6 A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7 Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8 La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9 Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10 Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11 Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12 Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13 Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14 Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15 Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
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La nota più affascinante della Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore è questo intreccio tra ingiustizia e giustizia che ci consente di considerare una volta di più il supremo mistero dell’amore di Dio.
Notiamo innanzi tutto la contraddizione espressa dal ver.6. L’arbitrio giuridico di questa concessione, fatta evidentemente per guadagnare l’appoggio popolare al potere, evidenzia la precarietà della “giustizia” umana, che acquista un volto positivo quando rinuncia a se stessa. E la folla chiede appunto tale concessione (ver.8).
Così vengono messe a confronto due persone e due condizioni opposte tra loro, anche se questo è evidente per noi, come meno lo era per quella folla. Da una parte Barabba omicida (ver.7), e dall’altra “il re dei Giudei”, che, come si dice essere nella consapevolezza di Pilato, era stato “consegnato per invidia”(ver.10). E’ singolare questa affermazione, e rivela un aspetto imprevedibile della questione, e cioè quello di una “superiorità” di Gesù che non è stata evidenziata nel comportamento e nelle parole dei capi religiosi del popolo. Perché hanno invidia di Gesù? Per il successo attribuitogli fino a poco prima dalla folla stessa? O per qualche motivo meno evidente e più profondo? Per questo, attira la mia attenzione l’attributo dato a Barabba: “omicida”. Chi è dunque Gesù? L’opposto dell’omicida. L’opposto di Caino! Gesù è Colui che “dona la vita”!
In questa prospettiva, la richiesta che Gesù sia crocifisso, acquista un significato positivo ben più drammaticamente forte: l’orrore di questa morte custodisce in sé il segreto del dono della vita. Così, quello che Gesù sembra subire, è in realtà la sua obbedienza al Padre e al suo disegno d’amore per l’umanità. E Barabba, l’omicida che scampa alla condanna per il calcolo iniquo dei capi religiosi del popolo, è il segno, e in certo senso il primo, di un’umanità salvata dalla morte per il sacrificio d’amore di Chi le dona la vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Al “Figlio dell’uomo”, Gesù, e al suo modo di essere e vivere l’umanità si contrappone oggi “il figlio del padre”, Barabba. In Marco si dice esplicitamente che questi non era un delinquente comune: doveva appartenere a quel gruppo di “ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio”(v.7). Dunque, costoro conducevano un’azione basata sulla lotta armata e sulla violenza, e questa suscitava la reazione vciolenta dei dominatori. Gesù è lontano da tali modalità: dona la propria vita per salvare tutti, compresi gli assassini. Colpisce poi che anche per lui venga scelto il supplizio che si infliggeva ai ribelli: la crocifissione…