..ma come si fa, don Giovanni, quando si arriva in fondo, quando non c’è proprio più niente da fare? Per anni ho lottato con mio figlio dicendo che era pazzesco considerare la droga come un fumo innocuo, senza conseguenze…Poi, passo passo, ho dovuto assistere sempre più impotente all’abisso in cui nostro figlio precipitava. Non voglio e non posso parlar male di nessuno, ma nè la scuola e neppure la parrocchia sono stati luoghi di aiuto e di riscatto. Mia moglie è morta due anni fa e adesso siamo solo noi, io e lui, mio figlio, davanti alla tragedia che lui stesso non riesce più a controllare…(messaggio firmato)

Carissimo amico, innanzi tutto desidero dirle tutta la mia affettuosa vicinanza. Sono ancora in un certo spazio di convalescenza per un guaio che mi è capitato, e appena torno a Bologna desidero che ci incontriamo. Non perchè presuma di poter fare qualcosa di importante, ma prima di tutto per camminare con lei.

Proprio in questi mesi meno facili per me ho sperimentato la meravigliosa e affettuosa sollecitudine dei miei figli e delle mie figlie, fratelli e sorelle della mia famiglia ecclesiale, insieme ai miei parrocchiani, e mi chiedo con sbalordimentto e ammirazione: e fossi solo? Per questo le voglio essere vicino! Però le dico subito: siccome dal resto della lettera capisco che lei ha il dono della fede di Gesù, cancelli dal suo vocabolario e soprattutto dal suo pensiero quel “non c’è proprio più niente da fare”, che ho riportato sopra. Questo noi non possiamo mai dirlo.

Per chi non ha il dono della fede fede, la caduta della speranza arriva facilmente, al punto che la speranza stessa non ha un gran posto nella considerazione comune, perchè troppo spesso è parente prossima dell’illusione. Per noi, però non è così! Per noi ,mi creda, la speranza è un obbligo. Da Gesù, dalla sua morte e risurrezione, a noi è proibito disperare. Anzi, per noi la speranza è un comandamento, e in certe situazioni, come la sua, il comandamento più importante!

Il Signore ci caccia dentro a turbini spaventosi di ferita e di fatica, perchè vuole che non ci sia spazio, anche il più spaventoso, che non sia visitato dalla sua carezza. Intanto, che fare, subito, oggi? Non conosco la condizione di suo figlio direttamente. Ricordo che don Giuseppe, in una riunione in cui gli esperti e gli addetti si chiedevano quali estremi rimedi in tali frangenti, diceva che la sua speranza era quella di poter leggere tutto il Vangelo ad un ragazzo così ferito, prima che ci lasciasse da questo mondo. E se anche questo fosse troppo tardi per farlo? Allora lo accompagneremo con il pianto del nostro amore e della nostra preghiera. Gli saremo vicinissimi.

E abbiamo anche l’aiuto e la protezione della sua mamma che in ogni modo lo aspetta. Mi è capitato che qualche volta qualcuno non se ne andasse da questo mondo se prima non lo si era congedato nella luce del Signore. Arrivederci presto. Un abbraccio. Giovanni.