8 La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 9 La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:
«Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna nel più alto dei cieli!».
10 Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11 E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

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Matteo tende ad enfatizzare la reazione positiva della grandissima folla, come se avesse compreso quello che sta accadendo. Diversamente da Giovanni 12, dove si dice esplicitamente che i discepoli in quel momento non capiscono che cosa stia avvenendo. Come il testo parallelo di Marco, Matteo parla di una folla che lo precede e di una folla che lo segue: ogni volta che mi incontro con queste parole sono tentato di pensare alla storia e alla profezia che l’hanno preceduto e a noi che ora lo seguiamo: ma non ho prove legittime per affermare questo!
Il solo Matteo sottolinea fortemente la reazione della città, di Gerusalemme, usando per l’agitazione di cui parla la versione italiana il verbo del terremoto. Il verbo del terremoto che al cap.27 accompagnerà la morte del Signore,e al cap. 28 dirà lo sconvolgimento delle guardie che sono di vigilanza al suo sepolcro.Ed è intensa la domanda che la città è costretta a porsi: “Chi è costui?”(ver.10).Del resto, è la prima volta che nella memoria evangelica si dice di Gesù a Gerusalemme!
Non riesco a comprendere chiaramente se la risposta che la folla rende alla città contenga una nota di ironìa. Infatti si passa dalla grande acclamazione messianica fatta prima, ad un’informazione molto “dimessa”, anche se pur sempre di grande rilievo. Però Gesù è qualificato come profeta di Galilea, mentre prima era osannato come Figlio di Davide.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Cosa significano quei mantelli che i discepoli pongono sulle cavalcature e la gente stende sulla strada? Ho letto che i primi indicherebbero l’accettazione, da parte dei discepoli, di quanto annunciato dalla profezie citate. Il gesto della folla, invece, indicherebbe l’attaccamento alla concezione messianica tradizionale: stendere i mantelli in terra vuol dire accettare e sottomettersi al dominatore, al re trionfatore. E infatti vengono tagliati anche rami dagli alberi: è un richiamo alla Festa delle capanne, e il messia trionfatore si pensava che dovesse arrivare proprio nel corso di tale festa. – Alla fine dell’episodio, si nota il tono di disprezzo contenuto nella formula: “Chi è costui”; ma anche chi riconosce che Gesù è un profeta, aggiunge una precisazione che suonava molto male a Gerusalemme: E’ uno che viene da una regione, la Galilea, e da un paese, Nazaret, che sono covi di ribelli antiromani e di briganti. Che può venirne di buono?
PRIMA PARTE
Ci sono nel brano di oggi due folle: una festante che circonda Gesù acclamandolo, e un’altra – numerosa e silenziosa – dentro la città di Gerusalemme, che trema per quello che sta accadendo. Questo contrasto fa pensare a questa liturgia di lode come un pò sospesa tra la terra e il cielo (“Osanna nell’alto dei cieli!”). Ed è una liturgia che sfugge sia all’autorità del tempio, che all’autorità politica (nè i sacerdoti, nè i romani vengono ricordati nel testo di oggi). E’ avvolta nel mistero di Dio, e nascosta agli occhi del mondo, non è afferrabile.
La folla che è dentro la città “è scossa” come al cap. 2 quando arrivarono i magi ad adorare il re dei giudei che era nato a Betlemme. La folla invece che circonda Gesù lo acclama con le parole del Salmo “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”, dimostrando così di conoscere le Scritture e di credere al loro compimento. Mentre i capi non hanno riconosciuto in Gesù il Messia promesso.
Le parole della acclamazione di oggi ritornano anche come una promessa di speranza in bocca a Gesù quando piange su Gerusalemme: “… fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Verrà il giorno in cui l’incredulità avrà fine e ci sarà la conversione al Signore. In Atti 3 c’è già un primo adempimento di questo, quando anche molti capi si convertono alla predicazione di Pietro.
Questa doppia azione della folla che segue e precede Gesù di “stendere” i propri mantelli e “stendere” i rami di palma sulla strada li abbiamo interpretati come i gesti graziosi e gratuiti che vogliono rendere bella la liturgia. Questo stesso verbo ritorna anche nel vangelo di Luca, a proposito della stanza “già addobbata” per la cena Pasquale, che i discepoli vengono mandati a “preparare” per Gesù. Questo comando è interpretato come la necessaria e ordinata preparazione della celebrazione eucaristica. Le acclamazioni di oggi, che nel brano che seguirà sono attribuite in particolar modo a bambini, sono i gesti ulteriori, e spontanei, di gioia ed esultanza al Signore, riconosciuto come re messia mite e salvatore che viene incontro al suo popolo.
SECONDA PARTE
La città di Gerusalemme non è pronta ad accogliere il suo Messia. Sembra dormire. E questo ingresso è per i suoi abitanti come un terremoto, che non era previato nè atteso, (come quando arrrivarono i Magi). Mentre quelli che vengono da fuori acclamano e confessano Gesù come il Messia. Questo fatto ci mette in guardia: è possibile che quelli che sono chiamati a vegliare per accogliere il Messia non siano pronti; e invece sono altri che vengono, che annunciano e ci scuotono.
Le ultime parole ricordano le parole del salmo 23: “Chi è costui?” “Chi è questo re della gloria?”. Parole – quelle del salmo – che di solito vengono interpretate come un dialogo tra gli angeli stupiti, nel vedere uno dall’aspetto di uomo salire nel cielo. Oggi la risposta dice che questo re è “il profeta Gesù da Nazaret di Galilea”, perchè il re messia ha voluto nascondere la sua gloria nella sua piccola umanità.
v. 8: I due gesti compiuti dalla folla – stendere i vestiti sulla strada e tagliare i rami per stenderli sulla strada – indicano la necessità che tutta la nostra persona diventi in tutti i suoi aspetti una strada per l’ingresso del Signore nella vita degli uomini, un luogo di passaggio del Signore verso il mondo intero.
Ricordiamo l’appello di Giovanni Battista al cap. 3 di preparare una strada nel deserto. E molti, anche da Gerusalemme, vengono a lui, per essere batezzati e ricevere il perdono dei peccati. La richiesta che il Signore ci pone in questi giorni è di offrire le nostre persone come luogo di passaggio di Lui verso il mondo intero.
Tagliare rami, per la concidenza in questi giorni con quanto leggiamo nel profeta Ezechiele, a proposito delle cime degli alti cedri che vengono tagliate via, vuole forse anche indicarci la necessità che vengano tagliate via le potenze umane che pensano di ergersi come dei davanti all’unico vero Dio, ed è esigenza per noi di piccolezza e di umiltà della nostra soggettività per lasciare spazio al Signore che viene.