32 Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre. 33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
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Queste affermazioni alla fine del discorso sul tema della fine è propriamente del solo Marco, ed è di grande rilievo. Il nostro brano inizia con la ripresa del ver.32 che con grande forza afferma che neppure il Figlio conosce il giorno e l’ora. Questo è di estremo rilievo, non perché in certo modo “diminuisce” o “relativizza ” il potere di Gesù, ma perché afferma, implicitamente, che Gesù è “l’anti-adamo”! L’inganno del serpente induce i primogenitori ad un tentativo di “furto” e di impossessamento della divinità. Gesù è invece il primogenito di un’umanità che non s’impadronisce, ma riceve da Dio la condizione divina dei figli di Dio! Le “religioni” sono esposte ad essere una “conquista” di Dio da parte dell’uomo. La fede ebraico-cristiana, invece, esalta il dono! Tutto è grazia! Con Gesù Dio è venuto tra noi ed è diventato “uno di noi”: pienamente Figlio di Dio e Figlio dell’uomo! E qui, con noi, nella nostra stessa debolezza (!), ci conduce alla piena figliolanza divina. Allora, in questo senso, l’affermazione che “a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, eccetto il Padre” è veramente la pienezza della comunione tra Dio e l’umanità nell’incarnazione del Figlio e nella sua obbedienza al Padre fino alla Croce. Mi sembra importante che su questo io riesca a balbettare qualcosa di comprensibile. Se non è così, scrivetemi le vostre proteste, e cercherò di essere meno confuso.
Per questo motivo il tema della vigilanza è di decisiva importanza. Seguiamo con attenzione il nostro testo. Nella piccola parabola dei vers.34-36 dice di quell’uomo che partendo lascia la sua casa e ai servi “dà il potere, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare”. Subito però estende al plurale questo compito: “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino che giungendo all’improvviso non vi trovi addormentati”. E al ver.37 ribadisce con forza: “Quello che dico a voi lo dico a tutti: vegliate!”
Infatti solo questa veglia toglie al potere dato ai servi e al compito assegnato a ciascuno il rischio di “impadronirsi” di tale potere e di tale compito. Invece, quel non sapere il tempo del suo ritorno esige una vigilanza che ricorda con severa forza che niente è nostro e tutto è di Dio! Il rischio delle religioni è quindi quello che per la nostra fede ebraico-cristiana è il peccato originale, il peccato delle origini, la fonte di tutti i guai: voler “conquistare” Dio! Dio, invece, lo si può solo accogliere! Non è conquista, ma dono! Grazia! E ciò esige quell’umile vigilanza che alla fine è il segreto della vera comunione con Dio Padre e tra noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù è davvero uno di noi: come noi, non sa quale sia il giorno o l’ora, che solo il Padre conosce. Ma noi, come Gesù, ci fidiamo del Padre, ci abbandoniamo a lui (almeno, questo è il desiderio e l’intenzione). – La piccola parabola successiva ci dà una bella immagine non solo della comunità credente ma anche di tutta la famiglia umana: è come una casa in cui a ognuno è stato affidato un compito; tutti fanno la loro parte perché gli abitanti di quella casa stiano bene, vivano bene. Tutti cooperano per una vita buona… – Vegliare vuol dire tenere gli occhi ben aperti, essere consapevoli, saper discernere: chissà se siamo in linea con questa forte esortazione del Signore!