1 Canto delle salite.
Quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza
– lo dica Israele -,
2 quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza,
ma su di me non hanno prevalso!
3 Sul mio dorso hanno arato gli aratori,
hanno scavato lunghi solchi.
4 Il Signore è giusto:
ha spezzato le funi dei malvagi.
5 Si vergognino e volgano le spalle
tutti quelli che odiano Sion.
6 Siano come l’erba dei tetti:
prima che sia strappata, è già secca;
7 non riempie la mano al mietitore
né il grembo a chi raccoglie covoni.
8 I passanti non possono dire:
«La benedizione del Signore sia su di voi,
9 vi benediciamo nel nome del Signore».
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Non sarebbe una vera “salita” a Gerusalemme questo viaggio verso la Pasqua, se non fosse anche il ricordo realistico di una storia difficile, tribolata e angariata, nella quale Dio ha mostrato e attuato tutta la sua volontà di salvezza nei confronti del piccolo Popolo che Egli ha eletto come suo Popolo. Anche oggi facciamoci aiutare da Maria di Nazaret che nella casa di Elisabetta canta : “Il Signore ha guardato alla miseria della sua serva”, e a partire da questo ha interpretato tutta la storia ,anche una storia universale, come opera di liberazione e di riscatto a favore dei piccoli e dei poveri: tale è la storia della salvezza, la nostra storia! La “persecuzione” da parte del Male, di cui dicono i vers.1-2, ognuno di noi l’ha ben sperimentata, insieme appunto ai grandi regali ricevuti dal Signore: chi in una malattia, chi nei limiti della sua persona, chi in prove interiori di grande travaglio, chi in ingiustizie subite… Ma questi assalti negativi, dice il Salmista (Gesù stesso, ognuno di noi, il popolo di Dio, il popolo mondiale dei piccoli e dei poveri) “su di me non hanno prevalso”! Eppure sono state vicende e situazioni del tutto più forti di chi le ha subite: così dice il ver.3 con la veristica immagine di un campo arato che porta ancora “i lunghi solchi” che ricordano i mali subiti e attraversati! Il ricordo dell’antica schiavitù egiziana è il necessario punto di partenza della memoria pasquale della liberazione operata dal Signore che ha trasformato una moltitudine di poveri schiavi nel suo Popolo amato.
La giustizia di Dio non è la giustizia umana e mondana dove quasi sempre si giustifica e si razionalizza la potenza dei poteri forti. “Il Signore è giusto: ha spezzato le funi dei malvagi” (ver.4). Il dono della fede è liberazione! Ed è liberazione dal male e dalla sua potenza. Questo fa molto pensare noi, che forse spesso rischiamo di identificare la fede con un sistema di leggi e di regole che possono sembrare addirittura più dure – e persino disumane – delle “regole” del mondo, che sono certamente implacabili, ma che si servono di elementi seduttivi e ingannevoli. E’ dunque impossibile portare l’annuncio della fede se non è prima di tutto una buona notizia di liberazione e di libertà! Se ci sono “regole” della fede, non possono che essere regole per custodire la libertà che Dio ha donato.
I “nemici”, quelli che “odiano Sion”, cioè avversano l’elezione d’amore che Dio le ha donato, nemici morali e spirituali, economici e culturali… “si vergognino e volgano le spalle” (ver.5) davanti alla luminosa potenza della Buona Notizia evangelica. Di questi nemici viene mostrata la sostanziale fragilità: come “l’erba dei tetti: prima che sia strappata è già secca”! Non c’è neanche bisogno di strapparla, perché il Vangelo ne mostra la reale inconsistenza. Il male “non riempie la mano al mietitore né il grembo a chi raccoglie i covoni” (ver.7). Un pugno di mosche, dice il nostro linguaggio popolare. E certamente, davanti alla bellezza e alla bontà del Vangelo di Gesù, “i passanti (sono quelli che in qualche modo il male l’hanno magari anche conosciuto e subìto?) non possono dire: La benedizione del Signore sia su di voi, vi benediciamo nel nome del Signore”. Purtroppo talvolta vengono benedette le armi e difese le ingiustizie e le rapine!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Com’è forte quel v.3: “Sul mio dorso hanno arato gli aratori…” Gesù ha vissuto questa esperienza in modo drammatico; e anche ognuno di noi sa quali solchi sono stati scavati nel suo animo, nella sua esistenza, momenti di dolore, di fatica, per i “nemici” interiori a noi stessi e talvolta anche esteriori. Ma “il Signore è giusto”, è fedele nel suo amore e spezza le funi che ci legano e ci imprigionano. Il Male che ci assale è destinato a volatilizzarsi, come l’erba sui tetti che non ha radici e non si riesce nemmeno a mieterla o a raccoglierla. – Quella benedizione finale, che i passanti non possono dire, noi invece ce la possiamo ripetere a vicenda, come certezza e come augurio: “La benedizione del Signore sia su di voi…”