Giovanni_XXIII_cGiovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Luglio 2013.

Ci sono tanti giorni “importanti” nella vita delle persone e delle comunità. Giorni ufficiali di feste e di memoria. E ci sono giorni che entrano più direttamente e profondamente nell’attenzione, nell’affetto e nel sentire di ciascuno. Per me il tre del mese di giugno. Fin da quando noi cinque figli eravamo piccoli, e ragazzi, e giovani, era grande desiderio fare anche un viaggio lungo per essere insieme al papà e alla mamma nel giorno anniversario del loro matrimonio. Ma il tre di giugno di cinquant’anni fa è stato diverso. Ci eravamo dati appuntamento in una trattoria sulle colline del Garda per non perdere troppo tempo noi studenti che segregati nella casa di campagna preparavamo gli esami estivi e io, il più vecchio, buttavo giù l’introduzione alla tesi di laurea in filosofia. Da giorni si seguiva alla televisione il congedo del nostro grande vecchio, il Papa Giovanni. Erano le sette di sera. La ripresa da Piazza S.Pietro guardava all’altare dove si celebrava la Messa. Quando è stato dato “l’andate in pace…” Giovanni è andato nella pace del Signore, pochi giorni dopo aver promulgato la grande Lettera “Pacem in terris”. Quel momento è stato come una memoria del Venerdì Santo e lo si è celebrato come l’istante silenzioso che nella lettura del Passio commenta la morte di Gesù: dolore, commozione, tenerezza, e, appunto grande pace. Come si ascolta dalla Passione secondo Giovanni, “Gesù disse: tutto è compiuto. E, chinato il capo, consegnò lo spirito”. Da quella sera del sessantatre le nozze dei nostri genitori e l’affettuosa intercessione del Papa hanno camminato sempre insieme. Ma poi, anni dopo, l’orizzonte di quell’annuale appuntamento si è ancora ampliato. Sì, ampliato, verso la storia e verso i popoli, verso le povertà e le redenzioni, verso vie ancora più grandi di speranza. Tutto è legato alla vicenda di un’amica, Luisa Vanderlaghen, nata nei Paesi Bassi, e sposata con un ebreo russo molto ricco. Ma il nazismo non conosceva frontiere e anche quest’uomo fu trovato e arrestato. Luisa lo seppe perduto. Conosceva il comandante tedesco che aveva in custodia suo marito e gli chiese di poterlo almeno vedere un’ultima volta. Cinicamente il tedesco chiese per quella visita un regalo importante. Lei, che mai perdeva l’occasione di esprimere pensieri e sentimenti con il linguaggio dell’ironia, gli fece recapitare uno “strano” mattone. Un comune mattone nella forma e nelle dimensioni, ma di materiale diverso: un mattone d’oro. Da quel momento, e dopo il congedo da suo marito portato verso Auschvitz, la vita di Luisa è precipitata: il suo fascino è diventato corruzione e vendita del suo corpo. La sua disperazione si è attendata nella prostituzione. E sempre di più. L’ho conosciuta ormai anziana in una casa di ospitalità per ragazze di strada minorenni. Lei, una nonna confronto a loro. Una donna finalmente pacificata. Una ritrovata giovinezza dello spirito che me l’ha regalata come amica e confidente carissima. Giorni fa una mia sorella di comunità me ne ricordava la morte serena e piena di fede. Ed era il tre di giugno del mille novecento settantatrè, dieci anni dopo la morte di Papa Giovanni. Mio papà e mia mamma li penso ora in paradiso con Roncalli e la Luisa. Anche quest’anno è stato un giorno molto intenso. Papa Francesco ha fatto di Papa Giovanni il più bel ricordo che avessi sentito: parlava a cristiani di Bergamo, tra i quali qualche mio amico. Così al mio “tre di giugno” di quest’anno è arrivato anche il regalo delle parole di Papa Francesco. Pensavo a queste cose la sera del tre di giugno. Camminavo nella bellezza della sera ormai notte. E fu una sorpresa: dopo molti anni di assenza, le lucciole sono tonate a brillare nella mia valle.