23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24 I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27 Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
28 Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30 che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 31 Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
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PRIMA PARTE
Ritorna quello “sguardo” di Gesù che abbiamo incontrato nel suo dialogo con l’uomo ricco. Come cercandolo invano, oggi Egli confida ai discepoli la dura considerazione di come sia difficile entrare nel regno da parte di coloro che “possiedono ricchezze”. Nella considerazione diffusa nel Popolo di Dio la ricchezza ha accompagnato e commentato la stessa benedizione di Dio sulle persone a Lui più vicine, anche se profezie importanti di povertà eletta, e la stessa struttura profonda della storia della salvezza ha reso Israele pienamente consapevole della sua condizione di “minorità” rispetto agli altri popoli, come occasione, causa e persino gloria di un’elezione divina sempre piegata sulla povertà del suo popolo. Tuttavia il nostro testo non esplicita il perché di questa difficoltà per il ricco ad entrare nel regno di Dio. Mi permetto qui di solo accennare un’ipotesi di spiegazione che trovo ancora nel mistero del Messia e della comunità che Egli raccoglie intorno a Sé. Un Messia umile e povero, molto diverso da quello che Israele attendeva, anche se suggerito da tanti tratti della profezia del Signore. Un Messia che rivelerà la sua potenza come potenza d’amore, una potenza che lo porterà fino alla Croce. Un amore esigentissimo, che chiede di dare tutto per esso! Ed ecco allora l’immagine celebre del cammello e della cruna d’ago.
E’ molto interessante la considerazione dei discepoli davanti a questa affermazione di Gesù. Al ver.26, essi sembrano ignorare le nostre ovvie distinzioni tra ricchi e poveri, e vedono nelle parole di Gesù una prospettiva umanamente impossibile: “E chi può essere salvato?”. La nuova traduzione è più forte ed efficace della precedente che diceva “e chi mai si può salvare?”; in ogni modo la salvezza è sempre un “essere salvati” e non un “salvarsi”. E qui ritorna lo sguardo di Gesù, questa volta posato sui discepoli e accompagnato dall’affermazione forte: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”. Riflettere su queste parole aiuta a non lasciarsi sedurre da considerazioni socioeconomiche, per cogliere in ogni modo la vita nuova in Gesù sempre e solo come dono di Dio!
SECONDA PARTE
Le parole di Pietro al ver.28 sono affascinanti perché mi sembra vadano intese come esclamazione stupita più che come rivendicazione di meriti! Infatti subito prima delle parole di Gesù, l’idea era che nessuno poteva essere salvato. Solo Dio può farlo. Ed ecco che Pietro sembra “accorgersi” con stupore del dono ricevuto da lui e dai suoi amici. La risposta di Gesù certamente conferma la prospettiva del dono divino, dono che deve essere accolto. Dono che porta con sé una dilatazione meravigliosa. Io non sono in grado di fare una lettura spiritualistica delle parole del Signore ai vers.29-31. Né riesco a pensare la vicenda descritta dal Signore come la condizione di pochi speciali eletti. Lo ritengo piuttosto come la condizione di ogni cristiano che coglie e accoglie la storia della salvezza dell’intera umanità nel frammento della sua piccola vicenda personale. Vedo tutto questo nel mistero stesso della Liturgia dove ognuno immerge se stesso e la sua realtà di vincoli, di relazioni e di appartenenza nel mistero dell’intera umanità: così intendo quel “cento volte tanto in case e fratelli…”. A questo punto Marco pone una considerazione assente nei testi paralleli di Matteo e di Luca: “insieme a persecuzioni”. Perché si tratta di una concezione “rivoluzionaria” rispetto alla contrapposizione tra le diversità che caratterizza la storia ferita dell’umanità fino all’inimicizia e alla guerra. Per il Vangelo di Gesù (al ver.29 viene esplicitamente detto che tutto questo lo si fa “a causa del Vangelo”!) ogni uomo e donna del mondo è nostro fratello e sorella. E ogni mio possesso è un pane da spezzare e condividere. Questo è il grande segreto che provocherà quello che afferma il ver.31: molti che hanno oggi la responsabilità di poteri e di ricchezze saranno esposti al pericolo di non entrare in questa universale famigliarità. Molti “ultimi” getteranno le due monetine della loro piccolezza-povertà nel grande tesoro della carità e per questo celebreranno nelle loro piccole persone il mistero e la potenza di Colui che si è fatto povero per noi, per la nostra salvezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.