20 Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21 I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22 Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».
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Prosegue e cresce in noi il pensiero che ci ha accompagnato ormai da molti giorni, e cioè che la Pasqua del Signore, e quindi la sua Croce e il suo sacrificio d’amore è veramente la sua gloria, la sua potenza di salvezza e quindi il grande evento della salvezza e della vita nuova per tutta l’umanità.
L’intera umanità è convocata oggi in questo passaggio e in questo dialogo tra Pilato che rappresenta il potere mondano e l’intera comunità dei gentili, dei pagani, e i sacerdoti dei Giudei, rappresentanti del Popolo di Dio della Prima Alleanza, che ha ricevuto e custodito la profezia del Messia e Salvatore.
Gesù è veramente, in pienezza, il re dei Giudei! E come tale la sua regalità è chiamata a comunicarsi a tutti i popoli della terra.
Pilato, che qui rappresenta il potere mondano su tutti i popoli della terra, egli stesso scrive l’iscrizione sulla Croce del Signore.
E’ una “notizia” di portata universale e deve essere annunciata a tutte le genti! E questa è una sfida storica di assoluta attualità.
Mentre la fede dei padri ebrei identifica la Parola di Dio con la lingua ebraica, la fede di Gesù vuole essere portata e comunicata a tutte le nazioni.
Un vecchio come me ricorda bene l’opposizione che nel Concilio Vaticano Secondo si sollevò contro la traduzione dell’antica versione latina nelle lingue di tutti i popoli!
L’iscrizione sulla Croce voluta e attuata dal governatore romano – “Quel che ho scritto, ho scritto” – ricorda e sollecita la necessità di tradurre la fede e la preghiera del Cristo in tutte le “lingue”, e cioè in tutte le culture dei popoli, e anche nel “linguaggio culturale” di ogni tempo, e quindi del nostro tempo.
Questa è regola fondamentale dell’Incarnazione del Verbo: “Il Verbo divenne carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Giovanni 1,14), abbiamo già più volte citato.
I sacerdoti giudei vorrebbero ridurre la signoria di Gesù all’affermazione di un uomo crocifisso, ma Dio si serve di questo povero e sciagurato pagano per proclamare l’universalità della salvezza.
Ecco perché dunque la scritta nelle tre lingue: l’ebraico che è custodia e profezia della salvezza universale, il latino che è la lingua del potere dominante romano, e il greco che è la lingua della cultura del “mondo”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi sembra molto bello che i versetti di oggi ci facciano sostare su due elementi già incontrati ieri: il luogo della crocifissione e il “titolo” sulla croce. Di entrambi questi due elementi, i pochi versetti di oggi ci regalano un bellissimo approfondimento.
Del luogo della crocifissione oggi si dice che “era vicino alla città”. Ho visto che anche del luogo della sepoltura Giovanni, e solo lui, vorrà sottolineare che “era vicino” (Gv 19,42). Mi è sembrato molto bello che dei luoghi della Passione sia sottolineata la vicinanza, la prossimità. La Passione come luogo supremo della prossimità di Dio.
Del “titolo” oggi si sottolinea l’universalità: è scritto nelle lingue conosciute ed è letto da molti. E si sottolinea l’ufficialità, l’impossibilità di cambiarlo, con un’assonanza molto bella con l’ultima pagina della Scrittura (Ap 22, 18-19) dove lo stesso Giovanni dice di non aggiungere né togliere nulla delle “parole della profezia di questo libro”.
In questi giorni di ascolto della Passione, sto leggendo gli inni molto belli di Efrem il Siro “Sulla crocifissione”. In particolare ho trovato molto bello l’inno VIII che canta la beatitudine dei luoghi e degli oggetti della Passione di Gesù. Copio le strofe da 5 a 7 che parlano proprio del luogo della crocifissione e dell’iscrizione, e che raccolgono tante cose che ci siamo detti in questi giorni. Con una particolarità molto singolare: per Efrem Pilato è un “giusto”!
“5. Beato sei anche tu, o Golgota!
Il cielo ha invidiato la tua piccolezza.
Non quando il Signore se ne stava nascosto
lassù nel cielo avvenne la riconciliazione.
È proprio su di te che fu saldato il nostro debito;
è partendo da te che il ladrone aprì l’Eden ed entrò.
I cieli non potevano essere il nostro rifugio;
è Colui che fu ucciso su di te che mi ha salvato.
6. Beata sei tu, iscrizione, che come un’immagine
del Re ti formarono e con lui ti appesero.
Il Re aveva rivestito il colore dei morti,
l’iscrizione – sua immagine- il colore dei re.
Non rivestisti la sua immagine esteriore:
tu indossasti le sembianze invisibili
di quel Re crocifisso, affinché la bellezza della sua realtà celata
tu annunciassi mediante la tua realtà visibile.
7. E tu, o iscrizione, il giusto ti ha scritto
da parte dei popoli per tutti i popoli.
[Quelle] parole, anche se silenti, sono divenute
profeti eloquenti del Figlio tra i popoli.
Mentre i crocifissori riavvolgevano e riponevano i profeti
la profezia proveniente da popoli gridava:
i loro libri sono dispiegati,
le loro voci testimoniano che il popolo ha ucciso il suo Signore.”
(Efrem il Siro, Sulla Crocifissione, VII, 5-7)