Da “Bologna7” del 2 Settembre 2012
Di don Giovanni Nicolini
Per anni, a prova e conferma della mia poca fede e della mia poca sapienza, ho dato risposte evasive e imbarazzate a chi mi chiedeva come mai ai nostri tempi non ci sono più i miracoli, quelli che accompagnavano e svelavano la potenza del Vangelo annunciato da Gesù e dai suoi primi amici. Tutto è cambiato da quando la guida pastorale del nostro Arcivescovo e l’impegno mirabile del mio fratello Francesco Scimè mi hanno portato ad una frequentazione abbastanza continua del grande Ospedale universitario di Bologna. Molti regali ho ricevuto in quel posto difficile, delicato, visitato dai sentimenti più profondi e dolorosi dell’esperienza umana. Ma anche ricco di miracoli! Ne segnalo due, i più importanti e mirabili. Il primo miracolo è quello dell’Amore: un prodigio che raccoglie e manifesta il cuore della fede di Gesù. E’ un prodigio che Dio affida ogni giorno a moltissime persone che in quel luogo si incontrano, lavorano, studiano, servono, temono, soffrono… Lì il miracolo dell’Amore è potente e manifesto! Si tratta di eventi capaci di compiersi e manifestarsi anche in persone non credenti, o perlomeno inconsapevoli dell’opera che lo Spirito di Gesù compie in loro. Quando arriva una telefonata in piena notte, preferisco andarci io, anche perchè il nostro orario monastico ci abitua ad una certa disinvoltura sulle possibilità di riprendere il riposo ad ogni ora. Ebbene, tutte le volte che questo accade, resto stupefatto per quello che incontro e ammiro: la sollecitudine gentile di tutti gli operatori. Il rispetto, ma anche l’attenzione impegnata a che si possa pregare con pace e raccoglimento. L’esperienza così profonda mi ha indotto a portarmi sempre una «teca» con molte particole consacrate, perché spesso accade che, confortato il paziente, sono quelli intorno a lui che volentieri gli si uniscono nella comunione eucaristica con grande commozione. L’altro grande miracolo riguarda il percorso dei pazienti. Il S. Orsola è un posto difficile: la grande e meritata fama delle alte capacità che vi operano conducono malati da tutta Italia. Spesso in gravissime condizioni. L’esito segnato per molti è la strada della Pasqua del Signore. Ebbene, proprio questo è il miracolo di cui sono molte volte stupito e commosso testimone. Riascoltavo in questi giorni il Vangelo della Trasfigurazione dal testo di Luca. Quando accanto al Signore compaiono Mosè ed Elia, si dice che parlano con Gesù del suo «esodo» che deve compiersi a Gerusalemme. L’esodo degli antichi padri nel deserto verso la Terra Promessa si compie ora nel cammino di Gesù verso il Padre. Da Gesù in poi non si muore più. Non si deve morire. Da Gesù in poi si offre la vita. Si dà la vita. Ebbene, sono testimone di molti esodi verso la pienezza della vita e verso la Casa del Padre. Ho in mente in particolare un reparto molto difficile e molto doloroso. Ebbene, proprio lì, ho incontrato e incontro molte volte la luce del Tabor, fin là dove Pietro propone di costruire tre capanne, perché è bello stare lì. Vedo tanti che non muoiono più, ma danno la vita. Tutto questo non è umana possibilità: è solo dono di Dio. E anche ai nostri tempi il Signore è larghissimo nei suoi doni. Potrà esserlo anche con noi.

Monsignor Giovanni Nicolini,

vicario curato al Policlinico Sant’Orsola

 

Giovanni Nicolini