34 Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. 35 E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati 36 e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.

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I tre versetti che concludono il cap.14 ci dicono con grande efficacia e semplicità come nasce una chiesa. Gesù e i suoi discepoli giungono in un luogo, a Genesaret. I locali lo riconoscono. Riconoscono Lui e lo straordinario dono che con Lui e in Lui viene fatto alla loro terra. L’elezione divina che li visita. Enfatizzo volutamente le mie parole, perchè mi sembra molto importante che noi per primi ci rendiamo conto un po’ di più della portata immensa di quello che a noi pure sta accadendo. Non dico solo “ciò che ci è accaduto”, ma quello che anche oggi ci sta accadendo. Nel presente della nostra piccola vicenda umana. Come a Genesaret, così oggi a noi. Ancora una volta. E ci è dato anche di riconoscerlo! Tutto è dono di Dio. Del tutto immeritato da parte nostra. Spiegabile solo con il nostro bisogno di essere anche oggi salvati.
E a partire da ciò, la comunicazione dell’evento a tutto il territorio circostante. La traduzione italiana parla di una “notizia” che viene diffusa. Bisogna pensare che tale comunicazione non è un fatto giornalistico, ma è già l’annuncio del Vangelo! E la prova di questo è che, accogliendo la Parola che viene loro mandata, “gli portarono tutti i malati”! Perchè questi sono i chiamati alla salvezza. Gli invitati nella comunità messianica che Gesù convoca intorno a Sè. La Chiesa non è una comunità per giusti e perfetti. E’ una comunità per “aventi male”, come è alla lettera l’espressione resa con “malati”. E in questo termine più generico e ampio ci sta tutto lo “star male” in tutte le sue manifestazioni. Nel seguito Gesù ci metterà in guardia nei confronti della dottrina dei farisei e dei sadducei. Lo vedremo, ma fin d’ora fissiamo bene che non si può cogliere la salvezza portata da Gesù se non a partire dalla miseria della nostra condizione. Dal nostro bisogno di essere salvati.
A prova di ciò, al ver.36, si vede bene che la gente sa quello che vuole e che bisogna fare: “…poter toccare almeno il lembo del suo mantello”. Ricordate la donna emorroissa di Mt.9,21? In tutti i modi bisogna che possiamo incontrarlo, toccarlo. Il “punto di partenza” della fede è questo. E’ già dono di Dio la consapevolezza del proprio “aver male” e il volere per questo incontrare Lui.
“E quanti lo toccarono furono guariti”. E qui Matteo spende un termine – ed è l’unica volta nel suo Vangelo – che dice come tutti questi “furono salvati”. Il verbo contiene una preposizione che dice la separazione. Salvati dunque, perchè “separati”, tolti via dal male che avevano. Il Signore li strappa dal loro male.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
v. 35 “Avendo riconosciuto Gesù…”: la gente dell’altra parte del lago lo riconosce, come ieri i discepoli nella barca lo riconoscevano come il Figlio di Dio: e spargono la voce e gli portano gli ammalati. E’ la fede della folla di questi luoghi, già in parte stranieri, diversamente dalla incredulità degli abitanti della sua patria, che non “riconoscevano” in Gesù il salvatore, perché pensavano di “conoscerlo”: e là Gesù non potè operare miracoli.
Genesaret è nella Decapoli. E dopo la morte di Gesù è proprio lì che i primi cristiani si diffondono. Prima lo avevano respinto (Mt 5:17) e ora lo riconoscono. Si sono convertiti per l’ascolto della fede (v. Gal 3.5).
v. 36 “e lo pregavano di poter toccare almeno l’ orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano.” Abbiamo unito queste parole al racconto del serpente di bronzo fatto da Mosè nel deserto. Mosè aveva posto su di un palo questo serpente e quanti del popolo erano stati morsi da serpenti velenosi, guardando quella immagine venivano guariti. In Gv 3:14-15 riceviamo dal Signore stesso una spiegazione del senso profondo di quella immagine: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’ uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. E’ necessario che anche Gesù sia innalzato affinché tutti lo vedano. Ed è anche un segno di fede quel guardare. Anche oggi è così: da una parte le frange sul mantello di Gesù (secondo la prescrizione di Numeri) sono il segno della sua sottomissione ai comandamenti di Dio. E poi il toccare, come il guardare dell’Esodo, è il segno della fede in Lui.
Ora questo è possibile a “tutti”, perché Gesù è stato innalzato sulla croce, e quindi tutti possiamo toccarlo per la fede. E – secondo l’insegnamento che ci viene in questi giorni dalla lettera ai Galati – ci è possibile “toccarlo” non per le nostre opere della legge, ma per il dono della fede che Dio vuole dare a tutti gli uomini.
E’ bello e importante notare come le folle, dopo avere riconosciuto Gesù, facciano queste due cose: “mandano” la notizia che Lui è lì a tutta la gente della regione (affinché tutti lo sappiano e possano anche loro accorrere a Gesù), e “portino” a Lui tutti i malati, tutti quelli che non possono andarci da soli. E’ la grande convocazione a Gesù: tutti possono essere completamente guariti e salvati per la Sua Pasqua.