1 Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. 2 Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3 Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4 Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5 L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6 Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7 Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». 8 Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. 9 Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10 Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
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Desidero preliminarmente dire che già passando per tratti di memoria della Passione del Signore nel precedente capitolo, e ora davanti alla Parola che viene regalata oggi alla nostra preghiera e alla nostra vita, sento vivo il desiderio che cogliamo presente in modo molto forte la presenza del “femminile”, del mistero del femminile, in queste memorie pasquali che sono il principio della nuova creazione e della nuova storia. Non lasciamoci sfuggire l’opportunità di affermazioni e di memorie che potrebbero essere principio fecondo per aprire qualche porta ad un volto della comunità ecclesiale che dovrebbe in fretta entrare nella nostra preghiera e nei nostri pensieri. Un volto e un cuore “femminili” della vita cristiana che non sono ancora colti, riconosciuti e affermati. Davanti a tanti segni di violenza e di prevaricazione che spesso mi sembrano non vera forza, ma al contrario sintomi e denunce di una specie di profonda disperazione, sosteniamoci nella preghiera e nell’affetto perchè il Signore voglia illuminarci e prenderci per mano. Chiedo per questo la preghiera di quelle delle nostre spose e figlie e madri che già sono nella luce meravigliosa del Risorto.
Per come la memoria della sepoltura di Gesù si è fissata nel capitolo precedente ai vers.62-66, il cap.28 si apre, diversamente da tutte le altre memorie evangeliche del Risorto, con un evento prodigioso e clamoroso. Le donne si sono recate al sepolcro per “visitare la tomba”, e non per ungere il corpo di Gesù, come nelle altre memorie evangeliche, proprio perchè la tomba sigillata e sorvegliata lo impedirebbe. Ma ecco dunque il “prodigio”: il terremoto, l’Angelo che scende dal cielo e rotola la pietra che sigilla il sepolcro, e vi si siede. Il suo aspetto e il suo vestito confermano il carattere prodigioso dell’avvenimento. Così i vers.2-3.
L’apparizione angelica provoca due reazioni opposte tra loro: le guardie che “furono scosse e rimasero come morte”(ver.4), e le donne, invitate a non aver paura e a cogliere in questi segni la notizia del Risorto. E soprattutto il compito che le porta, a partire dal sepolcro vuoto, ad essere annunciatrici dei discepoli: “E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”(ver.7).
Se confrontate il nostro testo con i paralleli degli altri Evangelisti, coglierete con gioiosa sorpresa come queste donne, piene di timore e di grande gioia, non esitino a “correre a dare l’annuncio ai suoi discepoli”(ver.8).
Ma di più! Come ascoltiamo al ver.9, Gesù stesso si fa presente a loro con un saluto che le porta ad avvicinarsi al Signore, e ad abbracciargli i piedi adorandolo! Questo gesto profondamente nuziale è la conferma e la consegna alle donne del loro grande compito: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. E’ come se tutto il nuovo meraviglioso volto della storia della salvezza dovesse partire da una generazione, e dovessero queste donne essere loro il grembo fecondo della nuova umanità. Sono sicuro che tutte le mie sorelle e tutte voi che oggi gioirete per la vostra maternità profonda, tutte sarete ben più avanti dei miei pensierini, che mi piace comunicarvi con speciale affetto.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questa rivelazione dell’angelo avviene proprio quando arrivano le donne a visitare il sepolcro: è tutta per loro. Dopo sarà il Signore stesso a venire loro incontro e a parlare loro: la voce di Dio nel giardino ora non è più un giudizio, ma è per invitare, e comandare, alla gioia.
C’è un terremoto (e anche le guardie sono “scosse”); come quando Gesù muore; e anche quando Gesù entrò in Gerusalemme tuta la città fu “scossa”. Gesù entra, muore e risorge: tutti questi eventi – che sono manifestazione della azione di Dio tra gli uomini – sono segnati da questo “scuotere”, e dalla necessità, dice oggi l’angelo, di non temere.
Il testo di oggi sottolinea molto il verbo “vedere”. Le donne vengono a vedere il sepolcro e sono invitate a vedere dove era stato deposto Gesù; e poi c’è il comando da trasmettere ai discepoli, comando che poi anche Gesù stesso ripeterà, di andare in Galilea, per vederlo là. Anche S.Paolo sottolinea questa stessa azione di vedere il risorto, quando elenca in 1 Cor la lunga lista dei discepoli a cui Gesù si è fatto vedere risorto.
