1 Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 3 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
![Le Famiglie della Visitazione](https://www.famigliedellavisitazione.it/wp/wp-content/uploads/2020/05/logo-famigliedellavisitazione2020-1.png)
Seleziona Pagina
PRIMA PARTE
Lo sguardo di Gesù, che ieri vedevamo posarsi sui primi suoi discepoli, ora, al ver.1, è rivolto alle “folle”. La preziosità di una storia visitata da Dio che ieri coglievamo nella vicenda dei pescatori, ora si dilata sulla moltitudine che, povera e bisognosa di salvezza, lo sta seguendo. Il coinvolgimento delle folle non è diretto, e Gesù parla ai suoi discepoli che si sono a Lui avvicinati. Quello sguardo alle folle mi sembra quindi “dedicato” ai discepoli, che dovranno ricordare questa destinazione universale del Vangelo del Signore. Si apre così questo lungo discorso di Gesù, il primo grande discorso che nel Vangelo di Matteo, con diversi paralleli in Luca, viene chiamato “il discorso della montagna”, in riferimento al monte sul quale il discorso viene pronunciato. Mentre nel testo parallelo di Luca 6,20, Gesù si rivolge direttamente ai discepoli – “Beati voi..” – qui Egli sembra voler parlare a tutti quelli che si incontreranno con lui, in tutte le generazioni e in tutte le terre, e culture e tradizioni..cui sarà annunciato il Vangelo. Questo primo discorso si può forse definire come la prima grande esposizione della nuova vita portata dal Figlio di Dio all’umanità.
La Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio viene tradizionalmente intitolata “le Beatitudini”, perchè per ben otto volte ritorna questo termine. Beato non dice una conquista o un merito, ma ancora una volta il dono di Dio. Il dono di Dio che raggiunge la condizione dell’uomo. L’uomo nuovo. Considero il testo delle beatitudini come un grande “indice” della vita cristiana, e quindi questa proclamazione come il grande esordio della predicazione di Gesù. Come volesse dirci in sintesi suprema qual’è il dono di Dio e dunque qual’è il volto profondo della vita cristiana. Con timidezza noi ascoltiamo oggi queste parole, che attendono di essere chiarite, illuminate e spiegate da tutta la vicenda evangelica, cioè da tutta la vicenda di Gesù tra noi! La beatitudine infatti non si può intendere che come il dono di partecipazione alla sua persona e alla sua stessa vita. Beata è la vita che, almeno per qualche aspetto, può “celebrare” in sè la Persona e la vita del Signore. Proprio per questo, non può essere che dono!
(segue)
(continua)
Ritengo che la prima beatitudine, quella dei “poveri in spirito”, sia la più importante, quella che in certo modo comprende tutte le altre, il grande “segreto” del Figlio di Dio e la prospettiva gloriosa dell’umanità nuova. Non possiamo affrontare qui un tema così grande! Mi limito a suggerire per chi avesse tempo, di tornare per un attimo al testo di Genesi 3, e a come l’uomo venga ingannato, e si ponga alla “conquista di Dio” – “diventerete simili a Lui” dice l’ingannatore – ripudiando questa condizione beata di povertà!
Ma come può essere “beatitudine” la condizione dei poveri, e in particolare quella dei “poveri in spirito”? E chi sono questi “poveri in spirito”? Continuate a non fidarvi di me. Così sono più tranquillo nel dirvi quello che la strada nella Parola mi ha dato, soprattutto in questi ultimi anni. Credo che la povertà in spirito sia la felice condizione dell’uomo che nulla ha, nulla sa, nulla fa, e persino nulla è, se non quello che ha, sa, fa , è, perchè tutto riceve in dono. Ebbene questo uomo, questo uomo nuovo, questo uomo beato, è Gesù! Di fronte all’uomo della vecchia creazione che vuole conquistare Dio per essere dio e non avere più bisogno di Dio, c’è ora l’uomo nuovo, figlio di Dio, partecipe intimo della vita divina, che “osa” chiamare Dio “Padre nostro”, perchè tutto da Dio riceve. La povertà di spirito è beata perchè tutto deve ricevere. Nulla può e vuole conquistare , capire, fare…ma solo essere e vivere nel dono di Dio! L’espressione “in spirito” mi sembra dunque si debba intendere come la realtà profonda, concretissima, di questo “Figlio di Dio” che ci spiegherà come Egli dica solo le Parole del Padre e compia solo le sue opere! Per questo io dico che la prima beatitudine è la fonte, l’apice e la sintesi sublime del dono di Dio per noi.
