22 Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?». 23 Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!». 24 Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. 25 Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27 C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
28 All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29 si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
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Stupisce vedere come Luca continui a tenere una sua linea di memoria molto particolare anche dove, come nel brano di oggi, le circostanze, le parole e le reazioni delle persone appaiono molto simili ai paralleli di Matteo e Marco.
Alle parole di Gesù i suoi compatrioti rispondono con una meraviglia che appare positiva e non perplessa, come invece è nelle versioni di Matteo e Marco. In questo modo anche la domanda che si fanno:”Non è il figlio di Giuseppe?”, non suona negativa, e non li porta allo scandalo segnalato dagli altri Vangeli e dovuto all’inaccettabile piccolezza e ordinarietà della persona di Gesù rispetto alla sua autopresentazione così autorevole. Qual’è dunque il problema che nasce, secondo la tesi di Luca? Niente sembra trasparire dalla gente. E allora?
E’ Gesù a intuire e a denunciare il problema, almeno così mi pare e ora tento di mostrarvi. Al ver.24 Gesù parte citando un detto:”Medico cura te stesso”. E spiega che “nessun profeta è ben accetto in patria” non perchè non gli si vuol credere (come forse è la tesi di Matteo e di Marco), ma perchè, quasi al contrario, lo si vuole accaparrare, lo si vuole in possesso e uso esclusivo: “Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria”. Vogliono il loro “dio” solo per loro. E’ importante ricordare che questo è il rischio cui sono esposte le religioni, quello di tendere a coincidere con una determinata etnìa, o cultura, o tradizione; oppure a tendere a estendersi imponendo sempre se stesse insieme a quel “dio” che vogliono far conoscere e accettare.
Mi sembra questo il motivo che spinge il Signore a ricordare due episodi storici, il primo contenuto nel 1Libro dei Re (17,1ss) e l’altro nel 2 Libro dei Re (5,ss), nei quali l’intervento divino si è compiuto non per membri del popolo di Dio, ma per stranieri appartenenti ad altre credenze religiose. Il Dio di Israele si presenta e si manifesta come Dio del suo popolo, ma anche oltre il suo popolo, misteriosamente libero di donarsi e rivelarsi a persone che non lo conoscono. A questo si deve aggiugere che nei due episodi citati non assistiamo in maniera specifica ad un’espansione della fede di Israele, ma a interventi di
Dio su mali comuni all’iintera umanità : la fame e la malattia. Sembra cioè che il fine di tale intervento sia primariamente quello di soccorrere le persone nel loro bisogno. L’adesione alla fede è se mai successiva, come conseguenza di un beneficio ricevuto su piani molto concreti, non tipicamente “religiosi”. Gli abitanti di Nazaret devono ora accettare che il loro divino concittadino non si chiuda nel recinto della loro città: la sua missione si rivelerà sempre più universale proprio in adempimento ai profetici episodi che Lui ha citato.
Stupisce – ma non più di tanto – e dispiace lo sdegno omicida dal quale vengono invasi per questo “Signore” che non è al loro servizio, che non accetta di identificarsi con la loro compagine. I suoi discepoli non possono considerarsi “una parte” in contrapposizione ad altri, non possono fare guerre e conquiste di religione. Possono e devono solamente far sapere con mite sapienza spirituale che nel sacrificio d’amore del Figlio di Dio tutta l’umanità è chiamata ad unirsi nell’unica famiglia dei figli dell’unico Padre.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi colpisce una piccola osservazione della TOB a proposito del detto “nessuno è profeta in patria”. Gesù è stato completamente uomo: ha fatto anche questa esperienza umana, di non essere accettati e approvati nella propria patria e casa. Mi colpisce anche la determinazione, il coraggio che il Signore qui dimostra: cita i due casi “scandalosi” per gli ebrei, quello della vedova di Sarepta e quello del lebbroso siro; non attenua i toni, pur sapendo che irriterà i suoi ascoltatori… La minaccia che riceve dai suoi compaesani, prefigura già l’esito finale della sua vicenda umana; tuttavia egli “passando tra loro, se ne andò”: prosegue il suo cammino verso Gerusalemme.
Mi ha piuttosto sorpreso il modo con cui Gesù si rapporta con la gente. Loro, stupiti di quello che dice, costatano che è il figlio di Giuseppe. Gesu’ allora cita il proverbio del medico, parla di Cafarnao e ricorda i due episodi del libro dei Re. E’ davvero quello che pensano i nazaretani? Forse ha cercato la rissa?
In ogni caso non lo accettano e addirittura lo vogliono uccidere!
Sia la vedova di Sarepta sia Naaman il Siro non sono così aperti all’accoglienza del dono. La prima è talmente povera e depressa dalla carestia che pensa di morire. Il secondo si deve umilmente mettere in ascolto del consiglio dei servi per buttarsi nel misero Giordano. Anche se un po’ restii e ribelli questi due erano poveri e malati e proprio a loro Dio manda il profeta. E’ Dio che sceglie i destinatari e non viceversa, e sceglie chi è ultimo, chi non c’entra nulla, chi è lontano.
Anche Gesù fa così e lo vedremo già nei prossimi versetti. Per “fortuna” anche noi siamo dei miseri peccatori e quindi teoricamente abbiamo tutte le carte in regola per essere scelti per la sua visita. Non ci resta che accogliero a braccia aperte piene di gratitudine!