20 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21 Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». 22 Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23 Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». 24 Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25 Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
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Pietro sembra rendersi conto che il “discepolo che Gesù amava”, pur comparendo molte volte vicino a lui, era chiamato ad un cammino non uguale al suo. E il ver.20 ci ricorda l’episodio di Gv.13,23 e dunque la fisionomia unica di quel discepolo. Forse non riesco a cogliere la rilevanza di quella comunicazione circa chi tradiva il Signore, ma in ogni modo sembra voler affermare una comunicazione e una comunione tra Gesù e il discepolo amato del tutto unica. Pietro dunque domanda al Signore: “..che cosa sarà di lui?”(ver.21).
Ed ecco allora, al ver.22, la risposta di Gesù e il verbo “rimanere” che mi sembra voler qui caratterizzare in modo pieno la figura e il “compito” del discepolo amato. Quanto Pietro deve “seguire” Gesù nel cammino della Pasqua, così il discepolo amato deve “rimanere”, con tutta la rilevanza che di questo verbo abbiamo colto soprattutto al cap.15. C’è dunque un elemento dinamico nel dono della fede, che conduce a seguire il Signore fino alla sua Passione e alla sua Gloria. E c’è un elemento di continuità, di perennità, di stabilità, un segno della “vita eterna”, cioè della partecipazione alla vita stessa di Dio, ed è significato da questo “rimanere” attribuito in modo privilegiato al discepolo amato, ma evidentemente donato ad ognuno che il Signore chiami a Sè.
La “voce” che a seguito di ciò si diffonde tra i fratelli (ver.23) è più che una “voce”. E’ una parola! E’ interessante come questa precisazione sembri voler sottolineare l’importanza di un rapporto attento e fedele alla Parola, e alla cura che non ci siano fraintendimenti e interpretazioni improprie. E il ver.23 ci riconsegna l’affermazione di Gesù, che è meglio anche per noi accogliere senza intenderla, piuttosto che stravolgerla per capirla.
Ed ecco, ai due ultimi versetti del Vangelo, l’improvviso svelarsi della persona che sta dietro all’innominato “discepolo che Gesù ama”. Ed è bello per noi che di lui si dica, proprio perchè ognuno di noi possa sperare di essere coinvolto nel titolo sublime dell’Amore del Signore.
E a questo punto dobbiamo, insieme, con commozione, ringraziare il nostro Signore per la meraviglia nella quale ci ha fatto stare e camminare in questi mesi! Ma io devo anche ringraziare voi, ciascuno di voi, e tutti voi. Senza di voi il mio cammino sarebbe stato molto più incerto e molto più povero. Invece, pur rimanendo del tutto incerto e povero, è stato illuminato e allietato dalla vostra preghiera e dalla umile pazienza con la quale avete accolto la mia piccola, quotidiana e deliziosa fatica. Dunque, ad ognuno di voi, ancora una volta:
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Pietro ha appena fatto in tempo a convertirsi che già “si volta”… Non è lecito guardare al discepolo amato, che è anonimo proprio perché ognuno possa cercare di identificarsi con lui? Gesù, il Signore, ci ripete che l’unico da seguire è Lui. Come si dice alla lettera, “TU ME SEGUI!”. Guide e direttori spirituali in cassa integrazione, commenta a questo proposito p. Maggi (alle cui osservazioni mi sono spesso ispirato nei miei minimi commenti). Don Giovanni ci ha dato un bel programma per i prossimi giorni: “seguire” e “rimanere”… A tutti, un augurio affettuoso.
Il Signore aveva prospettato a Pietro un passaggio dalla condizione giovanile in cui si cingeva da sè e andava dove voleva alla condizione matura di stendere le mani in modo che un altro lo cinga e lo conduca dove non vuole. A ciò era seguito il comando di seguirlo. Oggi Il Signore gli mostra che la stessa attitudine di fiducia prospettata pre la sua vita, deve diventare anche il modo di rapportarsi con gli fratelli, la cui strada è anch’essa nelle mani del Signore secondo il suo volere di amore, nei suoi tempi e nella sua specificità. Il dibattito sul fatto se Giovanni morirà o no è importante in quanto collegato a quel “finchè io venga”. La sottolineatura che il Signore non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma.. permette di dare nomi nuovi alla nostra vita e alla nostra morte: da una parte la nostra vita prende il volto della sequela e dall’altra dell’attesa; e la morte diventa da una parte compiutezza della sequela, nella glorificazione di Dio, e dall’altra venuta del Signore.