41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49 Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50 Ma essi non compresero le sue parole.
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Oggi si conclude il nostro cammino nei primi due capitoli del Vangelo secondo Luca, che vengono chiamati “vangelo dell’infanzia” del Signore. Le Parole che oggi riceviamo dalla bontà di Dio portano una memoria che solo il Vangelo secondo Luca riferisce. Vi possiamo cogliere anche un’indicazione di sintesi di quanto abbiamo ascoltato finora. Indico al proposito due grande connessioni che mi pare possiamo custodire per il seguito del nostro viaggio nel testo di Luca. La prima connessione riguarda l’unità profonda tra il Natale e la Pasqua di Gesù. In modo crescente abbiamo colto il riferimento pasquale della narrazione di questi primi giorni-anni della vita terrena di Gesù, cui anche l’ambientazione geografica di Gerusalemme ha fortemente contribuito. In particolare gli ultimi passi e l’incontro con Simeone ed Anna e la loro testimonianza, e il brano di oggi, esplicitamente hanno congiunto la persona di Gesù Bambino e il Cristo della Croce e della Gloria. L’altra connessione forte che è progressivamente cresciuta mi pare essere l’unità inscindibile tra l’antico popolo della Prima Alleanza e quello che nascerà dalla Pasqua di Gesù: non due realtà separate, certamente non due “religioni”e la profonda e reciproca comunione tra l’uno e l’altro, il “dialogo necessario” e mai terminato tra le due grandi fonti della fede di Gesù Cristo, il fascino e magari la “fatica” di un cammino che deve essere tenuto distinto e inseparabile. Credo che questo si debba compiere addirittura in maniera crescente!
Notiamo come dunque anche oggi tutto abbia la sua culla essenziale nella fede di Israele: la Pasqua, e la consuetudine devota da parte di molti ebrei di celebrarla a Gerusalemme. Gesù, fin dalla nascita è cresciuto in questo itinerario di festa che ogni anno lo ha portato insieme a “parenti e conoscenti”(ver.44). Questa salita a dodici anni si può forse considerare particolarmente significativa – e il nostro testo lo confermerebbe – perchè Gesù si trova nell’età in cui si compie nella vita dell’ebreo un passaggio fondamentale alla “vita adulta”: per la prima volta il ragazzo legge la Scrittura nell’assemblea e quindi ne assume in certo modo una responsabilità da adulto.
Bella e quasi drammatica l’immagine di questa prima non-percezione da parte dei genitori dell’ “assenza” di loro figlio, e la successiva ricerca appunto “tra i parenti e i conoscenti”. Il testo ci porterà infatti verso la “parentela” fondamentale di Gesù! Il ver.45 ci dice che lo cercano per tre giorni – allusione pasquale! – a Gerusalemme e alla fine lo trovano nel Tempio. Mi sembra molto interessante l’annotazione secondo cui il ragazzo “ascoltava” e “interrogava”(ver.46). Notate, prima ascolta, perchè tale è la radice della preghiera e del rapporto con Dio, e Gesù tutto riceve attraverso la tradizione dei padri. E poi interroga, perchè di quelle Scritture antiche Egli è il compimento, e in Lui le Scritture compiono il passo ultimo e definitivo di illuminazione e di potenza. I suoi interlocutori rappresentano tutto l’Israele che l’ha atteso e ora è pieno di “stupore per la sua intelligenza e le sue risposte”; e anche questo dice come Gesù assuma e porti a pienezza tutto l’antico deposito della fede ebraica.
Il breve, drammatico dialogo dei vers.48-50 riprende e sottolinea quella “meraviglia” che aveva preso Maria e Giuseppe, al ver.33, per le parole di Simeone. E qui non solo meraviglia, ma anche, esplicitamente, la loro sottomissione a misteri più grandi di loro. Acquista un sapore meraviglioso la ricerca del Figlio fino al dolore che Maria presenta al ragazzo. Ed è meravigliosa la risposta di Gesù circa la vera e profonda collocazione e destinazione della sua persona e della sua vita: “io devo essere (non semplicemente “occuparmi” come traduce l’italiano) nelle cose del Padre mio”. “Ma essi non compresero le sue parole” non esprime solo una minorità, ma anche il proprio della fede, che è sempre più grande e al di là di ogni comprensione e definizione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il testo di oggi conclude i primi due capitoli sull’infanzia di Gesù e allo stesso tempo è una cerniera con i capitoli che seguono, come l’annotazione dei dodici anni di Gsù fa intendere.
Se si confronta il primo pellegrinaggio di Gesù da Nazaret a Geriusalemme di cui abbiamo letto nei giorni scorsi con quello di oggi, si notano due differenze importanti:
A) ieri abbiamo letto che dopo che ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore fecero ritorno in Galilea alla loro città di Nazaret; oggi invece leggiamo che compiuti i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme. In questo è prefigurato che Gesù non solo è venuto per adempiere tutte le norme e le prescrizioni della legge, ma in certo modo oltre la legge a essere sempre nelle cose e nella volontà del Padre.
B) Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato altri che parlavano e profetizzavano rispetto al bimbo, oggi è lui stesso che parla.Il rimanere a Gerusalemme, in considerazione anche dell’uso del verbo in altri passi del N.T., è la perseveranza di Gesù nella volonta del Padre, che è allo stesso tempo la sua “pazienza”, che avrà la sua massima manifestazione nel suio ultimo grande pellegrinaggio a Gerusalemme a celebrare la sua pasqua.
Quello che nella prima parte del testo può apparire una tensione tra il rimanere nelle cose del Padre e il rapporto con i familiari, si stempera negli ultimi versetti, dove l’essere nelle cose del Padre sembra divenire una cosa sola con la sua sottomissione di cui al v. 51. Così anche la fine del testo si dice “davanti a Dio e agli uomini”.
“Devo essere nelle cose del Padre mio”: leggo che si può intendere anche “nella casa, nella volontà” del Padre mio. Difficile da “capire”, accogliere da parte di Maria e Giuseppe, ma forse anche da parte di Gesù stesso. E il testo di oggi fa vedere che anche per lui c’è stato un lungo cammino di crescita: psicofisica, intellettuale, e anche nei rapporti con il Padre (“cresceva in grazia”). Siamo abituati a pensare che Gesù, essendo Figlio di Dio, abbia avuto tutto chiaro fin dall’inizio… Ma, poichè è stato uomo come noi, è forse più giusto pensare che non avesse da subito tutte le risposte, e che sia andato crescendo faticosamente in tutto, come succede per ognuno di noi nella storia personale e in quella collettiva. Davvero uguale in tutto…: grazie, Signore!