14 Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16 perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17 E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, 18 perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». 19 Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20 E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi». 21 «Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22 Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23 Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
Luca 22,14-20

Mi sembra divinamente grande il legame tra questa “liturgia” e la liturgia ebraica della Pasqua, e nello stesso tempo mi emoziona l’unità profonda del segno supremo della salvezza: evento pieno e ancora profetico per i nostri padri ebrei, e pienezza del dono di Dio per noi discepoli di Gesù, e peraltro anche attesa della pienezza finale del regno di Dio, come ascoltiamo oggi dal ver.18.
L’“ora” del ver.14 è certamente quella prevista dalla tradizione ebraica, ma è anche l’ora suprema del mistero di Cristo.
Al ver.15 Gesù esprime il suo travolgente desiderio di “mangiare questa Pasqua” con i suoi discepoli: Egli la consegna a tutte le generazioni cristiane che con questa liturgia saranno condotte verso il suo compimento “nel regno di Dio”! (ver.16).
E’ dunque pienezza e insieme cammino!
In questa Liturgia Gesù è insieme “sacerdote” e “vittima”!
Egli infatti è quella “Pasqua” che nel brano precedente si diceva dover essere “immolata” e “mangiata”. Gesù è l’Agnello Pasquale di tale cena! E il vino dell’antica Pasqua ebraica è il suo sangue: il suo sacrificio d’amore per la salvezza della creazione e della storia.
Tutta l’antica fede e l’antica liturgia dei Padri Ebrei si raccoglie e si adempie nella Cena di Gesù!
Consentitemi oggi di nascondere tutta la mia povertà e incompetente fragilità, lasciando a voi, ciascuno e tutti, di soffermarsi ancora su questa suprema Parola della nostra salvezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Questo è il mio corpo”: il corpo nella concezione semitica è la persona stessa; è come se Gesù dicesse: “Questo sono io, è la mia persona” (così spiega mons. Ravasi). E’ il Signore che ci dona se stesso, la sua presenza, la sua capacità di amare. Aggiunge infatti: “che è dato per voi”. Non c’è quell’aggiunta “in sacrificio” che compare invece nella nostra liturgia. – “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”: le note sottolineano l’originalità di questa “formula” rispetto agli altri Sinottici. Intanto, è la “nuova” alleanza, è l’assolutamente nuova forma di comunione e di legame che Dio inaugura con noi uomini. “Nel mio sangue”, dice Gesù: come l’alleanza con Mosè era stata suggellata dal sangue versato in parte sull’altare (la parte di Dio) e in parte sul popolo, così ora il sangue di Gesù suggella il nuovo vincolo nel Regno di Dio.