Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
7 Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10 E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
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lectio 2008:
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Nella strada lungo il Vangelo percorsa fino ad oggi, il Signore ci ha già posto davanti al fatto che questa Parola non è una specie di “magìa” che agisce in se stessa. La Parola è il grande incontro tra Dio e l’umanità, e come tale è esposta alla storia dell’umanità, alla vicenda di ogni persona. E’ quindi esposta all’essere accolta come ad essere respinta. Il ver.7 esprime in modo semplice e diretto il primo grande scopo di questa Parola: liberare l’uomo dal Male che lo tiene prigioniero. Gli annunciatori della Parola sono portatori di una potenza capace di vincere e di togliere il Male.
Il tesoro della Parola è strettamente connesso con il volto della povertà. Di tutte le possibili “lezioni” dei vers.8-9, mi sembra che quella essenziale sia questa connessione necessaria tra Parola e povertà. Mi limito ad affermare la cosa, senza qui poterla approfondire. Il tema è ricco e complesso. Qui mi limito a dire che la Parola di Dio esprime in se stessa quel “farsi povero” di Dio che lo porta a comunicarsi e a consegnarsi all’uomo, sino al farsi povero del Figlio che si dona fino alla Croce. Credo che questa sia la ragione prima di questo legame tra Parola e povertà. E’ chiaro che questa indicazione è radicalmente opposta alle logiche del mondo per le quali l’affermazione di un pensiero o di un progetto è intimamente legato alla potenza della comunicazione. Questo pone molte domande che tralasciamo subito.
E’ molto preziosa anche l’indicazione del ver.10. L’annuncio della Parola è il principio di una realtà nuova che coinvolge tutta la vita delle persone. Non è il “mordi e fuggi” di una pubblicità, ma è il volto nuovo di una vita nuova. Come tale esige vincoli di stabilità bene espressi dal verbo reso in italiano con “rimanetevi”. Non sarà evidentemente questione di tempi, ma certamente esigerà la fondazione di legami profondi, diretti e stabili.
Sono più esitante sul ver.11, dove mi sembra possibile interpretarlo come un giudizio che sottolinea il rifiuto nei confronti della Parola. Ma dove anche si può pensare all’attenzione a non portarsi dietro niente da dove la Parola non è veramente accolta, e il testimone possa riprendere il suo cammino con la stessa povertà con la quale si era presentato.
Non mi piace la traduzione italiana del ver.12, dove mi sembra preferibile rendere alla lettera: “Proclamavano (la Parola) affinchè si convertissero”. Non mi sembra possibile nè giusto predicare che la gente si converta. Solo l’annuncio semplice e diretto della Parola può muovere le persone verso un’altra interpretazione della loro vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi è venuto un pò da chiedermi se il bastone, unica cosa da prendere per il viaggio, non possa essere in un certo senso anche il legno della croce di Gesù.
L’esperienza della Pasqua è l’unica cosa veramente necessaria da portarsi dietro ogni giorno? La memoria continua della sua offerta per tutti è la condizione fondamentale per garantire il buon esito del viaggio?
Pensando ad alcuni di questi Dodici che ho incontrato e che conosco..l’impressione in effetti è un pò questa.
Interessante e bella anche la condizione del ‘due a due’. Non si viaggia da soli.