9 Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10 “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “ O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14 Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.

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Uno dei grandi contributi che la Chiesa di Bologna ha dato al Concilio Vaticano Secondo è stato un intervento del suo Vescovo Giacomo Lercaro sulla Chiesa di poveri, dove ha affermato che la Chiesa è la Chiesa dei poveri non solo perché ne è la protettrice e la madre, ma anche e prima di tutto perché è Chiesa “di” poveri, dove la povertà non è solo una condizione disagiata o ingiustamente sfruttata o abbandonata, e neppure solo una “virtù” evangelica, ma l’intima e profonda condizione dell’umanità che ha bisogno di essere salvata. Come la donna vedova della parabola di ieri, e come il pubblicano di oggi. Questi non è certamente povero economicamente, ma lo è più profondamente nella reale situazione della sua vita lontana da Dio. Di fronte a lui e in confronto con lui sta il fariseo.
I farisei sono la massima preoccupazione di Gesù! Ben più dei pubblicani, delle prostitute e di tante altre condizioni di lontananza da Dio. Il fariseo della parabola ben rappresenta le preoccupazioni del Signore! Egli infatti appartiene alla condizione di coloro che “avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”(ver.9) ma si potrebbe forse rendere questa espressione in italiano con un più forte “confidavano in se stessi perché sono giusti”. C’è insomma il “rischio” di una “giustizia” che non è in realtà tale perché è presunta conquista personale e non dono del Signore!
E’ impressionante, e quasi ironica, la sua maniera di pregare! Infatti dice che egli “pregava così tra sé”, e addirittura, alla lettera “pregava verso se stesso”! (ver.11). Egli dice effettivamente “Signore”, ma di fatto quello che dice è la sua auto-esaltazione, dove quel “O Dio, ti ringrazio…” suona terribilmente formale. In realtà tutto esalta la sua virtù e la sua diversità dagli altri e in particolare la sua diversità dal pubblicano che egli evidentemente conosce, o pensa di conoscere.
La vera preghiera è invece quella del pubblicano come è descritta dal ver.13, e come è espressa dall’invocazione “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. La sua preghiera è drammaticamente e meravigliosamente reale! Egli ha veramente bisogno di essere salvato. La sua relazione con Dio è reale e realistica. Egli torna a casa sua “giustificato”, non solo e non tanto, come suggeriscono molte note delle bibbie, perché è stato umile, ma perché, a differenza del fariseo, si è posto in vera comunione con Dio, a differenza del fariseo, che in certo modo è rimasto solo con se stesso nel suo inutile auto-compiacimento. Il pubblicano giustificato – cioè “fatto giusto” dal Signore – è veramente parte di quella “Chiesa di poveri” di cui dicevo all’inizio. Come il pubblicano della parabola, possiamo anche noi avere il dono di quella povertà che ci mette nelle mani misericordiose del Signore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-189-14.html