15 Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16 Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. 17 In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà».

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Meriterebbe qualche osservazione il fatto che l’espressione “Gli presentavano..” è resa con un verbo che dice la presentazione a Dio, l’offerta a Dio. Dunque già qui troviamo il senso profondo, magari al di là delle intenzioni consapevoli di chi gli presenta i bambini, del testo di oggi, e il perchè Gesù dica quello che dice.
Qui i discepoli rappresentano quel cattivo modo di essere “adulto”, che allontana dalla vera sapienza, che è sapienza dell’umiltà e della piccolezza. Il loro rimprovero denuncia la loro lontananza dalla vera maturità della fede che è abbandono mite al mistero e alla persona del Signore.
In questo modo i bambini illuminano quello che ci dicevano, nelle due parabole già ascoltate, la vedova e il pubblicano. I bambini sono scelti da Gesù come immagine della piccolezza. La piccolezza autentica sarà però quella del discepolo che impara ad abbandonarsi senza riserve al Signore e alla sua volontà. Tale è l’accoglienza del regno di Dio che consente di entrarvi. Fare piccola la propria anima come un bambino svezzato in braccio alla sua mamma era la via indicata dal Salmo 130(131).
Come vedremo più avanti, questa piccolezza interiore celebra la perfetta consegna di Gesù al Padre e alla sua volontà.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù per tanti aspetti è figlio del suo tempo. Ma non per il suo atteggiamento verso le donne e i bambini, che al suo tempo non contavano nulla e da lui vengono messi al centro. I bambini vengono da lui indicati come il modello del credente. Per la piccolezza, per l’abbandono, per la fiducia assoluta nei “grandi”. Ma direi anche per la grandezza, per quella capacità di porsi le grandi domande, di andare all’essenziale, di essere veramente logici, senza avere tutti i condizionamenti degli adulti, che, presi da mille cose, le grandi domande non hanno più il tempo né la capacità di porsele. Mi viene in mente il messaggio del grande pedagogista, ebreo polacco,Janusz Korczak, deportato a Treblinka con i ragazzi del suo orfanotrofio.
“Dite:
è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi…
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti…
alzarsi sulla punta dei piedi…”
Questo brano sulla accoglienza dei bambini, che sta tra la parabola del fariseo e del pubblicano e il racconto del notabile ricco, vuole effettivamente sottolineare come la piccolezza e l’umiltà sia adatta all’accoglienza del Regno, e invece – all’opposto – l’orgoglio per una propria presunta giustizia, o il possesso di ricchezze ne siano ostacolo.
Letto all’interno del cap.18, che porta molti insegnamenti sulla preghiera, e incoraggiamenti alla fiducia e alla tenacia, si può anche notare qui un atteggiamento di grave ostacolo e opposizione alla preghiera. I discepoli “sgridano aspramente” chi porta, chi offre, i bambini a Gesù. E Gesù interpreta questo atteggiamento, biasimandolo come “impedimento” posto a chi si accosta al Regno, cioè a Lui.
E’ una messa in guardia ripetuta più volte in questo cap. 18: ci sono molti e diversi “impedimenti” che noi stessi, o direttamente, o attraverso consuetudini di religiosità umana, poniamo a chi si vuole accostare a Dio nella preghiera. Il giudice dapprima “non vuole ascoltare la vedova e farle giustizia” (v.4); il pubblicano – forse condizionato da divieti che derivano da opportunità religiose – non osa alzare gli occhi e prega da distante (v.13); qui, gli infanti sono ostacolati dagli stessi discepoli; il cieco di Gerico è sgridato e zittito da quanti gli stavano davanti (v. 39).
Questi ostacoli che poniamo ai piccoli che ci sono vicini sono gravi (sarebbe meglio che venisse posta una pietra da mola…). Ma non sono impedimento a che Dio, in Gesù ascolti la preghiera dei piccoli, e il loro desiderio di avvicinarsi a Lui, al Regno. E’ infatti lui stesso a chiedere che non venga impedito ai bambini di avvicinarsi, come pure è Lui a ordinare che gli conducano il cieco che volevano zittire.
All’interno di questo cap. 18, sta poi anche il terzo annuncio che Gesù dà della sua passione. Secondo Matteo (16:22), quando Gesù ne parlò la prima volta, Pietro “sgridò” Gesù, diventando per lui “ostacolo, impedimento” a camminare docilmente verso la volontà del Padre.
Così Gesù, dando questo annuncio qui, nel contesto di tanti insegnamenti sulla preghiera e sulla fiducia in Dio, mostra sè stesso come immagine di quei bambini per i quali il Regno celeste è aperto. Per quanti, insieme a Lui e come Lui, vogliono docilmente come bimbi andare incontro all’abbraccio del Padre, alla sua volontà.
I bambini… il Regno di Dio è loro! Sono loro i proprietari, i protagonisti, i privilegiati. Per questo il loro modo di incontrare il Re, il Signore è molto semplice: vengono portati, presentati per essere toccati, benedetti.
Sarebbe bello riuscire davvero a diventare come i bambini e accogliere il Regno di Dio come una carezza di Gesù.
Mi è piaciuto anche l’indicazione che Gesù dai ai suoi discepoli grezzi e sgridoni: “lasciate…”. Non devono fare molto… solo acconsentire, aprire la strada, allargare il passaggio verso di Lui.
Mi sono venuti in mente i bambini di Betlemme uccisi da Erode. Il pianto di Rachele inconsolabile, il grido, il pianto e il lamento per quelle vite che ‘non sono più.’.
Mi sembra un po’ il contrario in questi versetti in cui i bambini, anziché essere uccisi, incontrano il Signore che li accoglie, incontrano la vita.
Al capitolo 9 si era visto come l’accoglienza del Signore fosse legata al fatto di essere piccoli, di sentirsi piccoli. Oggi questa ‘piccolezza’ l’ho molto legata al fatto di vivere da ‘figli’ del Padre.
Generati, creati, sostenuti, accolti, salvati, come un bambino in braccio alla madre. Non esperti farisei ma bambini totalmente dipendenti dalla Grazia.
Personalmente è un momento in cui sto un po’ provando a farmi qualche idea sull’essere sposo e forse padre. Il Vangelo sembra che oggi suggerisca invece di essere ,interiormente, ‘figli’ per accogliere il Regno del Padre che già è in mezzo a noi.