10 Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11 Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, 12 affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
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“Quelli che erano intorno a lui insieme ai dodici” si distinguono da “quelli che sono fuori” perchè hanno già ricevuto il dono della fede, mentre questi non l’hanno ricevuto. Preferisco questa distinzione rispetto ad un “dentro-fuori” più esterno ed esteriore. Non sempre la grazia di Dio è visibile e percepibile immediatamente. Mi capita di osservare che molte volte chi è ufficialmente “fuori”, è già stato visitato dal dono del Signore. E viceversa. Dono quindi, e non conquista o merito.
La questione che viene posta a Gesù riguarda il “perchè” delle parabole come genere letterario del suo insegnamento. Nel testo precedente ci sembrava di dover sottolineare che ogni realtà è come una parabola. E dunque, oltre al suo significato umanamente comprensibile, c’è un “mistero” che deve essere rivelato e quindi ricevuto come dono. Questo mi pare oggi il senso più vero e più semplice di quello che Gesù dice citando il testo di Isaia 6,9.
Provo a spiegarmi. La rivelazione divina non è oggetto di conoscenza come ogni altra conoscenza. E’ sempre dono di Dio. E’ sempre grazia. Dunque: è come una “parabola” che il Signore dona di cogliere e di accogliere. I discepoli, cioè quelli che il ver.10 qualifica come “quelli che erano intorno a lui insieme ai dodici”, hanno ricevuto il dono di Dio. Per questo possono comprendere la parabola della vita. Siamo dunque in un orizzonte del tutto diverso da quello in cui funzionano le qualità intellettuali e morali di ogni persona. Se così fosse, chi è più intelligente e più buono avrebbe indubbi vantaggi. Ma per le cose di Dio non è così! Alle gerarchie intellettuali o morali la rivelazione ebraico-cristiana sostituisce la gerarchia dell’elezione divina. Tu sai e fai non perchè hai capito e sei bravo, ma perchè misteriosamente l’hai ricevuto in dono. Da qui lo “scandalo” dell’elezione dei piccoli, dei poveri, dei peccatori….fino all’elezione di noi, che certo non stiamo ascoltando il Vangelo per nostra capacità e nostri meriti, ma per pura grazia di Dio!
La citazione di Isaia è per affermare – mi sembra! – tutto ciò. La salvezza è proprio salvezza! E’ opera del Signore in noi, e non opera nostra. Come già abbiamo detto, anche il fatto di accettare il dono divino…anche questo è dono! Quindi, il vedere-comprendere-convertirsi-essere perdonati è tutto regalo del Signore, davanti al quale siamo ammirati, confusi, stupiti e magari anche….un po’ spaventati.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lectio 2008:
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-410-12.html
“A voi è stato dato il mistero del regno di Dio”: ma in che consiste questo mistero? Sta nel fatto che Egli non è un Dio che minaccia, che castiga…, ma è amore gratuito per tutti e salva tutti. Si potrebbe illuminare il contenuto del mistero seguendo ciò che è accaduto nei precedenti capitoli di Marco (così propone un commento). La purificazione del lebbroso ha mostrato che, agli occhi di Dio, nessuno è impuro né può essere emarginato. Nell’episodio del paralitico, si dice che pagani e peccatori sono tutti ammessi al perdono. La chiamata del pubblicano mostra che anche quelli considerati esclusi dalla salvezza entrano nel regno di Dio. Il superamento del sabato dice che il privilegio di Israele è finito: tutti i popoli accedono al Regno, anche i tradizionali nemici, come del resto già i profeti avevano annunziato: “Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità” (Is. 19,25).