31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà” cioè: “Apriti!”. 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.
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Le indicazioni vaghe, e un po’ confuse, del ver.31, sul viaggio di Gesù tra Tiro e la Decapoli, sembrano sottolineare che Egli continua a rimanere in territorio pagano. Peraltro, tutto il clima del nostro testo suggerisce un riferimento forte a Isaia 35 che vi consiglio di ascoltare, e che si riferisce al popolo di Israele. Si può pensare che in questo modo la memoria evangelica voglia dire che vengono elargiti a tutte le genti gli stessi doni fatti ad Israele. Nell’orizzonte dell’annuncio evangelico assume allora grande rilievo il fatto che si tratti della guarigione di un sordomuto, cioè di una persona chiusa al rapporto con la Parola da ascoltare e da comunicare. Per questo, il gesto e le parole sono entrati nella liturgia battesimale!
L’agire del Signore si manifesta ancora una volta come molto intimo e diretto, lontano dalla folla. I gesti e le parole evocano l’atto creativo, ma una nuova creazione, come una risurrezione dai morti; c’è qualcosa di chiuso che si deve aprire. L’ “emise un sospiro” del ver.34 da parte di Gesù che guarda “verso il cielo” mi sembra suggerisca una nota di gemito, di passione, quasi un accenno al sacrificio pasquale del Signore.
L’evento che appariva celebrato “in disparte” diventa del tutto pubblico e non taciuto al ver.36. Il ver.37 celebra lo stupore gioioso dei testimoni di questa nuova creazione:”Ha fatto bene ogni cosa…”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi è sembrato che rispetto a qualche versetto fa dove il discorso del Signore iniziava con ‘ascoltate tutti’ da ieri la modalità sia un pò cambiata.
Come se ad una dimensione più universale se ne affiancasse una più individuale, personale, intima.
Come l’incontro di oggi..’portandolo in disparte lontano dalla folla’.
L’ho collegato un pò , questa seconda dimensione, allo spazio della preghiera individuale. Mi è sembrato interessante che però anche questa modalità concorra all’edificazione di tutti.
Così come noi oggi che, grazie all’incontro intimo del Signore con il sordomuto, possiamo riconoscere che il Signore ‘ha fatto bene ogni cosa’.
Il sordomuto, un uomo chiuso alla Parola e chiuso al rapporto con gli altri, vive nel suo mondo isolato, finché l’incontro con Gesù, in disparte, lontano dalla folla, lo strappa dall’isolamento, lo mette in grado di comunicare con gli altri, di parlare correttamente, di ascoltare e di annunciare la Parola. Il sordomuto è figura di tutti noi che, solo dopo l’incontro con Gesù, usciamo da noi stessi, diventiamo capaci di ascoltare gli altri e di dire parole buone, che fanno bene, ai fratelli.
“Gli condussero un sordomuto…” (v. 32), e Gesù ancora una volta accoglie questa preghiera di intercessione, accentuando oggi la assunzione premurosa di questa persona bisognosa del suo aiuto: “E portandolo in disparte lontano dalla folla…”, forse per coprire con compassione e carità l’infermità e il non facile dialogo del sordomuto, forse per non fare spettacolo del modo, oggi molto articolato, con cui lo avrebbe guarito. E guardando il cielo dice (al cielo, e quindi al sordo) “Apriti!”: e il cielo si apre, misericordioso, per la preghiera di Gesù, e gli orecchi e la lingua dell’uomo di aprono, per parlare correttamente. E alla gente (ma non all’uomo guarito) impone di non dir niente a nessuno. Ma ugualmente si diffonde nel mondo quella notizia, data all’origine del mondo dalla stessa parola, e data ora dagli uomini che hanno visto: “Ogni cosa che ha fatto è buona!”. Gesù “geme” (it. “emise un sospiro”) e dice “effata, apriti!”. Questa parola la troviamo per la prima volta nella Bibbia detta da Dio a Eva dopo la caduta: “Genererai gemendo!”. Poi si trova in Eso: gli israeliti in Egitto gemettero per la dura schiavitù, e Dio ascoltò il loro gemito e scende a liberarli. In Rom 8:23 leggiamo che “tutta la creazione geme e soffre fino ad ora nelle doglie del parto… e anche noli gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli”. E “lo Spirito stesso viene in aiuto alla nostra debolezza, perchè neanche sappiamo cosa sia conveniente domandare”. Gesù dunque, con questo gemito condivide la condizione di tutti gli uomini, e il loro gemito, e lo fa giungere fino a Dio. Poi forse geme “per” e “al posto di” questo uomo e di tutti noi, come abbiamo sentito che lo Spirito geme “per noi”, e “al posto nostro”. Per questo gemito Gesù può dire, guardando i cieli: “Effata!, Apriti!”, e viene esaudito.