celebrazione eucaristica. “Introibo ad altare Dei”. “Ad Deum qui laetificat juventutem meam”… – Tra le varie, dense espressioni, colpisce quella preghiera: “Manda la tua luce e la tua verità”(v.3). Alcune Bibbie mettono in maiuscolo i due termini, Verità e Luce; sono considerate, infatti, due personificazioni, due inviati di Dio, che devono condurre l’orante al monte santo, al tempio e all’altare: di nuovo unito al suo Salvatore. Per noi – come ha accennato don Giovanni – Verità e Luce sono Gesù…