13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
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Cogliamo l’importanza della collocazione di questo testo ancora all’inizio della narrazione evangelica, e a Gerusalemme, e nel tempio! Gli altri Vangeli ricordano l’episodio subito prima della Passione di Gesù. Giovanni invece vuole collegare a Cana questo episodio del tempio. Quindi lo vuole intrecciare al mistero e al dono nuziale che è stato appena annunciato! Vi do un piccolo consiglio: siccome Giovanni è spesso molto diverso dagli altri Vangeli, quando il racconto è simile, conviene dare uno sguardo ai testi paralleli degli altri Vangeli, perché possiamo cogliere come pur narrando gli stessi fatti l’interpretazione profonda che ne da Giovanni sia spesso molto diversa. Come appunto in questo brano.
Potremo notare che Giovanni è di fatto meno violento e negativo verso queste vendite all’ingresso del tempio. Per gli altri Vangeli hanno trasformato la casa del Signore in una “spelonca di ladri”. Giovanni usa il termine attenuato, e peraltro molto significativo reso in italiano con “mercato”(ver.16). Ed è impressionante e significativa la citazione del ver.17 a proposito della riflessione dei discepoli su questo evento. Essi ricordano il Salmo 68(69),10, un testo che esprime l’amore appassionato e doloroso verso la casa di Dio. Tutto questo porta facilmente al tema nuziale! Il rapporto con Dio non può essere un mercato, un commercio e uno scambio: così Gesù interpreta i sacrifici del tempio. Gli animali in vendita e i cambiavalute significano un’economia “necessaria” per il regime della Legge e dei sacrifici. Ma quel regime è dunque più vicino ad uno “scambio” commerciale che a un mistero d’amore! Adesso non si tratta più di far qualcosa per Dio per meritare qualcosa da Lui. Adesso siamo nel mistero e nell’evento descritto dal Salmo: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”! La legge e la profezia hanno preparato l’evento di Gesù, che ora attua la pienezza del rapporto con Dio: appunto, il vincolo d’amore, la vita data, il sacrificio d’amore. Le nozze, dunque, e non uno scambio o un “commercio”.
Per questo, al ver.18 viene introdotto il tema del “segno” che i Giudei chiedono al Signore. Gesù risponde con l’immagine del tempio che loro possono distruggere e che Lui in tre giorni farà risorgere: l’immagine pasquale è evidente e luminosa. Il fraintendimento tra il tempio e il corpo di Gesù conferma la sua Parola di annuncio della sua Pasqua, e diventerà chiara ai discepoli che la ricorderanno “quando poi fu risuscitato dai morti”(ver.22), e sarà per loro evento e fonte della loro fede nelle Scritture e nella Parola detta da Gesù! Così, l’episodio del Tempio conferma e illumina l’evento di Cana e il volto nuziale della Pasqua di Gesù.
Mi sembra opportuna la proposta delle bibbie che legano i vers.23-25 al brano successivo. Tuttavia queste parole sono significative anche qui. Infatti vi si dice che molti credono nel nome di Gesù, “vedendo i segni che Egli compiva”, segni che non ci vengono riferiti. Ma Gesù “non si fidava di loro”, che vuol dire che non si affidava, non si consegnava, non si donava a loro. Perché? Perché la fede è dono che non ha bisogno di prove e di garanzie. La fede è l’evento pasquale che Gesù dona. E’ il dono del suo amore per noi. Conoscerlo, riconoscerlo e accoglierlo non poggia su prove e garanzie. E’ pura grazia. Puro dono.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Qui tutto parla della Pasqua del Signore. Sottolineo l’affermazione: “Egli parlava del tempio del suo corpo”(v.21): è lui ormai il luogo della presenza di Dio, è il vero tempio. Notiamo che si tratta del suo corpo, della sua umanità: più siamo “umani”, più ci avviciniamo a Dio. Non nella spiritualità, ma nella concreta umanità. – Si dice poi che Gesù “conosceva tutti, … conosceva quello che c’è nell’uomo”(vv. 24-25): ci dà tranquillità e fiducia sapere di essere ben conosciuti da Lui, nel profondo, più di quanto non lo siamo da noi stessi.