14 I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. 15 Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole. 16 La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi. 17 È più facile che passino il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge. 18 Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.
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L’ipotesi che mi faccio e vi propongo è che questi versetti evangelici, che possono sembrare dispersi e discontinui, forse hanno la loro unità di significato se intesi come la grande alternativa tra il dono e il possesso, tra una giustizia ottenuta con le proprie forze e capacità, e una giustizia che accogliamo nella nostra povertà.
In questo orizzonte il legame tra farisaismo e attaccamento al denaro (ver.14) si spiega come una concezione della giustizia e del rapporto con Dio come un’impresa che premia chi se lo conquista.
La giustizia farisaica, sembra dire il ver.15, è apparenza mondana esaltata dagli uomini ma abominevole davanti a Dio!
La grande tradizione della fede ebraica fondata sulla Legge e sulla Profezia porta la storia della salvezza fino alla suprema testimonianza profetica di Giovanni Battista (ver.16). Dopo di lui il regno di Dio viene annunciato e ognuno è chiamato ad entrarvi!
La Parola della Legge e dei Profeti non è superata e negata, ma si compie e si adempie in Gesù: tale mi sembra il significato del ver.17.
La profonda realtà nuziale della fede ebraica viene tradita dal volontarismo orgoglioso dei farisei che non coglie la continuità tra la fede ebraica e la sua pienezza nella relazione con Gesù che la illumina e la realizza (ver.18)!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La parabola dell'”abile amministratore” si chiudeva probabilmente, nel racconto di Gesù, al v.8 con la lode della sua “scaltrezza”: un termine che si può tradurre anche con “prudenza (come fa la Vulgata), saggezza, intelligenza”. Ed è così che noi dovremmo condurre il nostro cammino di discepoli di Gesù: con decisione, avvedutezza, intelligenza… Possiamo vedere – credo – una conferma di questo insegnamento nel brano odierno, al v.16: “… da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi”. Quel “si sforza di entrarvi” traduce un unico verbo greco che è ancora più forte: significa “fare violenza, agire con violenza, prendere con avidità…”. Dunque, per entrare nel Regno di Dio, per appartenervi in pienezza occorre la nostra determinazione, accogliere “con avidità” la parola che ci viene annunciata e farla nostra. Naturalmente, anche questo lo possiamo fare solo con l’energia che Dio ci dona, come spesso ci ricorda Giovanni.