39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».
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Inspiegabilmente il testo italiano omette al ver.39 l’espressione “risorta” attribuita a Maria e così forte per dire di un commento “pasquale” che l’evangelista pone per arricchire ulteriormente l’episodio del suo incontro con l’Angelo del Signore. Maria dunque “si alza” e va verso la città montana dove abita Elisabetta. Lo fa perchè questa è la fisionomia profonda del dono di Dio: quello di contenere in sè il desiderio e l’esigenza di essere comunicato! In tal modo poi l’annuncio che è proprio dell’angelo diventa un fatto umano! L’umanità fa sua l’azione divina e nella meravigliosa semplicità di questo episodio conferma quello che di per sè sempre si è dato nella storia della salvezza, ma in certo senso lo esemplifica, lo “normalizza”. Verrà poi esplicitato il compito apostolico, ma qui se ne compie la fonte essenziale. La mattina di Pasqua sarà ancora una donna a trasmettere l’annuncio degli angeli. Al principio, così, e giustamente, c’è una generazione materna, c’è un parto. E questo parto è sia il parto della “notizia buona”, sia, in certo modo, il parto di chi, ricevendo la notizia, nasce – o rinasce – a vita nuova.
E’ bello quindi che il primo nome dell’annuncio evangelico si esprima con il termine “salutò”: “salutò Elisabetta!”. Sembra quasi che voglia dirci che non si può disgiungere l’importanza di ciò che viene annunciato dal fatto stesso del saluto. Infatti il ver.41 ribatte sul ver.40: “Appena Elisabetta ebbe udito – alla lettera “ascoltato” – il saluto di Maria…”. Sino ad oggi e sino a noi si è trasmesso il saluto di Dio all’umanità. Il saluto dell’Angelo è l’atto nuziale tra Dio e l’umanità nella casa di Nazaret. Esso si ripresenta nella casa di Elisabetta. Ed è bellissimo che a cogliere e ad accogliere il saluto fecondo sia subito il bambino che porta nel grembo. Poi anche lei “fu piena di Spirito Santo”.
E’ lo Spirito Santo la vera grande sapienza divina donata ora anche all’uomo, e non più per un isolato privilegio nei confronti dei profeti, ma come saluto dell’uno all’altro. La reazione di Elisabetta ai vers.42-43 afferma due cose insieme: da una parte il riconoscimento dell’evento divino e della sua fecondità in Maria:”Benedetta tu….”, e dall’altra il coinvolgimento di Elisabetta stessa nell’evento! La meravigliosa, stupefacente espressione:”A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”, una reazione così forte da porsi ormai come la risposta magistrale di ognuno che venga visitato dalla notizia evangelica. Sempre ciò avverrà in una mediazione “materna”, sempre l’annunciatore sarà come un grembo materno. Anche Paolo ricorderà in questo modo il suo ufficio apostolico, come una generazione, magari nel dolore, come è dei dolori del parto, e come è stato nel dolore della Croce.
Ed Elisabetta interpreta il “salto” del suo bambino come un esultare di gioia!(ver.44). Ma tutto questo, dice con ulteriore illuminazione stupefacente, si lega e viene dalla potenza dell’umile atto di fede che si è celebrato a Nazaret! Principio di una fecondità senza limiti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nei due testi precedenti è stato protagonista Gabriele, l’angelo che sta al cospetto di Dio: con Zaccaria nella zona più santa del Tempio, con Maria nella casa di Nazaret. Sono stati incotri e dialoghi unici, eccezionali. Invece oggi nella visita di Maria alla cugina tutto è molto più semplice, ordinario… eppure non meno intenso. Lo Spirito Santo riempie il cuore delle due donne nella quali risuona la lode del Signore, la riconoscenza per la sua opera e la confessione di fede. Basta un saluto a “svegliare” tutto questo. Anche noi forse angeli non ne abbiamo visti, ma cugine, parenti, compagni, fratelli, amiche che hanno fatto esultare il nostro cuore e ci hanno fatto conoscere il mistero del Signore, si!