1 Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, 2 e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. 3 Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». 4 Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. 5 E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. 6 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
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La via più semplice per cogliere come la regola aurea del sabato ebraico si compia e si attui nella parola e nell’opera di Gesù mi sembra quella di pensare il giorno del Signore, il sabato ebraico e poi la domenica cristiana, come il giorno della pienezza e della gloria dell’opera di Dio. Si ferma l’opera dell’uomo e si celebra e si accoglie l’opera di Dio. Chiaramente tutto questo mette in difficoltà non la fede profonda di Israele, ma la devianza moralistica del farisaismo. Sono i farisei quelli che, davanti alla situazione dell’uomo con la mano paralizzata, “stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo” (ver.2).
Gesù sembra accettare la provocazione e Lui stesso pone al centro la vicenda di quell’uomo: “Alzati, vieni qui in mezzo!” (ver.3). Al ver.4 Egli pone una domanda che suona provocatoria, e che porta in se stessa le premesse di quello che Gesù vuole affermare e compiere: “E’ lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Già la presenza di quel “fare” premesso al “bene” e al “male” sembra invadere una concezione del sabato in cui sembra non previsto alcun “fare”. Questo mmi sollecita a suggerire di controllare come il riposo sabbatico abbia non una, ma due motivazioni. La prima possiamo trovarla in Esodo 20,8-11, con il suo chiaro riferimento al riposo come celebrazione del riposo di Dio. L’altra l’ascoltiamo in Deuteronomio 5,12-15, dove il riposo sabbatico celebra l’opera di salvezza con la quale Dio ha liberato il suo popolo. Dunque, è celebrazione dell’opera di Dio!
Nel testo di Marco è particolarmente sottolineata l’addolorata indignazione di Gesù per la loro reazione di silenzio. Silenzio che dice come il problema del sabato sia premessa sia per loro preannuncio di una verità ben più impegnativa, e cioè che Gesù è Dio, e che la sua opera è quindi l’opera di Dio. Gesù è adirato per la loro durezza di cuore, ed è guardandoli con questo sguardo severo che guarisce l’uomo con la mano inaridita (ver.5). Il giorno del Signore celebra dunque la sua opera di salvezza. Per questo Gesù compie molti suoi miracoli proprio di sabato.
Ma “il sistema”, sia quello “religioso” che quello “politico” (gli erodiani!), non può sopportare il terremoto e il dissesto che Gesù arreca ad ogni sistema mondano e ad ogni sapienza ammalata di “mondanità”, e quindi non può che reagire con progetti di eliminazione e di morte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per renderci conto del “terremoto” creato da Gesù sulla legge del sabato, ricordiamo che essa era (ed è, credo) considerata nel mondo ebraico la più importante di tutte, poiché Dio stesso l’aveva rispettata quando “il settimo giorno si riposò”. – Nei versetti odierni assistiamo a una scena straordinaria: Gesù dice all’uomo con il braccio paralizzato: “Alzati! Vieni qui in mezzo”. In mezzo, al centro nella sinagoga c’era proprio il libro della Legge, mentre le persone stavano sedute in terra tutt’attorno. L’uomo in piedi, l’opera “molto buona” di Dio, prende il posto della Legge. Al centro di tutto ora vi è il dono di grazia e di salvezza dato attraverso Gesù. – A questo punto siamo in sintonia con le ultime parole di papa Francesco: impariamo a memoria le Beatitudini, la nuova regola dei discepoli di Gesù, dato che i comandamenti dell’antica legge li conosciamo già perfettamente.