11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12 Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
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Possiamo forse pensare che “l’abito nuziale” non sia solo un vestito “da festa”, ma anche il segno evidente del dono della salvezza – forse, addirittura l’abito battesimale! – e quindi, in ogni modo, qualcosa di “visibile” che sia segno del dono ricevuto!
Dunque, un segno della radicale novità della vita salvata e redenta!
Penso anche alla “visibilità” della vita nuova, non come esteriorità, ma come frutto e fecondità del dono ricevuto!
Nella vicenda cristiana mi sembra si incontrino e si concentrino sia la preziosità di un “nascondimento nell’umiltà” che Gesù stesso ci annuncia e ci mostra nella sua essenziale “povertà”, sia il segno e quindi la “visibilità” della vita divina che ci è stata donata.
Questo “abito nuziale” non sarà certamente qualcosa di sfarzoso, ma anzi, proprio al contrario, sarà il segno della comunione con la Persona del Signore Gesù, del Crocifisso (!) .
Se dunque da una parte si esige un totale “nascondimento”, dall’altra si esige una “visibilità”, una concretezza.
A questo mi porta anche il termine reso in italiano con “amico” (ver.12), un termine presente mi sembra solo in Matteo, che in Mt.26,50 Gesù attribuisce a Giuda nel momento e nel dramma del suo tradimento!
Questo sembra voler evidenziare il contrasto tra l’amore di Dio che redime e salva e la condizione umana di povertà e di peccato!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Uno degli invitati “non indossava l’abito nuziale”: non si era cambiato, cioè non aveva cambiato vita. L’amore di Dio avvolge tutti e porta con sé un cambiamento che richiede il nostro assenso, la nostra collaborazione. I “cattivi” sono invitati per primi, ma non possono rimanere tali. – Sul simbolo dell’abito nuziale ci sono state varie interpretazioni. Mi sembra particolarmente bella quella che fa riferimento all’Apocalisse, dove si dice che la veste di lino della sposa “sono le opere giuste dei santi” (19,8). Ecco la nostra veste: le opere buone, che non sono preghiere e sacrifici, ma azioni concrete per il bene del prossimo. Senza questa veste rimangono “tenebre…, pianto e stridore di denti”: cioè un fallimento della propria esistenza e una fine definitiva.