La vicenda delle donne al sepolcro ci dice che si trova il risorto cercando il crocifisso.
S. Paolo (e Giovanni, e altri discepoli di Gesù) non volle sapere altro in mezzo a noi se non Gesù, e Gesù crocifisso. Nel brano di oggi c’è un grande protagonista, nascosto ma presente: il Padre! Tutto è segno della sua potenza e della sua presenza. Dio Padre “ha costituito Gesù suo con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti” (Rom 1:4).
Il comando dell’angelo e di Gesù ad andare “ad annunciare ai fratelli che vadano in Galilea, per vedere Gesù”, dice come la fraternità con Gesù sia un dono offerto in modo pieno come frutto della resurrezione. In molti modi ci si può ingannare, cercando la fraternità per vie illusorie, magari troppo umane. La vera fraternità nasce dal rapporto del Figlio con Dio suo Padre, e dalla potenza che scaturisce dalla sua resurrezione per la quale ci viene fatto il dono di entrare, pure noi, in questa figliolanza nei confronti di Dio, che diventa fraternità tra di noi.
Gesù “non si vergogna di chiamarci fratelli” (Ebr 2:11): i discepoli diventano fratelli per l’amore del Padre per Gesù. Gesù ci chiama suoi fratelli perché ha partecipato e condiviso in tutto la nostra condizione, fino alla morte.
CONTINUA…
I discepoli devono andare in Galilea (e ci vanno) per un atto di fede nelle parole delle donne, che andranno a riferire loro l’apparizione dell’angelo e l’incontro con Gesù. Anche se verrà ricordato il loro “dubitare”, però fanno in questo piccolo tratto di tempo, un atto di fede.
L’incontro con l’angelo – che sembrerebbe quasi superfluo, considerato che pochi istanti dopo è Gesù stesso a mostrarsi alle donne, e a ripetere loro quasi le stesse parole – ci è sembrato voglia trametterci, con la sua sequenza di azioni richieste e donate, una bella immagine della nostra ricerca quotidiana sulla Lectio del Vangelo.
Dice l’angelo “Non temete voi che cercate Gesù”: è l’incoraggiamento a cercare Gesù senza paura nelle parole del Vangelo; dicendo poi “è risorto come aveva detto”, conferma la fedeltà e la saldezza delle sue parole, che ascoltiamo e che si compiono; “venite a vedere il luogo dove era deposto”, ci sollecita a vedere il luogo in cui l’azione di Dio –il dono della vita – e le azioni – buone e cattive – degli uomini si compiono: la storia quotidiana, nostra e dei popoli, raccolta e illuminata dalla parole del Vangelo; e poi “andate a dire ai discepoli”, nella comunicazione fraterna delle luci che questa parole ascoltata amorevolmente ha donato a ciascuno.
Cosa aggiunge Gesù a questo? L’incontro con Lui stesso. L’ascolto della parola, l’esercizio della lectio, ha come frutto sperato, e come dono consueto, l’incontro con la persona del Signore risorto che invita e comanda alla gioia (per averlo trovato vivo nelle Sue parole) e rinnova, in modo ancora più forte e autorevole, il comando a rivolgersi agli uomini, ormai fratelli, per vedere tutti insieme Gesù in Galilea, nel luogo ordinario della nostra vita quotidiana.
“All’alba del primo giorno della settimana”(v.1): siamo oltre il sabato, oltre la Legge e l’osservanza; è l’alba della nuova creazione, fondata sul Risorto… – Nessuno degli evangelisti descrive la risurrezione; tutti ci dicono, invece, quello che è successo dopo, come Lo hanno incontrato le donne e poi i discepoli (e quindi come possiamo incontrarlo anche noi). La Sua parola allontana la paura, compresa quella della morte, e comunica gioia: “Rallegratevi, gioite!”(v.9)… – Perché l’incontro è rinviato alla Galilea, a tanti km di distanza e circa tre giorni di viaggio? Perché non subito? In Galilea tutto era cominciato; in particolare, sul monte Gesù aveva inaugurato il regno di Dio con l’annuncio delle beatitudini. E’ praticando le beatitudini che si può incontrare il Signore risorto…