Chiaramente, ognuna delle altre “beatitudini” esigerebbe una spiegazione particolare. Però mi permetto di suggerirvi di cercare di imparare a memoria questo testo, per avere la gioia di cogliere il suo progressivo affacciarsi nell’intera narrazione evangelica, come “rivelazione” della Persona di Gesù, e quindi come annuncio del dono della sua vita a noi e in noi. Mi limito qui a fare un’osservazione sull’ultima “beatitudine”, al ver.11, quando diventa un “beati voi…”. E’ il grande segnale del conferimento all’umanità del dono di Dio. Questo dono è Gesù. Gesù è Il Figlio di Dio che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi perchè noi entriamo nella sua condizione di figli dell’unico Padre. Ci troviamo davanti al grande progetto di Dio per l’umanità. Il dono diventerà il nostro còmpito. La nostra fedeltà. La nostra umile testimonianza. Nella varietà dei doni: i poveri in spirito, i miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi…tutte luci meravigliose svelate e donate in Gesù e da Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ il giorno delle beatitudini! E’ bello che la prima parola che Gesù pronunzia in questo Vangelo sia un augurio di felicità: “Beati…”, felici… Ha ragione don Giovanni: dobbiamo impararle a memoria (è già stato osservato il paradosso: conosciamo tutti a memoria i dieci comandamenti, ma non sappiamo le beatitudini!). Sottolineo un solo particolare: “di essi è il regno dei cieli”. E’ adesso, non in futuro; l’espressione “regno dei cieli” sta per “regno di Dio”, e questo non è un luogo, ma indica il fatto che Dio è nostro re, cioè si occupa di noi, ha cura di noi, guida la nostra esistenza… E’ uno scambio meraviglioso: ha senso preoccuparsi tanto?…
E’ l’inizio del “Discorso della montagna” che va tenuto presente tutto insieme. A partire da questa notazione che Gesù “sale”, che ricorda la profezia di Isaia 2:1-2 “Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.”
E come dirà domani al v. 14: “non può restare nascosta una città collocata sopra un monte”, è l’annuncio della presenza della patria celeste che diventa un punto di riferimento per gli uomini di tutte le nazioni.
Le beatitudini sono come in due parti, dove nella prima Gesù proclama la beatitudine di persone che hanno un certo “stato” di vita (le prime tre), e nella seconda presenta una sorta di “attività” che si trova in coloro che vengono dichiarati beati (le successive).
Unendo le parole di oggi a quelle lette fino ad ora si può dire che l’insegnamento che oggi Gesù ci dà è l’opposto di quella proposta di umanità con cui il diavolo l’aveva tentato. Oggi Gesù proclama la beatitudine di una umanità alternativa. E anche nei racconti della sua infanzia c’erano già segni di questa umanità alternativa, p.es. rispetto a Erode.
Proponendo ai discepoli questa umanità alternativa, peraltro il Signore vuole farne scorgere i segni in quella folla che anche oggi apre il testo. E’ un invito a guardare con profondità a questa folla, e – forse – a mettersivi dentro.
Gesù vede le folle e, avvicinatisi i suoi discepoli, apre la sua bocca e ammaestra. Chi sono questo “discepoli” che vengono ammaestrati? Quelli che Gesù a chiamato a seguirlo, ma forse anche tutti quelli che – ascoltandolo – lo seguivano (v. 4:25). Vedremo alla fine del cap. 7 che il discorso della montagna si chiude con la notazione che “Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento”.
L’accostamento del brano di oggi a quello dell’altro ieri, che mostrava l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea ci danno la sintesi del contenuto della Parola che Gesù dona agli uomini. Da una parte, è “predicazione”, che comprende l’invito rivolto da Lui direttamente a ciascuno dei suoi ascoltatori alla conversione, nel riconoscimento che Dio si è fatto vicino: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. E insieme è “insegnamento” rivolto primariamente ai discepoli, affinché imparino a guardare agli uomini, alle folle (alle quali loro stessi verranno poi mandati) con lo stesso occhio di Gesù, con l’occhio che vede in quelle folle la presenza delle beatitudini, a cominciare da quelle che dice: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.”
La prima beatitudine racchiude in qualche modo tutte le altre, che sono espressione di questa povertà di spirito. Gesù sta facendo conoscere la sua povertà e la beatitudine e la ricchezza che scaturisce dal condividerla: “il Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi della sua povertà” (2Cor 8:9). Anche il Salmo (40) proclama “beato chi ha la intelligenza del povero” (chi conosce Gesù e la sua povertà).