18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
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«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Questa frase di Gesù così dura, così enigmatica, così assurda agli orecchi di chi lo ascolta è così importante che resterà fissata nella memoria della gente e ricordata al processo finale, illuminando di significato tutta la vita di Gesù.
Distruzione-risurrezione: un binomio che attraversa anche la nostra povera vita.
Con quella frase Gesù ci mette davanti il collegamento audace tra il tempio e il suo corpo.
Mi sembra molto interessante anche l’ultimo versetto: “Quando fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”, soprattutto per il binomio: fede nella “Scrittura-Parola di Gesù”, insieme, inscindibili.
Nel testo di oggi non ci sono citazioni della scrittura. Forse si riferisce al v. del salmo di cui si sono ricordati ieri i discepoi (v.17 “lo zelo per la tua casa mi divorerà”). La fede scaturirà dalla Pasqua e illuminerà tutto: le parole di Gesù e tutta la Scrittura. Allora potranno e ripercorrere, ricordare (con l’aiuto dello S.Santo) tutto quello che lui gli ha detto e ripercorre, rileggere, riascoltare tutta la scrittura, alla luce della Pasqua, per sempre!
La domanda posta a Gesù dai giudei – “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” – è interessante perchè ci aiuta a considerare i due volti che per l’Evangelista hanno i segni. Il primo l’abbiamo già sottolineato dicendo che per Giovanni tutti i “miracoli” sono segni, e cioè non sono conclusi in se stessi, ma rimandano al loro significato più profondo, connesso intimamente con la persona e l’opera del Signore. Il secondo volto del “segno” è che non “serve” a confermare la fede, ma se mai la esige proprio per poter essere letto in profondità. Si potrebbe dire quindi che mentre i giudei chiedono i segni per avere delle prove, Gesù dona segni che solo nella fede possono venire letti in profondità.
E’ in questo orizzonte che cogliamo quindi il segno che Gesù offre: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”(ver.19). Superando ogni considerazione di tecnica edilizia, il ver.21 chiarisce:”Ma Egli parlava del tempio del suo corpo”. In questo modo Gesù lascia ai suoi interlocutori tutta la responsabilità della loro fede. E soprattutto sviluppa ulteriormente le sue affermazioni dei versetti precedenti, mostrando che il suo gesto nei confronti dei venditori e dei loro animali, e nei confronti dei cambiavalute, voleva proclamare la presenza del Tempio Nuovo, quello che si rivelerà pienamente nella sua risurrezione, quando anche la “Scrittura”, citata al ver.22, illuminata dalla Pasqua di Gesù, rivelerà il suo annuncio profetico rispetto a questo volto nuovo dell’incontro e della comunione tra Dio e l’umanità.
L’espressione “far risorgere” è espressa con un verbo che solitamente vuol dire svegliarsi, levarsi, come verbo intransitivo, e come verbo transitivo significa sollevare, innalzare, e quindi appunto edificare. Possiamo qui fare due osservazioni. La prima riguarda questa edificazione; solitamente quando si parla di risurrezione Colui che fa risorgere è Dio. Qui l’azione ha Gesù come soggetto. La seconda nota forte è che il verbo significa quindi “far sorgere” più che “far risorgere”. Mi chiedo se questo non voglia rimarcare che quel Tempio nuovo è proprio una realtà assolutamente nuova. Con conseguenze enormi sia per quello che riguarda la “religione”, sia per come questo porti a considerazioni straordinarie e inusuali circa la realtà e il mistero di quella cosa povera che è il “corpo”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.