È nota costante della Parola di Dio il suo presentarsi sempre nuova, Lei antica e molte volte ascoltata. Dice Gregorio il Grande che “la Parola cresce con chi la legge”. L’ascolto della Parola è sempre nuova scoperta di un “tesoro nel campo”, un tesoro ancor più prezioso perchè la Parola non è solo “risposta” alle nostre molte domande, ma è soprattutto nuova “domanda” che ci interpella sulle “risposte” che pensavamo di aver già trovate e acquisite. Così è stato anche ieri, nella Domenica di Cana, quando la mancanza del vino rischiava di impedire il cammino appena iniziato dopo le festose memorie del Natale del Signore. La domanda mi è venuta da Lei, la Madre, la cui presenza nel testo giovanneo è così limitata e pure così misteriosa e vasta: la si trova qui, a Cana, al primo dei segni che Gesù compie, per un cammino che la ritroverà solo all’ultimo dei segni, la Croce, in quell’ ”ora” che Gesù dice non essere ancora giunta. Di Lei la memoria giovannea non dice il nome, e in entrambi i luoghi la chiama “Madre”. Madre di Gesù, che alle nozze viene “chiamato” insieme ai suoi discepoli. È Lei a dirgli che “non hanno vino”, non per esprimere un giudizio ma per farne preghiera a Lui, perché le nozze possano arrivare a compimento. È quasi imbarazzante la risposta del Figlio! La versione italiana rischia di banalizzare la severità delle parole che dicono “che c’è fra me e te, donna?”, dove lo stupore per quell’appellativo “donna” porta indietro sino al principio, la dove il Serpente ingannatore ha aggredito la comunione tra Dio e la creatura amata e anche la comunione tra l’uomo e la donna si è fatto aspro e complesso. Le nozze di Cana diventano così segno e simbolo di una contraddizione che solo il vino buono dell’ora della Croce potrà sciogliere perché si possa giungere allo splendore del mistero dell’Amore. Ed è Lei, la Madre, a sollevare il problema, a denunciare una situazione che deve essere sanata perché della donna non si debba più dire che “verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà”(Gen.3,16). Me è ancora Lei, la Madre, a superare l’obiezione del Figlio per rivolgersi ai servi e per chiedere loro di abbandonare la loro condizione servile per diventare finalmente “discepoli”: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. È Lei che li genera verso la vita nuova liberata dal regime antico della Legge per servire da liberi lo splendore del Vangelo. Il vino “troppo buono” provoca il rimprovero del maestro di tavola. Ma ormai, con le grandi nozze del Figlio di Dio con tutta l’umanità, bisogna entrare nel nuovo volto della storia. Una storia dove non si transita più dal vino buono a quello cattivo, dal buono al cattivo, come dalla vita alla morte. Ora il volto della storia nuova è l’incessante passaggio, Pasqua del Signore, dalla morte alla vita, dalla solitudine alla comunione, dal peccato alla grazia. La Madre esce dalle nozze di Cana, per ripresentarsi alle nozze che Cana ha preannunciato, là dove lo Sposo di sangue farà sua Sposa l’umanità donandole la vita. E là, sotto la Croce, sarà ancora la Madre, donna che non è più sotto l’albero dell’inganno ma sotto l’albero della vita, da dove pende il frutto prezioso che vince la morte e genera la vita. La Madre è con il discepolo amato a celebrare nozze che danno gloria alla Donna e in Lei all’intera umanità chiamata alla vita. Il tesoro meraviglioso pone domande grandi e delicate. Dov’è nella nostra Chiesa questa Madre così potente? Dove è nella nostra Chiesa la sua potenza di intercessione affinchè si anticipi l’ora della salvezza? Dov’è nella nostra Chiesa questa potenza materna che libera dalla servitù e genera alla vita nuova? Quanti tesori sono ancora nascosti nel campo. E attendono di essere scoperti!
Giovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Gennaio 2013.