66 Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote 67 e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. 68 Ma egli negò: “Non so e non capisco quello che vuoi dire”. Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. 69 E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: “Costui è di quelli”. 70 Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: “Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo”. 71 Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quell’uomo che voi dite”. 72 Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte”. E scoppiò in pianto.
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Ci disorienta vedere che Pietro, con tutto il suo ardore e tanti decisi propositi, non riesca a dare la sua testimonianza nemmeno nel contesto meno pericoloso: davanti a una serva che probabilmente non comprendeva nemmeno cosa stesse succedendo. La negazione è fatta tre volte, cioè è completa, definitiva… e si conclude in pianto, ma “fuori”, precisa Matteo, cioè nella totale delusione, frustrazione, insuccesso. Per gli ebrei, il canto del gallo nella notte indicava una vittoria del satana: ed è stato così per Pietro che ha negato, giurato e imprecato… Credo che nel Vangelo di Marco Pietro non compaia più (mi trovo in un luogo pubblico e non ho un Nuovo Test. a portata di mano). La sua storia finisce in questo scoppio di pianto. Ma noi sappiamo, grazie al vangelo di Giovanni, che il Signore lo riconquisterà con un dono d’amore (impensabile per noi) più grande della colpa commessa.
Con qualche piccola precisazione, il testo di Marco sottolinea forse la “non presenza” fisica di Gesù nell’episodio. Mentre quindi nel parallelo di Luca, un diretto sguardo ammonitore di Gesù porterà a Pietro la consapevolezza del suo tradimento, qui Gesù pare assente, in altro luogo. “Pietro era giù nel cortile”, si dice al ver.66; e addirittura, al ver.68, si dice che “..uscì fuori del cortile..”. Dico questo perchè mi sembra sia parte essenziale di quello che noi chiamiamo “testimonianza”, confessione di fede. L’assenza della persona consegna al testimone tutta la sua “presenza”. Assente, Gesù è terribilmente presente, perchè la sua “presenza” da una parte si impone a chi dovrebbe esserne testimone, e dall’altra tale presenza è totalmente affidata a questo. Colui che deve essere testimoniato è dunque insieme debole e forte. Debole perchè non ha una presenza sua propria. Ma è fortissimo nel pensiero, nel cuore e forse anche nella psicologia ci colui che su tale presenza viene interpellato.
La testimonianza di fede, poi, non è solo e tanto rendere conto del pensiero e dell’opera, o della persona di chi dovrebbe essere testimoniato, ma tutto ciò coinvolge e travolge la persona stessa del testimone. In questo senso è molto interessante che il nostro testo riferisca di affermazioni e di domande che riguardano certamente Gesù, ma solo relativamente al coinvolgimento personale di Pietro:”Anche tu eri con il Nazareno(ver.67)…Costui è di quelli (ver.69)…Tu sei certo di quelli, perchè sei Galileo (ver.70)”.
Per questo, la “crescita” di drammaticità e di rischio che sembra di cogliere nell’incalzare degli interventi – due della serva del sommo sacerdote, e uno di altri presenti – è crescita di paura-chiusura di Pietro davanti a quello che sta accadendo.
L’episodio dunque non è isolato, ma riguarda il fatto stesso di ogni testimonianza di fede. Come Gesù nel brano precedente ha comunicato e si è lasciato implicare dalla “gravità” delle sue affermazioni riguardo alla comunione tra Lui e Dio Padre, così Pietro “rinnega” la sua comunione con Gesù!
Il suo tradimento è meno grave di quello di Giuda? Perdonate l’oziosità, forse, della domanda. Ma mi sembra possa aiutarci a cogliere come la radicale diversità dei due avvenimenti sia dato semplicemente e potentemente dal pianto di Pietro che dice il suo pentimento e il suo dolore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Pietro e Gesù sono entrambi nella casa del sommo sacerdote, ma in ambienti e circostanze molto diverse: Pietro è vicino al fuoco e si scalda, lì ci sono anche servi e serve. Gesù è davanti al sommo sacerdote, ai capi e agli anziani, che vogliono giudicarlo e ucciderlo; ci sono anche servi che poi lo percuotono. Gesù è sotto giudizio, mentre Pietro è di sotto, e le parole di una serva lo spingono a rinnegare Gesù.,Mentre Gesù dà la sua buona testimonianza apertamente davanti ai capi, Pietro “cade” davanti a persone che non hanno potere di giudicarlo, nè di ucciderlo.,Anche noi cdiamo facilmente davanti a cose piccole, e da una parte è bene per noi, perchè non possiamo confidare in noi stessi. San Paolo dice a Timoteo: “So in chi ho creduto, e che lui è fedele”; ed esorta il suo discepolo a “tenere salda la parola che hai ascoltato”. Come per Pietro la sua salvezza è tenere stretta la parola che Gesù gli aveva detto. Il suo pianto derriva dal ricordo della parola di Gesù. Ci sembra dover accogliere il suggerimento di chi sottolinea anche il coraggio di Pietro. Infatti dimostra di voler tenere fede a quello che aveva dichiarato prima a Gesù: “Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò… anche se dovessi morire con te…” E davvero qui vediamo Pietro che solo lui ha seguito Gesù fin nella casa del sommo sacerdote, mentre Gesù è processato. Inoltre, alle parole della serva insistente, e degli altri, Pietro davvero rinnega il Signore, ma neppure allora lo abbandona e scappa, ma resta in quella casa, vicino a dove Gesù si trova. Ma ancor più del coraggio di Pietro nell’affrontare questo ambiente ostile, ci sembra grande il suo coraggio nell’aver raccontato alla comunità, alla chiesa, il suo rinnegamento segreto di Gesù. E’ verosimile che l’origine di questo racconto sia proprio Pietro stesso, dato che altri discepoli sembra non ci fossero con lui. Nonha tenuto nascosto il suo rinnegamento, ma lo ha raccontato apertamente, perchè è stato per lui occasione di esperimentare la infinita bontà e misericordia del Signore, che non glielo ha rinfacciato, ma lo ha perdonato. Il “ricordo” delle parole di Gesù diventano per Pietro occasione di pianto che indica il suo pentimento. E’ come il “ricordo” che di Gesù e delle sue parole facciamo nella liturgia, in particolare forse proprio nel momento dell’ “anamnesi”, del ricordo delle parole della consacrazione, che ci rivela la nostra infedeltà e il nostro peccato, ma ancor più di questo, la sua fedeltà e la sua misericordia per noi e per tutti.
E’ un processo parallelo quello che si svolge nel cortile, nei confronti di Pietro. Un processo di servi, di chiacchiere un po’ oziose. Mentre Gesù va fino in fondo, afferma chi è davanti al sommo sacerdote e dona la sua vita, Pietro lo rifiuta, lo rinnega. Il rinnegamento era stato predetto da Gesù. Pietro allora era sicuro di sé, si sentiva migliore degli altri “Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò” (v.29). “Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò».” (v.31). Per esaltare se stesso, giudica gli altri, prende le distanze da loro. Dovrà invece percorrere la strada dell’abbandono di Gesù in modo definitivo (lo rinnega tre volte). Fino al pianto finale, il ricordo della parola di Gesù, la presa di coscienza lucida, profonda del suo rifiuto. Da qui può sbocciare in modo gratuito la novità della Pasqua. Dall’abisso dell’abbandono e della disperazione, Pietro verrà chiamato a diventare un vero discepolo.