12 Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi sanarmi». 13 Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii risanato!». E subito la lebbra scomparve da lui. 14 Gli ingiunse di non dirlo a nessuno: «Va’, mostrati al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come ha ordinato Mosè, perché serva di testimonianza per essi». 15 La sua fama si diffondeva ancor più; folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. 16 Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.
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La chiamata di Pietro e dei suoi compagni segna l’inizio di un rapporto più diretto e consapevole delle persone con Gesù. La relazione con lui è il principio della Chiesa, cioè della comunità messianica, della nuova umanità che nasce dalla pienezza della misericordia divina manifestata e donata nella persona e nell’opera di Gesù. Mi sembra che la vicenda del lebbroso sanato voglia porsi sul confine tra continuità e novità: continuità con le promesse, le profezie e il culto dei padri ebrei, novità evidente e dirompente della presenza e dell’opera del Signore.
Il primo dato forte di questo episodio è la forza provocatoria del gesto e della preghiera del lebbroso, che manifesta il riconoscimento esplicito della potenza salvifica di Gesù: “Signore, se vuoi, puoi sanarmi” (v. 12).
A questa forte confessione e preghiera Gesù risponde con la rivelazione del suo intendimento più profondo: “Lo voglio, sii risanato” (v. 13). Qui è importante ricordare come la lebbra non fosse, nell’economia salvifica dei padri ebrei, una malattia tra le altre, ma avesse un rapporto significativo con la fede e con il culto di Dio; i capitoli 13 e 14 del Levitico sono dedicati a questo tema. E questo spiega – e insieme ne arricchisce il significato e la portata – perché il verbo che in italiano è reso con “Sii risanato”, nel testo originale è “Sii purificato”, con un evidente riferimento alla possibilità di rendere culto a Dio. La lebbra assume dunque il significato simbolico di un male che impedisce la relazione con Dio e dal quale Gesù è venuto a liberare l’umanità.
Ecco perché Gesù – forse provocatoriamente? – chiede il silenzio sul prodigio avvenuto, e chiede si adempiano le prescrizioni previste per la guarigione dalla lebbra in Levitico 14.
Il v. 15 sembra “ribattere” all’ingiunzione di Gesù, quasi a mostrare la forza dirompente e incontenibile della sua opera e quindi della Buona Notizia che ne scaturisce. Ed è molto bella la precisazione circa le ragioni di questa potenza della notizia evangelica: il bisogno di ascoltare il Signore e di essere da Lui sanati. È come se la vicenda del lebbroso sanato si universalizzasse, e l’umanità cogliesse la possibilità di essere sanata e liberata per raccogliersi intorno al Signore.
Il v. 16, breve e potente, risponde con l’atteggiamento umile, misterioso e anti-mondano, di Gesù.
L’uomo è pieno di lebbra; al v. 4,1 si dice di Gesù “pieno di Spirito Santo”. Colui che è pieno di Spirito Santo tocca colui che è pieno di lebbra. Questo è il grande avvenimento necessario. Di Gesù è stato detto che è pieno di Spirito Santo, dopo avere ricevuto il battesimo al Giordano; e in un certo modo noi, e in ogni uomo in potenza, nel riconoscerci pieni di lebbra, però siamo anche partecipi di questo battesimo e quindi anche di questa pienezza di Spirito. Questo ci ha fatto riflettere che adesso non si può vedere nessuno né dire di nessuno soltanto “pieno di lebbra”, se non anche insieme a “pieno di Spirito”. Troviamo che sia molto importante anche riguardo ai molti colpiti di Aids, che non si possono considerare solo in relazione alla loro malattia, ma nel mistero di questo incontro e congiunzione tra “pieno di lebbra” e “pieno di Spirito Santo”.
“Pieno di lebbra” ricorda “la grande febbre”della suocera di Pietro. A Luca piace evidentemente sottolineare l’imponenza del male. D’altra parte Luca dicendo “pieno di lebbra”, a differenza di Mc e Mt che dicono semplicemente “lebbroso”, evidenzia maggiormente la distinzione fondamentale tra l’uomo e la sua malattia, già notata nei brani precedenti.
La testimonianza del v. 14, anche alla luce del precedente “oggi si è adempiuta questa Scrittura nei vostri orecchi”, può essere intesa in tutta la sua estensione. Ciò che la Legge poteva solo adombrare in profezia, ora si realizza: la purificazione del lebbroso. E ora, quanto la Legge ha preparato per la verifica dell’avvenuta guarigione diviene testimonianza di colui che ha la potenza di purificare.
Gli ultimi due versetti hanno diversi particolari che ci indicano che stiamo progredendo nel Vangelo. Quello che al v. 4,14 era fama e al v. 4,37 era eco riguardo a lui, ora è la parola riguardo a lui. La gente, che al v. 4,40 avevamo visto condurre a Gesù i propri infermi e in seguito al v 5,1 fare ressa intorno a lui per ascoltare la Parola di Dio, ora viene insieme ad un tempo per ascoltare e essere guarita, e adesso senza distinzione fra coloro che portano gli infermi e gli infermi stessi.
L’ultimo versetto mostra un rapporto/tensione essenziale nel Vangelo di Luca tra l’immersione di Gesù fra la gente e il suo ritirarsi nel deserto, dove per Giovanni Battista prima e adesso per lui appare il luogo di un rapporto diretto e esclusivo con Dio Padre. Però, forse proprio per questo, in questi luoghi deserti, si può anche vedere l’immersione ancora più profonda e essenziale, esistenziale, di Gesù nelle nostre desolazioni, così anche esse riscattate, anzi luogo della preghiera del Figlio al Padre.
E’ difficile, per noi, anche solo immaginare quale dovesse essere la condizione di un lebbroso. Come ha ricordato don Giovanni, si trattava non solo di una terribile malattia del corpo, ma anche di una inspiegabile “impurità” che rendeva praticamente impossibile il rapporto con Dio. O almeno, così si credeva: ma non con Gesù! In modo semplice, quasi “naturale”, senza scene o clamori, il Signore spazza via tutto un cumulo di pregiudizi, condizionamenti, regole religiose e sociali: stese la mano “e lo toccò”! Perchè toccarlo? Non era affatto necessario, anzi era proibito…; ma Gesù spezza catene assurde, pesi insopportabili…. Che liberazione, che salvezza! Potessimo capirla e accoglierla davvero!.- Com’è affascinante e misteriosa la conclusione del brano: Gesù si apparta in un luogo desertico per pregare.