1 Canto delle salite. Di Davide.
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
2 Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
3 Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.
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Non è soltanto un invito all’umiltà il ver.1 del Salmo. Qui è fondamentale il chiarimento su quello che caratterizza in modo assoluto la fede ebraico-cristiana, e la contrappone sia all’ “istinto religioso”, sia alla grande tradizione delle spiritualità orientali, come l’induismo e il buddismo. Il cristianesimo, però, non ha sempre custodito quello che oggi noi riceviamo come contenuto essenziale di questa piccola straordinaria preghiera, che avverto come un vero “atto di fede”, una conferma e una sempre nuova “conversione”. La “religione” è nel suo istintivo sentimento una grande proposta di salita e di crescita, ma proprio questa ipotesi è ciò che nella rivelazione biblica, in quel testo fondamentale che è Genesi 3, diventa addirittura “il peccato originale”, l’origine di ogni peccato: la conquista di Dio, fino a diventare come Lui! Quindi, il “non si esalta il mio cuore” e le altre negazioni del ver.1, sono, “in negativo”, la presentazione e l’atto di fede della nostra tradizione spirituale. Dunque, non si diventa grandi né si cercano “cose grandi, né meraviglie più alte di me”. Il pericolo dell’idolatria e dell’auto-idolatria è altissimo.
La splendida immagine del bimbo svezzato in braccio a sua madre è invece la grande via della nostra fede e di tutta la nostra vita. Mi sembra che sia importante anche la precisazione che quel bimbo è “svezzato”: quello che era nel “lattante” un fatto biologico e istintivo, diventa norma e sapienza nella crescita della persona come nella vita della comunità credente. Bisogna rimanere piccoli e diventarlo sempre più! E di più! Questo è il fondamentale atteggiamento interiore di ognuno: vegliare a che la nostra anima, cioè la profondità della nostra persone e della nostra vita, sia sempre come “un bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Mi piace la traduzione italiana della versione greca, che al ver.2 dice, reagendo all’ipotesi di crescita e di grandezza del ver.1: “No, sentivo umilmente e non ho innalzato l’anima mia…”. Credo importante considerare come parte essenziale di questa “piccolezza” che chiede l’umiltà, la nostra stessa vicenda di poveri peccatori!
Il ver.3 è appunto l’estensione a tutta la comunità dell’atteggiamento interiore profondo di ognuno. Piccoli, nella nostra consapevole e accolta piccolezza, attendiamo “il Signore, da ora e per sempre”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Qualunque sia l’intenzione del salmista in quell’immagine del bambino svezzato, la possiamo estendere – io credo – alla nostra relazione con Dio: che bello essere come bambini svezzati, ma ancora impotenti, incapaci, nelle braccia del Padre nostro! Possiamo essere gioiosi e spensierati, perché lui provvede a tutto come la madre. Gesù ce lo ha insegnato: Dio ha cura di noi fin nelle più piccole cose; anche i capelli del nostro capo sono tutti contati; tutto si volge in bene per coloro che Egli ama e che hanno fiducia in lui.