33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
3 Commenti
giovanni nicolini
il 25 Giugno 2008 alle 08:04
Il nostro brano conclude la parte dedicata alle parabole del regno di Dio con un’affermazione molto forte circa questo “genere letterario”. Al ver. 34 il testo dice, alla lettera, che non parlava loro (cioè alla gente, alle folle), “senza parabola”. Mi sembra voglia dire che solo in questo modo parlava a tutti, attraverso le immagini delle parabole. E mi sembra chiaro che Gesù faceva così nell’intento di far comprendere quello che diceva: “..secondo quello che potevano intendere”. Qui dunque si afferma che parlare in parabole ha per Gesù lo scopo di comunicare a tutti , il più possibile, il suo messaggio. Il testo parallelo di Matteo 13,34-35 accompagna questa affermazione con la citazione del Salmo 77(78),7 “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste…”. C’è però un ulteriore passo, “in privato”, cioè in disparte, nell’intimità, in un ambito più raccolto e prolungato nel tempo. E’ dedicato ai discepoli, cioè a tutti coloro che per questa sua Parola si sono uniti a Lui. Qui Gesù “spiegava ogni cosa”, scioglieva, risolveva. Questo è il dono che cerchiamo ogni giorno! Questa è l’esperienza che, pur nella modestia e nella mediocrità del nostro impegno, noi sperimentiamo ogni giorno. Il Signore ci concede di ritornare sulla Parola, e ogni giorno, misteriosamente e meravigliosamente, Egli dilata e approfondisce l’orizzonte di significato e di potenza di questa stessa Parola. Credo si possa dire che ogni giorno ci troviamo davanti ad una “parabola” che, nella luce del suo Spirito, Gesù sempre nuovamente illumina in un significato che mai è quello ultimo e definitivo, perché la Parola di Dio, Parola vivente, Parola del Vivente, sempre cresce con chi, nella fede e nella preghiera, l’ascolta. Anche quello che oggi ci diciamo ha dunque una sua inevitabile – e provvidenziale! – provvisorietà. Non perché non è vero, ma perché non è mai “l’ultima parola”, nel senso che la stessa Parola incessantemente cresce. Per questo bisogna essere sapientemente cauti anche sul discorso della relatività. Non si può dire che la relatività e sempre “relativismo”, e cioè impossibilità di affermare qualcosa come “verità”. Anche oggi noi cerchiamo e riceviamo dal Signore la “Verità”. Ma sappiamo che tale Verità, proprio perché tale, vorrà portarci a spiegazioni ulteriori della “parabola” che oggi ci viene “spiegata”, sciolta, risolta, nel nostro ascolto appassionato, di fede e di preghiera. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù continua a comunicare, a “dire la parola”, come Dio ha fatto con l’uomo fin dal principio. Le immagini, le parabole sono l’unico modo con cui noi possiamo avvicinarci a quello che Dio ci dice: Gesù parla “secondo quello che possiamo intendere”. Le parabole ci permettono di entrare in comunione con colui che le dice, e così possiamo intenderne il significato. Questo avveniva tra Gesù e i discepoli “in disparte”, espressione che indica regolarmente in Marco una incomprensione dei discepoli, che non erano sempre in sintonia con il Maestro e il suo annuncio. Bello in verbo finale, secondo cui Gesù non solo “spiega”, ma scioglie, risolve ogni aspetto.
lucy
il 25 Giugno 2008 alle 17:08
La nostra vita è una parabola. Tutto è parabola. Non siamo in grado di sostenere il mistero. Noi possiamo intendere solo un’immagine, una parabola appunto. Poi ci sono dei momenti speciali, in cui, in disparte, sentiamo che il mistero si scioglie e capiamo qualcosa di nuovo, di più, della vita, di noi, di Dio, del prossimo. Anche questa lectio può servire ad aprire squarci di luce sul mistero, ogni giorno sempre nuovi e diversi, come è nuova e diversa la vita.
Il nostro brano conclude la parte dedicata alle parabole del regno di Dio con un’affermazione molto forte circa questo “genere letterario”. Al ver. 34 il testo dice, alla lettera, che non parlava loro (cioè alla gente, alle folle), “senza parabola”. Mi sembra voglia dire che solo in questo modo parlava a tutti, attraverso le immagini delle parabole. E mi sembra chiaro che Gesù faceva così nell’intento di far comprendere quello che diceva: “..secondo quello che potevano intendere”. Qui dunque si afferma che parlare in parabole ha per Gesù lo scopo di comunicare a tutti , il più possibile, il suo messaggio. Il testo parallelo di Matteo 13,34-35 accompagna questa affermazione con la citazione del Salmo 77(78),7 “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste…”.
C’è però un ulteriore passo, “in privato”, cioè in disparte, nell’intimità, in un ambito più raccolto e prolungato nel tempo. E’ dedicato ai discepoli, cioè a tutti coloro che per questa sua Parola si sono uniti a Lui. Qui Gesù “spiegava ogni cosa”, scioglieva, risolveva. Questo è il dono che cerchiamo ogni giorno! Questa è l’esperienza che, pur nella modestia e nella mediocrità del nostro impegno, noi sperimentiamo ogni giorno. Il Signore ci concede di ritornare sulla Parola, e ogni giorno, misteriosamente e meravigliosamente, Egli dilata e approfondisce l’orizzonte di significato e di potenza di questa stessa Parola. Credo si possa dire che ogni giorno ci troviamo davanti ad una “parabola” che, nella luce del suo Spirito, Gesù sempre nuovamente illumina in un significato che mai è quello ultimo e definitivo, perché la Parola di Dio, Parola vivente, Parola del Vivente, sempre cresce con chi, nella fede e nella preghiera, l’ascolta.
Anche quello che oggi ci diciamo ha dunque una sua inevitabile – e provvidenziale! – provvisorietà. Non perché non è vero, ma perché non è mai “l’ultima parola”, nel senso che la stessa Parola incessantemente cresce. Per questo bisogna essere sapientemente cauti anche sul discorso della relatività. Non si può dire che la relatività e sempre “relativismo”, e cioè impossibilità di affermare qualcosa come “verità”. Anche oggi noi cerchiamo e riceviamo dal Signore la “Verità”. Ma sappiamo che tale Verità, proprio perché tale, vorrà portarci a spiegazioni ulteriori della “parabola” che oggi ci viene “spiegata”, sciolta, risolta, nel nostro ascolto appassionato, di fede e di preghiera.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù continua a comunicare, a “dire la parola”, come Dio ha fatto con l’uomo fin dal principio. Le immagini, le parabole sono l’unico modo con cui noi possiamo avvicinarci a quello che Dio ci dice: Gesù parla “secondo quello che possiamo intendere”. Le parabole ci permettono di entrare in comunione con colui che le dice, e così possiamo intenderne il significato. Questo avveniva tra Gesù e i discepoli “in disparte”, espressione che indica regolarmente in Marco una incomprensione dei discepoli, che non erano sempre in sintonia con il Maestro e il suo annuncio. Bello in verbo finale, secondo cui Gesù non solo “spiega”, ma scioglie, risolve ogni aspetto.
La nostra vita è una parabola. Tutto è parabola. Non siamo in grado di sostenere il mistero. Noi possiamo intendere solo un’immagine, una parabola appunto. Poi ci sono dei momenti speciali, in cui, in disparte, sentiamo che il mistero si scioglie e capiamo qualcosa di nuovo, di più, della vita, di noi, di Dio, del prossimo. Anche questa lectio può servire ad aprire squarci di luce sul mistero, ogni giorno sempre nuovi e diversi, come è nuova e diversa la vita.