5 Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: 6 «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». 7 Gli disse: «Verrò e lo guarirò». 8 Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. 9 Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
10 Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! 11 Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, 12 mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». 13 E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito.
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PRIMA PARTE
vv. 7-8 “Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: “Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”. Le parole di oggi, che raccontano la guarigione del servo del centurione, sono legate al brano di ieri: entrambi, il lebbroso e il centurione, si sono avvicinati a Gesù. Sono consapevoli della situazione di malattia, loro o dei loro cari.
Alla fine del cap. 7 infatti avevamo letto che la gente si stupisce perché Gesù insegna con autorità e non come i loro scribi. Le parole del centurione: “Anch’ io, che sono un subalterno (= sotto a una autorità), ho soldati sotto di me e dico a uno: Fà questo, ed egli lo fa” (v.9), spiegano in che modo le parole di Gesù hanno autorità. Le Sue parole hanno autorità perché Lui è sotto a una autorità. La potenza del centurione gli deriva dalla sua obbedienza, dal suo essere sottomesso ad altri, come per Gesù, che nei capp. precedenti ha mostrato di essere nella condizione di figlio, e sottomesso alla autorità del Padre dei cieli. La fede di questo centurione deriva dalla sua consapevolezza che Gesù, per la Sua fede e obbedienza, ha autorità di chiedere e di fare.
Gesù ammira la fede di questo uomo pagano, e certo anche la sua premura per il suo servo. E’ in questo infatti, un esempio di Gesù e di Dio stesso che si cura dei Suoi servi, e non richiama più “servi” ma “amici”.
La risposta di Gesù: “Io verrò e lo curerò”, esprime tutto il mistero dell’incarnazione, e dell’amore di Dio per gli uomini, che viene per sanare con la potenza della Sua parole, parola che quando incontra – come qui – la fede, varca i confini di Israele: è per tutte le genti.
Il servo è “paralizzato”, cioè non può fare niente; ed è “tormentato”, verbo che tante volte nel N.T. è legato all’azione negativa del diavolo. Ed è usato a proposito della “tormenta” in cui si trova la barca sul lago; e anche quella è una prova della fede: Pietro chiede a Gesù di seguirlo sull’acqua, e gli viene concesso; e quando, per paura, comincia ad affondare, il Signore lo prende per mano e lo salva.
CONTINUA
SECONDA PARTE
Le parole del centurione “Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola…” sono entrate nel rito della Messa, affichè ogni volta che ci accostiamo a Gesù che viene nell’Eucarestia, lo facciamo con le disposizioni di fede e amore del centurione.
C’è anche una differenza tra il testo di oggi e quello di ieri. Gesù “tocca” il lebbroso, e abbiamo sottolineato l’importanza di questo toccare, per dargli guarigione e purificazione dalla sua malattia, e in qualche modo “caricarsene”. Oggi ci chiediamo perché mai Gesù non va a toccare il malato. Lo tocca in un altro modo: lo tocca con la sua parola, opp. lo tocca per mezzo della fede del centurione.
Gesù cura il servo del centurione: si prende cura di ogni singolo malato; come al cap. 4 avevamo visto che si prende cura delle moltitudini che hanno bisogno della sua parola curatrice. Gesù cura di sabato (secondo il brano parallelo di Marco, Gesù a Cafarnao ha pregato nella sinagoga di sabato), per dire al popolo di Israele che è giunta una visita nuova di Dio, per il popolo (il lebbroso) e per tutte le genti (il servo del centurione pagano). La Sua opera nel giorno del riposo di Dio mira a liberare gli uomini dal “potere” di satana e accostarli al potere di Dio che si è avvicinato loro: “E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’ anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?”. Così Gesù risponde a chi gli si oppone perché ha raddrizzato in giorno di sabato la donna curva (Lc 13:16).
IL centurione, con tutta la sua autorità, sa che da solo non può curare il suo servo malato, e per questo si rivolge a Gesù. Bisogna guardarsi da quanti, anche con argomenti religiosi, si auto-propongono come guaritori, come spesso vediamo tra gli “entusiasti” e “carismatici” dei nostri villaggi. Sappiamo che è potente a guarire è la misericordia e la fede di Gesù.
Gesù loda questo centurione perché ammira la sua fede e – probabilmente – anche perché vede rispecchiata in lui quella compassione che è di Dio, per la quale ha cura del suo servo – l’umanità malata – e viene per la sua guarigione, incarnandosi in Gesù per portare all’uomo salvezza.
D’altra parte, proprio per questo essere venuto, ed essersi “contaminato” con la povertà della condizione umana, malata e peccatrice, come Gesù oggi ancora sottolinea dicendo “Io verrò e lo curerò”, può dire che non c’è più pericolo di contaminazione nell’incontro con un pagano (Le parole: “Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”, forse vogliono suggerire questa necessità di precauzioni nel contatto con stranieri), anzi affermare che ormai “che molti verranno dall’ oriente e dall’ occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli!” (v. 11)