21 Essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”. 24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. 29 E all’istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. 30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi mi ha toccato il mantello?”. 31 I discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?”. 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Gesù rispose: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male”.
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Come muoversi in una pagina così densa e bella…, mentre don Giovanni ancora non ci ha introdotti nella “lettura” del testo? -Gesù riattraversa il lago, tornando in territorio di Israele: Marco non precisa dove Gesù sbarchi; gli preme insistere sulla scena abituale: Gesù in riva al lago e tanta gente che gli fa ressa attorno! “La mia figlioletta è agli estremi”, dice il capo della sinagoga: un’immagine – secondo gli esegeti – dello stato del popolo di Dio, simbolizzato anche dai 12 anni di malattia della donna emorragica (12 è il numero delle tribù di Israele). Giairo chiede a Gesù di andare a “imporre le mani” alla figlia: era una pratica frequente, in caso di benedizioni, sacrifici, sentenze giudiziarie… Esprime qui l’importanza del contatto fisico, come risalterà subito dopo nel gesto della donna malata che “tocca” il mantello di Gesù per guarire. La guarigione della donna si opera automaticamente…, ma la cosa più importante, l’incontro con il Signore, deve ancora venire. Anche questa volta, Gesù non fa la parte dell'”onnisciente”: chiede e “guarda” attorno per vedere chi lo avesse toccato. Lo sguardo e la parola stabiliscono la relazione e la donna si fa avanti. In base alle norme vigenti, Gesù avrebbe potuto dirle: Come ti sei permessa …? Non dovevi assolutamente… Al contrario, le si rivolge con tenerezza: “Figlia!”, e – notiamo – non “Io”, ma “la tua fede ti ha aiutato, ti ha guarito, ti ha salvata!”. Il termine indica tutte e tre le cose; l’invito finale “Va’ in pace!” conferma il significato più alto: la pace biblica, infatti, è sinonimo di salvezza, di felicità piena, quella che viene dal nuovo rapporto di comunione con il Padre.
Mi colpisce la continua attività di Gesù.Oggi si intrecciano i bisogni, le richieste d’aiuto.
La domanda dei discepoli mi è sembrata ironica..non vedi che folla?
Continua ad essere sempre più immerso nella malattia, nelle ferite, nella storia dell’uomo..
Sembra instancabile.
Personalmente da una parte la consapevolezza di essere in mezzo alla folla a cercare di toccare Gesù mi ha molto consolato..
Dall’altra il pensiero angosciante sulla folla che ancora oggi ha bisogno mi ha un pò turbato..
E’ la storia di un incontro, di un profondo incontro personale, in mezzo alla folla. Nell’incontro è il miracolo. La donna, che cerca almeno di toccare il mantello di Gesù, Gesù che avverte la potenza uscita da lui. Forse la guarigione vera della donna, più che quella dal male fisico, avviene nel momento in cui si sente riconosciuta, accolta, cercata a sua volta. La guarigione più vera avviene quando la donna, impaurita e tremante, gli si apre in tutta la sua verità. Mi colpisce, in entrambi, la consapevolezza di un incontro autentico. I due protagonisti sono descritti nella loro debolezza, nella loro fragilità. Anche Gesù è visto nella sua debolezza, nella sua fragilità, nel suo essere “in balia” della folla, disarmato là in mezzo. E questo incontro, prima nella timidezza, poi nella vergogna, nella paura, ma comunque nella verità, diventa per la donna guarigione, salvezza, pace, ritorno a casa per una vita nuova.
Riporto un’impressione globale da questo testo che oggi il Signore regala alla nostra preghiera: il Signore mi sembra più piccolo dell’evento che egli stesso rende presente, e cioè Dio in mezzo all’umanità; e più piccolo della sua stessa opera! E’ il segno meraviglioso della sua mite e totale apertura nei confronti del Padre, e quindi il segreto della sua potenza, che non è il possesso da parte sua di poteri speciali, ma appunto la sua mite obbedienza al Padre.
