12 Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13 Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14 Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
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E’ impressionante che lo stesso verbo venga usato da Giovanni in molti luoghi per dire dell’osservanza della Parola e sia presente qui per dire che Gesù ha “custodito” i discepoli che il Padre gli ha dato. Sembra voler sottolineare la preziosità di questi discepoli e la preziosità che essi hanno per Gesù in quanto gli sono stati affidati dal Padre. L’altro elemento di grande rilievo del ver.12 è la figura del “figlio della perdizione” e il suo perdersi “perchè si compisse la Scrittura”. Anche questo “figlio della perdizione” era evidentemente caro al Signore: basterebbe vedere come è continuamente citato in tutto il testo del Quarto Vangelo. Ed è andato perduto: lo ha voluto lui. Ma tutto si è compiuto per disegno divino di compimento delle Scritture. Credo che bisogna fermarsi sulla “soglia” del dramma del male, e lasciare sempre tutto al giudizio di Dio. E quello che vale per Giuda, che tra l’altro qui non viene esplicitamente nominato, ma più genericamente – e più ampiamente? – qualificato come “figlio della perdizione”, va considerato per ogni vicenda dove si manifesta il mistero dell’iniquità.
Al ver.13 Gesù chiede per i discepoli non solo la fedeltà ma addirittura “la pienezza della gioia”. E tale gioia viene descritta come “la mia gioia”, la gioia del Figlio di Dio. Dunque, accanto e di fronte al dramma della perdizione la richiesta di questa gioia divina per i discepoli. La vita cristiana è veramente caratterizzata da questi alternanti abissi e vette. La fede è inevitabilmente un’esperienza forte e drammatica che coinvolge profondamente la persona. Sia il bene sia il male sono insondabili misteri da cui la nostra povera e piccola creatura umana viene invasa e coinvolta.
E infine il ver.14. Il cristiano è una “creatura strana”. Misteriosa. Sempre, appunto “sulla soglia” e in una specie di incessante “diaspora”. La stessa qualifica di “cristiano” non può essere usata che con inevitabile imbarazzo e con fortissima esigenza di limiti e di censura nei confronti di “sicurezze” e di “affermazioni forti” che inevitabilmente esporrebbero a quella “mondanità” e a quel “mondo” che in realtà “odia” queste strane persone proprio perché non vogliono e non possono essere “misurate”, e quindi comprese e controllate dalle sapienza del mondo. Il “mondo”, infatti, pretende di omologare tutto a sé. L’esperienza cristiana è inevitabilmente l’incontro e l’intreccio tra un’esigenza assoluta di “incarnazione” e quindi di partecipazione assoluta alla vicenda del mondo e una condizione di estraneità, di esilio e di esigenza di un incessante “migrare” verso una casa e una patria collocate al di là del tempo e dello spazio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sentirsi amati sempre e comunque.Sapere col cuore e con l’ anima di essere importanti per lui al di la’ delle umane accettazioni o dimostrazioni di affetto sempre viziate dal giudizio, dalla riserva, dalla invidia.Se solo potessi e riuscissi a sentirmi amata sempre proverei quella comunione profonda che rende umili e fiduciosi nonostante i fatti perché si è’ innamorati di Qualcuno che ci ama per primo e che resta pur semp un mistero.Saperlo col cuore e non solo con la mente farebbe di ogni mattina un autentico prezioso gioiello.Un dono di frammento di vita e capirei il vero valore di un solo giorno umano.E principalmente del mio.
Grazie Giovanni per le tue autentiche illuminate parole di ogni giorno.
Voglio ringraziare Dio per il passo ed i commenti di oggi.