27 Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». 28 Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. 29 Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. 30 I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 31 Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; 32 io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
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La vicenda del pubblicano Levi si inserisce armoniosamente in questo cap.5, che si è aperto con la chiamata di Pietro il peccatore, e con l’incontro di Gesù con il lebbroso e con il paralitico portato dai barellieri. Siamo dentro al grande canto della misericordia divina e della sua potenza di creare per ogni situazione e condizione la vita nuova. Anche qui l’iniziativa è di Gesù: “…uscì e vide..e gli disse: Seguimi”(ver.27). Anche qui non condivido l’affermazione delle note delle nostre bibbie, che dicono che quel “lasciare tutto” è “condizione” per seguire il Signore. Io penso piuttosto che chi ha trovato la perla o il tesoro nel campo, è contento di vendere tutto per avere quello che ha finalmente trovato.
E’ molto simpatica anche la “contraddizione” tra l’aver Levi lasciato tutto e il “grande banchetto nella sua casa” di cui dice il ver.29. Mi piace pensare che Levi abbia buttato tutto nel fare della sua vita un grande banchetto di peccatori intorno a Gesù. Un banchetto che ovviamente suscita la mormorazione dei farisei e dei loro scribi. Siamo in certo modo nell’orizzonte della ”lontananza” che Pietro chiedeva tra lui e Gesù a motivo del suo essere un peccatore, mentre Gesù, al contrario, è salito sulla sua barca e lo chiama a farsi pescatore di uomini. Anche qui, Gesù dovrebbe tenere la distanza da quel banchetto di peccatori. Ed è interessante che l’obiezione sia rivolta “ai suoi discepoli” (cioè a noi!): “Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. E’ curiosa, e quasi divertente, l’interpretazione che una nota delle bibbie suggerisce dicendo che si tratta di peccatori “pentiti”. Il che però non è nel testo.
La risposta del Signore è duplice, ai vers.31-32. La prima riguarda noi peccatori. La seconda spiega il senso profondo della sua venuta e della sua presenza tra noi peccatori. E’ importante che pubblicani e peccatori vengano da lui “interpretati” come “malati”: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”(ver.31). E’ proprio da questa interpretazione che si coglie come Egli tenda ad allontanare dal peccatore la categoria della “colpa”, cogliendo il peccato come una “malattia” che aggredisce e invade le persone. E Lui, che ha purificato il lebbroso e ha fatto camminare il paralitico, è lo stesso che è salito sulla barca del peccatore Pietro e ora è a tavola nella casa del pubblicano Levi: tutti abbiamo bisogno di Lui! E Lui per questo è venuto! La seconda affermazione di Gesù si risposta dalla condizione del malato a quella del peccatore, per dire: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano”(Ver.32). La conversione è “il fine” e non la condizione della sua chiamata rivolta a tutti noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.