1 Intanto giunsero all’altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni. 2 Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. 3 Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, 4 perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. 5 Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. 6 Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, 7 e urlando a gran voce disse: “Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. 8 Gli diceva infatti: “Esci, spirito immondo, da quest’uomo!”. 9 E gli domandò: “Come ti chiami?”. “Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti”. 10 E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione. 11 Ora c’era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. 12 E gli spiriti lo scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. 13 Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l’altro nel mare. 14 I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
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E’ molto importante che questa vicenda si svolga in terra pagana e tra pagani. Così in modo forte si conferma che la fede ebraico-cristiana non è solo una concezione del divino e una prassi etico-liturgica, ma molto di più. Riguarda la condizione dell’umanità tutta, ed è la liberazione dal dominio del male per una vita nuova secondo Dio e in Dio. Sarà proprio questo, con la dimostrazione forte delle Scritture donate da Dio ai padri ebrei, ad evidenziare la destinazione universale della predicazione cristiana. E in questo l’assoluta originalità del cristianesimo.
Al ver. 2, dove il testo italiano dice che quest’uomo era “posseduto da uno spirito immondo”, è detto semplicemente che egli era “in uno spirito immondo”. Tale spirito è il suo orizzonte esistenziale, e avvolge interamente la sua esistenza, stabilendo una tale vicinanza tra l’uomo e il male che lo domina, da far sì che tutto, pensieri, sentimenti, parole…tutto di quest’uomo esprima lo spirito cattivo di cui è prigioniero. Ma così quindi anche l’intera sua condizione di vita.
Il ver. 3, confermato dal ver. 5, dice che la sua abitazione erano i sepolcri, il luogo della morte.
I vers. 3-4 affermano il carattere indomabile di questa possessione maligna, più forte di ogni possibile contenimento umano, anche il più violento e penoso.
Il ver. 5 aggiunge a tutto ciò il particolare di una violenza autolesiva che l’uomo esercita su se stesso, nel grido di una vita relegata “tra i sepolcri e sui monti”. Con molta più ricchezza di particolari rispetto alle altre versioni di Matteo e di Luca, Marco descrive la condizione di quest’uomo: è notevole la spesa di parole e di particolari, il che rivela l’importanza che la memoria evangelica attribuisce a questo evento.
I vers. 6-7 confermano quanto dice il ver. 2 e dicono quello che abbiamo visto già nel primo miracolo compiuto dal Signore, in Marco 1,21-28. I demoni hanno con il Signore un rapporto di attrazione-repulsione-paura, e quindi da una parte sembrano irresistibilmente attratti, quasi costretti ad andare da lui, addirittura con gesti, come qui al ver. 6 – “gli si gettò ai piedi” – “religiosi”; dall’altra gridano protestando l’abisso che li separa da Gesù, e insieme mostrano l’evidenza della loro impaurita inferiorità, sino a farli supplicare una via , un’ipotesi di sopravvivenza.
La richiesta da parte del Signore di quale sia il loro nome, conferma insieme la molteplicità di questi demoni cattivi, ma anche la loro sostanziale unità: “legione” è il loro nome collettivo. L’ipotesi di trasmigrare in un branco di animali impuri, i porci, corrisponde bene alle concezioni ebraiche di purità e impurità. Ma anche lì, e ancora più violentemente, questi demoni si rivelano come portatori di morte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per capire in che tipo di “demone” vivesse quest’uomo, si possono considerare alcune parole-chiave del brano: “legato con ceppi e catene” indica normalmente una persona prigioniera; il verbo “domare” era riferito abitualmente agli animali, in questo caso a una persona trattata o considerata come un animale. Si può pensare che si tratti di uno schiavo: una persona tenuta in stato di prigionia e trattata come un animale… La reazione violenta dell’uomo in questione porta solo all’autodistruzione (v. 5). Gesù è lì per liberarlo. La domada che Egli fa all’uomo, è piena di forza, nella sua semplicità: “Qual è il tuo nome?”. La risposta dell’uomo, “Legione è il mio nome”, e il riferimento ai porci alludono alla potenza allora dominante, Roma. Tra l’altro, la Decima legione, la Fretensis,che occupava la Palestina, aveva come simbolo sul suo stendardo proprio il maiale, un ulteriore sfregio ai dominati ebrei. – E oggi? Non siamo anche noi parte di una società in cui vigono lo sfruttamento, la disuguaglianza, tante forme di ingiustizia…? Per non dire che facciamo parte del mondo dell’opulenza e dello spreco, a spese di tante altre popolazioni, che vivono al limite della sussistenza.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.
Salmo 50