1 Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. 2 Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. 3 Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4 Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, 5 perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 6 Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 7 per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito.
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Non perdiamo lo spessore del ver.1 del nostro brano, che non ci dice solamente quello che la versione italiana propone con questo terminare Gesù “di rivolgere tutte le sue parole al popolo…”, ma vuole dire anche una “pienezza” della predicazione di Gesù, una “interezza” del dono che Egli fa al popolo.
Ed ecco affacciarsi, dal ver.2, una vicenda nuova: la situazione di questo ufficiale romano, e quindi pagano, per la malattia di un suo servo-schiavo che non si sa a quale etnia appartenga.
Il centurione lo ha “molto caro” (ver.2). Ed ecco la descrizione della relazione buona e profonda tra il centurione e il mondo giudaico!
Così si manifesta il legame positivo e profondo tra questo pagano e il popolo giudaico.
Gli anziani giudei dicono a Gesù tutta la positività della relazione di questo straniero, di per sé un invasore-dominatore, con il popolo di Cafarnao.
E gli segnalano addirittura essere lui ad avere costruito la loro sinagoga!
La nota positiva che emerge è anche forse la distinzione delicata tra la relazione positiva del centurione con il popolo di Cafarnao e la sua relazione con Gesù, di cui non si conoscono le ragioni e la storia.
Si vedrà tuttavia, al ver.6, quanto questa “relazione” sia profonda!
Gesù, di cui si è detta la sua opera verso il popolo giudaico, entra ora in relazione con il mondo pagano.
Egli accoglie la richiesta degli anziani giudei: “…si incamminò con loro” (ver.6)!
A questo punto, ecco il miracolo della più profonda “vicinanza” tra il centurione e il Signore: gli amici che egli manda a dire a Gesù: Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto ….
Lo ricordo sempre, questo pagano, quando nella Liturgia si evocano le sue parole applicandole a ciascuno di noi e a tutti noi!: “Di’ una parola e il mio servo sarà guarito” (ver.7).
La fede è giunta nel mondo pagano, a tutte le genti!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che stupende parole: “Signore, io non son degno he tu entri sotto il mio tetto…, ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito”. Le abbiamo ripetute tante e tante volte con sincerità e con fede. Permettetemi, tuttavia, di riferirvi quello che alcuni nella Chiesa ritengono e affermano: le parole del centurione non sarebbero adatte, appropriate da ripetere prima della comunione eucaristica. Siamo, infatti, amici e fratelli di Gesù, come lui stesso ci ha considerati e chiamati, non servi, non subordinati. E noi stessi siamo il santuario di Dio, il luogo da cui si espande il suo amore. In alcune comunità le parole del centurione sono state sostituite da quelle di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.