Dio sembra piccolo anche di fronte alla storia nella quale è entrato. E’ in riva al mare come in mezzo ad una grande folla che gli si stringe intorno (ver. 24). Egli è come immerso nella povertà e nel bisogno della gente. Come prima era stato un indemoniato a gettarsi ai suoi piedi, ora è “uno dei capi della sinagoga” a cadere davanti a lui; porta un nome significativo, Giaìro, che vuol dire “Dio illumina” o “Dio risveglia”. Dunque è la sinagoga stessa che finalmente trova il suo significato più profondo, di fede, di attesa e di supplica per la venuta del messia salvatore; la sinagoga che ha radunato simbolicamente, attraverso il popolo di Dio, tutta l’umanità bisognosa di salvezza. L’umanità rappresentata da quella ragazzina – vedremo che ha dodici anni, come dodici sono gli anni della malattia della donna emorroissa, per dire, in queste due figure femminili, l’intera umanità da sempre ammalata! – ragazzina esposta e destinata alla morte che ora può essere posta davanti all’opera divina della salvezza e della vita nuova. Così infatti questo padre dice al Signore: “vieni a imporle le mani, affinché, alla lettera, sia salvata e viva” (ver. 23).
Ed ecco questa donna matura, con tutto il carico di un’esperienza lunga e dolorosamente inutile, quella di una malattia che nessuna arte medica ha potuto guarire, ma che anzi i molti medici hanno fatto peggiorare! Un’efficace immagine realistica e pessimistica contro il rischio di una divinizzazione delle risorse umane, di un’idolatria degli stregoni. Per lei qualcosa di nuovo è accaduto: ha ascoltato un annuncio sulla persona di Gesù! Nella folla indistinta, la sua persona e il suo slancio di fede – puro dono di Dio da lei accolto e reso operante – ne fanno una persona unica, come vedremo. La fede è sempre assolutamente personale. “Diceva infatti…”: a se stessa? Anche ad altri? Ed esprime una fede senza dubbi ed esitazioni: quello che conta è il suo contatto personale e diretto con la persona di Gesù. Basta anche un contatto fugace e immerso nell’anonimato della folla. Ma in lei e per lei, quanto personale e decisivo! E quello che lei crede, avviene. L’esito che lei credeva, alla lettera, “sarò salvata” (ver. 28), ora lo percepisce nella concretezza di una fatto: “conobbe con il corpo di essere stata sanata dalla malattia” (ver. 29).
Ma anche Gesù, alla lettera, “subito conoscendo in se stesso la potenza uscita da lui…” (ver. 30), anche Gesù dunque, sperimenta un evento che sembra, come dicevamo prima, più grande di lui! E la sua “piccolezza” divina di fronte all’evento lo porta a domandare! E domanda addirittura alla folla!: “Chi mi ha toccato il mantello?”. E i discepoli sembrano voler confermare questa piccolezza di Gesù, che sembra porre una domanda impossibile (ver. 31)! Ma lui si guarda intorno per “vedere colei che aveva fatto questo”. C’è forse in lui una consapevolezza profonda della portata dell’evento nel quale si è fatto tanto piccolo? Sta egli forse per ritrovare, in questa umanità amata e perduta, la sposa per la quale donare la vita? Quella potenza che egli sa essere uscita da lui è quella vita che egli è venuto a dare affinché l’umanità sia salvata e viva?
Ed ecco questa nuova umanità che sa bene quello che le è accaduto, confessare “tutta la verità”! Dire come la misericordia divina è divenuta per lei evento della salvezza. E lo dice nel timore e nel tremore della fede! E lui, misteriosamente e meravigliosamente, accoglie, riconosce e, in certo senso confessa e proclama, lui stesso nella fede, quello che è avvenuto. E il grande protagonista di tutto egli ora lo indica non in una sua potenza, ma nella potenza della fede della donna! E sigilla, e quindi rende operante nel fondo e nella totalità della persona e della vita della donna quello che la fede della donna ha operato: “Va’ in pace e sii guarita dalla tua piaga”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.