9 Poi prese a dire al popolo questa parabola: «Un uomo piantò una vigna, la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano per molto tempo. 10 Al momento opportuno, mandò un servo dai contadini perché gli dessero la sua parte del raccolto della vigna. Ma i contadini lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 11 Mandò un altro servo, ma essi bastonarono anche questo, lo insultarono e lo mandarono via a mani vuote. 12 Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono via. 13 Disse allora il padrone della vigna: “Che cosa devo fare? Manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui!”. 14 Ma i contadini, appena lo videro, fecero tra loro questo ragionamento: “Costui è l’erede. Uccidiamolo e così l’eredità sarà nostra!”. 15 Lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16 Verrà, farà morire quei contadini e darà la vigna ad altri».
Udito questo, dissero: «Non sia mai!». 17 Allora egli fissò lo sguardo su di loro e disse: «Che cosa significa dunque questa parola della Scrittura:
La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo?
18 Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà verrà stritolato».
19 In quel momento gli scribi e i capi dei sacerdoti cercarono di mettergli le mani addosso, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito infatti che quella parabola l’aveva detta per loro.
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Dal suo ingresso in Gerusalemme (Luca 19,29) Gesù ha iniziato ad annunciare apertamente la venuta e la presenza del regno di Dio nella sua Persona, nella sua Parola e nella sua opera. Ed è quindi iniziata nei suoi confronti l’ultima e radicale opposizione dei “capi”. La parabola che oggi Egli racconta al popolo, e a noi e per noi, smaschera la situazione e la condizione di coloro che essendo nella più alta responsabilità di guida del popolo, in realtà gli sottraggono il dono di Dio, se ne impadroniscono e lo stravolgono in un sistema mondano che non è più in grado di esprimere e di comunicare il dono del Signore, e la relazione d’amore che attraverso tale dono Egli ha stabilito con il suo Popolo, con ciascuno di noi e, attraverso di noi, con l’intera umanità.
Questo dono è simboleggiato dall’immagine della vigna, che, riprendendo la Parola di Isaia 5, Gesù dice essere stata piantata da un uomo che “la diede in affitto a dei contadini”(ver.9). Con questo si esprime la relazione che si è stabilita tra lui e i contadini, il pieno affidamento che il padrone fa nei loro confronti, e la responsabilità che a questi viene affidata. La vigna rappresenta lo stesso regno di Dio, che si esplicita sia a livello comunitario sia a livello personale come tutto quello che noi siamo e viviamo, e che non è propriamente nostro , ma è di Dio che lo affida a noi, stabilendo in questo modo la relazione tra Lui e noi.
L’accusa che la parabola rivela è quella della volontà di impadronirsi della vigna da parte dei contadini. Tale progetto si manifesta nella vicenda di coloro che, inviati da Dio come suoi profeti, vengono oltraggiati e respinti dai contadini, di cui si rivela pienamente l’intenzione quando alla fine viene mandato alla vigna “il figlio, l’amato”(ver.13). I contadini, riconosciutolo, vedono l’occasione per impadronirsi definitivamente della vigna, e per questo “lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero”(ver.15). Gesù infatti verrà crocifisso “fuori” dalla città.
Ma l’uccisione del Figlio porta il giudizio di condanna su chi invece di custodire la vigna dandone i frutti al padrone, se ne sono impadroniti. Allora, ai vers.15-16, il padrone “darà la vigna ad altri”. Questa è l’accusa rivolta ai capi di Israele che si sono impadroniti della vigna del Signore, e la decisione divina di consegnare il suo dono alle nazioni della terra. Da qui, la reazione di chi capisce questo: “Non sia mai!”.
La vigna rappresenta dunque tutta la creazione e tutta la storia, e, in esse, la mirabile vicenda dell’elezione di Israele, del patto d’amore che ha fatto di Israele il responsabile di tutta la vicenda umana. L’accusa è quella di aver stravolto il dono divino in un possesso, e quindi non più segno e luogo di incontro e di comunione con Lui, ma rapina. Come dicevo, questo avviene nei grandi peccati collettivi del popolo deviato da chi lo guida, e avviene nella vicenda di ognuno di noi, quando ci impadroniamo del dono e dei doni che Dio ci ha fatto, diversamente da chi, per fare un esempio, come Francesco d’Assisi, nel suo Cantico vede e canta tutto e tutti come luogo della sua benedizione al Signore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-209-19.html
Notiamo come si alternino qui immagini belle e misteriose (come l’uomo che pianta la vigna… e se ne va lontano) e immagini che esprimono una forza violenta (come quel “cercarono di mettergli le mani addosso”). Dio si rivela molto lontano dai nostri modi di valutare e di agire. Intanto, quella fiducia incrollabile, quella speranza che non si spegne mai, che noi – suoi uomini, sue creature e figli – assumiamo l’atteggiamento giusto, accogliamo lui e il figlio amato. Tre tentativi falliti non fanno desistere il padrone della vigna. Poi, saltando alla parte finale della parabola, la faccenda della pietra angolare: la pietra che i costruttori scartano, proprio quel prodotto eliminato, Lui lo sceglie e ne fa la pietra fondamentale per la costruzione del suo regno. Chissà, forse anche noi possiamo essere pitre di scarto ma che sono utili in qualche modo al consolidamento del Regno.