16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
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L’antica vicenda del serpente innalzato da Mosè nel deserto per la salvezza di chiunque lo guardasse si adempie ora in pienezza nel dono della fede in Gesù. L’immenso amore di Dio per il mondo è manifestato dall’aver Egli mandato il Figlio unigenito nel mondo “perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna”. Non sono le nostre “opere buone” la nostra salvezza, ma la fede nel Figlio di Dio. Il ver.17 è bene impararlo a memoria, perché sono molte le circostanze nelle quali è assolutamente necessario ricordarlo per non essere deviati verso strade senza speranza. Questo è il cuore dell’annuncio cristiano, che purtroppo molto spesso viene tralasciato provocando un vero stravolgimento del mistero e della persona di Gesù.
Si tratta ora di vedere che cosa significhi e che cosa implichi il “credere” in Gesù. Ricordiamoci innanzi tutto che la fede è dono di Dio. Diciamo allora che la fede è primariamente la nostra accoglienza del dono di Dio, che è il suo Figlio unigenito. Chi lo accoglie, “non è condannato”, ma, secondo quello che abbiamo ascoltato dal ver.16, ha “la vita eterna”. La vita eterna non è tanto e solo la vita “che non finisce mai”. Essa è “la vita di Dio in noi”! Non è dunque la vita “dopo la morte”, ma è già, fin d’ora , il vivere in Lui, con Lui e per Lui. Per questo, la condanna non è da pensare alla fine della vita terrena, ma è già ora, perché il non credere ci lascia nella nostra condizione perduta. Il non credere è la non accoglienza del dono della salvezza, che è Gesù. Il non credere è la colpa, ma è anche la condanna! Invece “chi crede in Lui non è condannato”(ver.18).
Il ver.19 spiega in che senso e perché si compie il giudizio divino. Tale giudizio non è dovuto alla nostra vicenda di peccatori, che è assolutamente condizione di tutti, ma è dovuto al non accogliere la salvezza di Gesù: “la luce – cioè Gesù – è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvage”. Dunque, a condannarci non sono queste “opere malvage”, (che sono di tutti e in tutti), ma il non accogliere Gesù a motivo di queste opere malvage. Invece proprio per salvarci da esse Lui è venuto! Insisto nel dire che è decisivo custodire questo pensiero. O meglio, non i miei poveri pensieri, ma questa Parola del Signore, intorno alla quale io sto balbettando. Mi raccomando!
Come mai questo guaio può avvenire? Lo dice il ver.20: “Chiunque fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate”. Invece c’è una sola opera che bisogna fare – e lo troveremo detto esplicitamente da Gesù, più avanti, al cap.6 – ed è il credere in Lui, come i nostri padri nel deserto guardavano il serpente ed erano salvati. Noi, da poveri peccatori, guardiamo a Lui che è la nostra salvezza. Per questo vi dico che l’espressione del ver.21, “chi fa la verità”, non descrive il comportamento impeccabile, ma semplicemente ancora la fede, e cioè il “venire verso la luce”. E’ così, perché “le opere fatte in Dio” sono semplicemente quel nostro guardare incessantemente a Lui che è la luce. Nella sua Prima Lettera, ai vers.1,5-10, Giovanni spiega molto bene tutto questo, e perciò vi consiglio vivamente di farne tesoro, per comprendere che per noi, oggi, la concreta possibilità di “camminare nella luce”, sta nel continuamente camminare nella luce confessando i nostri peccati. Sarebbe assurdo, dicono quegli stessi versetti, pensare che camminiamo nella luce perché non siamo peccatori. Se così fosse, noi, da bravi “farisei” penseremmo di essere a posto, e alla fine neanche avremmo bisogno della salvezza di Gesù. Invece, la fede è l’evento vivo e continuo del nostro convertirci a Lui! Per ciascuno di noi, come per tutta la Chiesa, vale quello che ascoltiamo al ver.21, con il suo radicale invito a “venire verso la luce”: “Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”. E sono fatte in Dio perché sono l’opera incessante della nostra conversione a Lui.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il primo versetto ci rivela com’è Dio nella sua essenza: è un innamorato, un amante… La sua azione sta tutta in questo “dare”. A tal punto, da dare il Figlio unigenito. In conseguenza, non è un Dio che condanna, diversamente da quanto siamo stati abituati a pensare. Chi rifiuta il dono, si autoesclude da sè, si condanna al vuoto, a una vita che finisce nel nulla. – La vita eterna, cui già abbiamo parte, non è solo una vita che non finisce – come don Giovanni ha spiegato – ma è la vita in Dio e con Dio; in conseguenza, non può nemmeno aver termine. Tutto il mondo è salvato per mezzo di Lui.