1 Il Signore parlò a Mosè e disse: 2 «Fatti due trombe d’argento; le farai d’argento lavorato a martello e ti serviranno per convocare la comunità e per far muovere gli accampamenti.
3 Quando si suonerà con esse, tutta la comunità si radunerà presso di te all’ingresso della tenda del convegno. 4 Al suono di una tromba sola, si raduneranno presso di te i prìncipi, capi delle migliaia d’Israele.
5 Quando le suonerete a squillo disteso, gli accampamenti che sono a levante si metteranno in cammino. 6 Quando le suonerete a squillo disteso una seconda volta, si metteranno in cammino gli accampamenti posti a mezzogiorno. A squillo disteso si suonerà per i loro spostamenti.
7 Per radunare l’assemblea, suonerete, ma non con squillo disteso. 8 I sacerdoti figli di Aronne suoneranno le trombe; sarà per voi un rito perenne di generazione in generazione.
9 Quando nella vostra terra entrerete in guerra contro l’avversario che vi attaccherà, suonerete le trombe a squillo disteso e sarete ricordati davanti al Signore, vostro Dio, e sarete salvati dai vostri nemici.
10 Nel vostro giorno di gioia, nelle vostre solennità e al principio dei vostri mesi, suonerete le trombe durante i vostri olocausti e i vostri sacrifici di comunione. Esse saranno per voi un richiamo davanti al vostro Dio. Io sono il Signore, vostro Dio».
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A conclusione della prima parte del libro, e prima che riprenda il viaggio nel Sinai, il redattore ci parla delle due trombe d’argento: un’opera d’arte (“argento lavorato a martello”), di cui abbiamo testimonianza anche sull’arco di Tito, a Roma. Dovevano servire a convocare la comunità tutta, o solo i capi, o a dare il segnale della partenza per una successiva tappa del viaggio nel Sinai. Sono soprattutto i vv. 9-10 a dirci come la fede di Israele vedeva queste trombe: il loro suono era un atto di preghiera, una invocazione di aiuto, o anche solo un’espressione di ringraziamento, di festa e di gioia. Per dire a Dio di ricordarsi, di salvare… o dirgli semplicemente grazie.
Propongo come interpretazione globale del nostro testo che le trombe siano lo squillare della Parola; quando cioè la Parola viene detta, ascoltata, e, più profondamente, donata. E mi sembra interessante che proprio perchè “squilla”, già in se stessa proponga un’ulteriorità. Provo a spiegarmi perchè non si creino fraintendimenti inutili e dannosi. Nella Parola si può dire che c’è già tutto. Ma questa stessa Parola esige imperiosamente passi ulteriori. Altrimenti ci potrebbe essere il pericolo di ridurre tutto ad un esercizio devoto, a qualcosa che, dopo detto, è tranquillamente liquidato. Ma…”il Verbo divenne carne e abitò in mezzo a noi”. Lo squillo delle trombe mi sembra proprio la profezia della suprema grazia che ci ha visitati: la pienezza dei tempi, l’interpretazione in Gesù di tutta la Parola donata da Dio al suo popolo, la sua destinazione universale, la grande lotta di liberazione dal male e dalla morte, la pienezza della comunione tra Dio e l’umanità…
Nella 1Corinti Paolo, al cap.14, stabilisce un rapporto tra l’immagine della tromba e il dono delle lingue. Questo dono viene dallo Spirito, ma deve essere interpretato, spiegato:”Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento?”(1Co14,8). Questo mi pare essere, profeticamente, il significato delle Parole che oggi il Signore ci regala.
Lo squillo delle trombe ha quattro scopi: convoca il popolo (vers.2-4), indice la partenza delle diverse parti dell’accampamento (vers.5-6), accompagna la guerra che il popolo deve combattere contro i suoi nemici (ver.9), ed esalta la preghiera e le feste di Israele (ver.10). Gli squilli per la convocazione e per l’invio sono rivolti al popolo. Quelli della guerra e delle feste sono rivolti a Dio e hanno lo scopo di “ricordare” al Signore il suo popolo, le sue buone battaglie contro il male e la morte, e confermare la comunione tra i figli d’Israele e il loro Dio. Nella celebrazione della Messa, nella memoria della Cena del Signore, noi facciamo questa “memoria”, in “ricordo”, cioè per ricordare al Padre il sacrificio d’amore del suo Figlio Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.