31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32 Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34 Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
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La nostra attenzione deve volgersi al tema generale della “famiglia” del Signore più che a chiedersi come accogliere questa parola in riferimento alla Madre. Ugualmente non ci sfugge, proprio per questa presenza diretta della madre, il rilievo assoluto di questo testo nella concezione evangelica della famiglia e della comunità credente.
Il primo versetto, come in controluce, ci ricorda che non siamo noi a chiamare il Signnore, ma è Lui che ci chiama a Sè e alla sua opera di salvezza per la vita nuova. Nè tanto meno siamo noi a poterlo chiamare “stando fuori”. Siamo chiamati ad entrare nella sua intimità e nel suo mistero.
Torna ancora l’immagine della folla al ver.32, ma questa volta illuminata e individuata come “seduta attorno a Lui”: è un’ikona bellissima della Chiesa. Ed è questa la famiglia che Gesù indica come sua di fronte a quella che lo cerca nel legame della famigliarità naturale. “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”(ver.33): la domanda retorica è la porta e la via del grande annuncio della comunione di profonda famigliarità che unisce Gesù ai suoi discepoli. I discepoli sono “quelli che erano seduti attorno a lui”(ver.34). Con un’affermazione audace Gesù coglie quel loro essere seduti attorno a lui come definizione del discepolo, come persona che “fa la volontà di Dio”: “costui per me è fratello, sorella e madre”(ver.35).
La definizione è ricchissima perchè nella sua semplicità unisce due elementi essenziali della vocazione e della vita cristiana: quella dei fratelli di Gesù che tali sono in quanto rinati come figli di Dio; e quella della “madre”, per dire la fecondità della vita cristiana, chiamata a generare nuovi figli di Dio per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo. Alla Chiesa antica era figura molto cara quella della “Chiesa Madre” che appunto genera figli di Dio, e che genera il Figlio di Dio in molti cuori.
Possiamo anche cogliere l’indicazione di una straordinaria liberazione e di un altrettanto forte annuncio della comunione nuova e profonda che la fede stabilisce tra i credenti. E’ liberazione della concezione della famiglia da vincoli soffocanti fino all’idolatrìa: la prima famigliarità è quella che Dio stabilisce con noi in Gesù riconoscendoci suoi figli e fratelli tra noi. I vincoli di parentela sono “relativizzati” alla relazione fondamentale con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e quindi alla fraternità universale che ci lega ad ogni uomo e donna della terra. Peraltro, essi stessi vengono ad assumere uno straordinario rilievo come “segno” della famigliarità divina: un padre è per suo figlio segno prezioso del Padre del cielo; un figlio è per suo padre segno del Figlio, che in suo figlio gli viene affidato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lectio 2008:
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-331-35.html