Vau. 41 Venga a me, Signore, il tuo amore,
la tua salvezza secondo la tua promessa.
42 A chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43 Non togliere dalla mia bocca la parola vera,
perché spero nei tuoi giudizi.
44 Osserverò continuamente la tua legge,
in eterno, per sempre.
45 Camminerò in un luogo spazioso,
perché ho ricercato i tuoi precetti.
46 Davanti ai re parlerò dei tuoi insegnamenti
e non dovrò vergognarmi.
47 La mia delizia sarà nei tuoi comandi,
che io amo.
48 Alzerò le mani verso i tuoi comandi che amo,
mediterò i tuoi decreti.
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Il ver.41 si può preziosamente custodire a memoria perché in pochissime parole raccoglie una mirabile sintesi della nostra fede ebraico-cristiana: la preghiera che domanda; il dono che è fonte di ogni altro dono di Dio: l’amore; la salvezza che è la vita nuova che solo Dio può regalare; e tutto questo nell’evento e nella comunione con la sua Parola. Pensiamo anche a quell’esordio del Salmo 69(70) che la Chiesa ci propone per l’inizio di ogni nostro appuntamento di preghiera: “Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto”. La Parola del Signore è la risposta da dare a chiunque ci insulta: così ascoltiamo al ver.42, che mi piace interpretare in due direzioni: da una parte è la Parola capace di respingere ogni aggressione alla nostra vita di fede; dall’altra è la luminosa prospettiva di rispondere con il bene, cioè con la Parola del Signore, al male che ci aggredisce.
Tale è il segreto e la potenza, secondo i vers.43-45, della Parola di Dio che è il fondamento della nostra speranza e di cui non possiamo quindi fare a meno (ver.43), e che è ormai il nostro vero nutrimento per tutto il cammino della nostra vita (ver.44), “luogo spazioso”, dice il ver.45, orizzonte grande, libero e sicuro nel quale possiamo camminare, anche noi liberi, e appassionati ricercatori dei precetti divini.
La nostra vita di fede, se da una parte ci espone agli “insulti” di cui ascoltavamo al ver.42, dall’altra ci porta a parlare degli insegnamenti del Signore “davanti ai re”, senza vergogna (ver.46). Non sono infatti Parole che traiamo da noi stessi, ma alle quali obbediamo con gioia, perché le amiamo e le meditiamo (vers.47-48).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Oggi ci ritroviamo tra due poli: l’amore di Dio e quello del suo fedele orante. L’amore di Dio, la sua misericordiosa tenerezza, sono richiesti e sicuramente ottenuti “secondo la promessa”, secondo l’impegno che Lui stesso si è preso. Il fedele risponde con il suo amore, ribadito due volte negli ultimi versetti. Tra questi due poli si può camminare “in un luogo spazioso” o “con un cuore dilatato”, come si diceva al v.32. Bello quell’alzare le mani finale verso le parole di Dio, anzi verso la Parola di Dio, che è il Signore nostro Gesù, come gesto di preghiera ma pure di accoglienza e di abbraccio.